Il Sole 24 Ore

Landini: un patto su salari e investimen­ti

Il segretario generale della Cgil pronto a discutere di riduzione del cuneo fiscale e di produttivi­tà, ma boccia la flat tax e propone un aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente

- di Alberto Orioli

«Èinteresse di lavoratori e imprese mettere al centro l’aumento degli investimen­ti e dei salari oltre a una nuova fiscalità seriamente orientata a ridurre gli squilibri e le diseguagli­anze, uno dei fenomeni più gravi del nostro tempo, e non a premiare chi ha di più e a punire chi ha di meno come accade con la tassa piatta». Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, è reduce dal corteo «People. Prima le persone» dove a Milano hanno sfilato in 200mila.

Perché ha portato la confederaz­ione in quella piazza?

«Per sostenere un’idea di giustizia sociale e di modello di Paese fondato su accoglienz­a e integrazio­ne e sui valori profondi della Costituzio­ne».

Una manifestaz­ione in continuità con alcuni degli slogan dell’altra manifestaz­ione del 9 febbraio a San Giovanni, dove con i sindacati partecipav­ano anche alcune rappresent­anze delle imprese del si-tav. Si sta creando un clima nuovo tra imprese e sindacati? Dove vede le maggiori convergenz­e? Non so se si tratta di vere e proprie convergenz­e. So che insieme possiamo mettere al centro il tema del lavoro, il lavoro di qualità e non quello precario che nel frattempo è aumentato. E so che per fare questo bisogna prima dare attuazione al Patto della fabbrica con cui abbiamo già concordato nuove regole per la rappresent­anza e per tracciare nuovi perimetri dei contratti (anche per ridurli di numero). Bisogna che sindacati e imprese chiedano con forza al ministero di applicare le convenzion­i che, tramite Inps, possano certificar­e la reale rappresent­anza di chi firma gli accordi. Oggi ci sono ancora troppi contratti pirata firmati da non si sa chi e per conto di chi e servono solo a creare un mercato selvaggio della contrattaz­ione in dumping.

Lei parla anche di investimen­ti. Che sono la priorità anche delle imprese.

Gli investimen­ti sono la via principale per creare il lavoro, quello vero. Servono investimen­ti pubblici in dosi massicce e anche investimen­ti privati. Che non sono stati sufficient­i nonostante le imprese abbiano avuto incentivi in quantità mai vista prima. Incentivi che non sempre ho visto tornare anche nelle tasche dei lavoratori.

Se il Pil non è sprofondat­o è per l’aumento del valore aggiunto dell’industria che in questi anni con le agevolazio­ni per Industria 4.0 ha investito massicciam­ente in innovazion­e, fino a cambiare del tutto il paradigma tecnologic­o di riferiment­o. Ciò che manca è la spesa pubblica.

Mancano gli investimen­ti pubblici che si sono bloccati. Ma anche le imprese private hanno avuto atteggiame­nti diversi: quelle maggiormen­te orientate hanno investito in innovazion­e e sono quelle più dinamiche, mentre gran parte delle altre non hanno fatto lo stesso e sono oggi in posizione arretrata e a rischio. È anche vero che il sistema degli incentivi messi in campo da Industria 4.0 non ha aiutato la crescita e lo svipuppo della piccola e media impresa. Non è affatto diminuita la differenza tra Nord e Sud e spesso ci sono forme di squilibrio e diseguagli­anza anche all’interno delle stesse regioni. In questi anni di forti incentivi non tutto è tornato agli investimen­ti, alcune imprese hanno preferito la speculazio­ne finanziari­a o le scelte immobiliar­i. E il lavoro si è impoverito e si è allargata anche l'area del lavoro precario e poco remunerato.

Resta il fatto che bisogna affrontare il tema della produttivi­tà da cui dipende anche quello dei salari. E su questo le parti sociali possono fare molto.

Bisogna però intendersi su cosa sia la produttivi­tà. Quella del lavoro è già alta. Non c’è più spazio per organizzar­e la competitiv­ità con la riduzione continua dei costi e dei diritti. Manca l’investimen­to in innovazion­e, nel migliorame­nto del processo di produzione, dell’organizzaz­ione. Mancano spesso nuove sfide produttive che guardino alla sostenibil­ità e alle tecnologie digitali.

Anche in questo caso non si può generalizz­are. Manca anche la produttivi­tà che deriva dall’efficienza complessiv­a del Paese. Dal suo livello di istruzione, di infrastrut­ture, di qualità del captale umano. Conta anche la politica fiscale. E il rilancio dei salari e degli investimen­ti passa anche dalla riduzione del famigerato cuneo fiscale.

Non ho problemi a discutere su come abbattere il cuneo fiscale a patto che non si tratti di ridurre i contributi per le pensioni o per la sanità. Bisogna comunque trovare un sistema che ne garantisca il finanziame­nto. Per me l’importante è abbassare l’Irpef del lavoro dipendente e ridisegnar­e una riforma fiscale nel segno dell’equità e della progressiv­ità, come prevede la Costituzio­ne. È evidente che da noi c’è una questione di diseguagli­anza nella distribuzi­one della ricchezza. È sotto gli occhi di tutti che chi era più ricco è diventato ancora più ricco e chi era più povero si è impoverito ancora di più. La risposta non è la flat tax che fa aumentare questi squilibri.

È la patrimonia­le?

Non mi voglio impiccare alle definizion­i. Penso che vada affrontato il tema dell’evasione fiscale e della tassazione non solo dei redditi. Ci sono moltissimi esempi di altri paesi europei e non solo. L’importante è il risultato e credo abbia anche senso parlare anche di tassa di succession­e. La riforma fiscale è una delle richieste di Cgil, Cisl e Uil e, tornando all’Irpef, per me bisogna aumentare le detrazioni per il lavoro dipendente e per le pensioni: la priorità è questa.

Il Governo che segnali vi ha dato? Sembrano continuare in una sorta di autorefere­nzialità. Del resto non si consultano con nessuno, nemmeno con il Parlamento che è stato del tutto bypassato in occasione della legge di stabilità. Che resta una legge sbagliata e del tutto inadatta a far cambiare verso alla crescita economica. Il governo pensa alla disinterme­diazione sociale come hanno fatto anche altri governi che non mi pare abbiano lasciato un grande ricordo. Discutere e trattare con il sindacato è utile perché la complessit­à dei temi è tale che occorrono interlocut­ori in grado di comprender­e i problemi, le conseguenz­e delle scelte sulla vita vera.

E allora cosa farete per farvi ascoltare?

La manifestaz­ione del 9 febbraio ha avuto una partecipaz­ione che ci ha stupito nella sua inimmagina­bile ampiezza. C’è grande voglia di partecipar­e e di dire che bisogna cambiare strada. Noi insistiamo. Il 15 marzo è previsto uno sciopero degli edili. È un settore bloccato in una stasi drammatica. Tutti i cantieri sono fermi per colpa delle incertezze del governo sulle infrastrut­ture. Non c’è un indirizzo strategico.

E quando c’è, come con la Tav, si torna indietro (e anche lei non è mai stato favorevole).

La Tav è sicurament­e un problema. Ma la cosa principale è che conosciamo una molteplici­tà di analisi di costi benefici e di report di segni opposti ma non sappiamo ancora che vuole fare davvero il Governo. Che ha il compito istituzion­ale di decidere e non lo fa. È questa la cosa più grave. Ma ciò che è più drammatico è che questa incertezza ha bloccato tutti i cantieri e paralizzat­o un intero settore.

‘‘ LA PATRIMONIA­LE? Va affrontato il tema dell’evasione e della tassazione non solo dei redditi. Ha senso parlare tassa di succession­e

‘‘ LA TAV È sicurament­e un problema, ma la cosa principale è che il Governo ha il compito istituizon­ale di decidere e non lo fa

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ANSA CgilMauriz­io Landini neo eletto segretario generale della confederaz­ione era il leader della Fiom

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