Una Tavola piena di poesia
Anniversari. Un libro racconta la storia del Sistema Periodico degli elementi di Mendeleev che compie 150 anni. Una ricorrenza che coincide con i 100 dalla nascita di Primo Levi, che alla classificazione ha dedicato un libro
Diceva Primo Levi che il Sistema Periodico degli elementi è poesia, per di più in rima. Le sue righe, in effetti, terminano tutte nello stesso modo, con un alogeno più un gas raro: fluoro e neon, cloro e argon, e così via. Parlandone con Tullio Regge, nel famoso Dialogo del 1984 (Edizioni di Comunità, ora Einaudi), Levi immaginava l’emozione, anche estetica, che Dmitrij Mendeleev doveva aver provato quando si era reso conto che organizzando in quel modo gli elementi chimici noti «il caos dava luogo all’ordine, l’indistinto al comprensibile: diventava possibile (e Mendeleev lo fece) individuare caselle vuote che avrebbero dovuto essere riempite, dato che ’tutto ciò che può esistere esiste’; cioè fare opera profetica, antivedere l’esistenza di elementi sconosciuti».
Un caso fortunato vuole che i centocinquant’anni della Tavola di Mendeleev, resa nota nel marzo del 1869, coincidano con i cento anni dalla nascita di Primo Levi, che verranno festeggiati tra qualche mese, a giugno. E potremmo aggiungere anche un’altra ricorrenza, il centenario della scoperta del protone, che, come vedremo, svolse un importante ruolo nella seconda parte di questa storia.
Per comprendere l’enorme impatto del Sistema Periodico – la cui genesi è raccontata dallo storico della scienza Marco Ciardi in un libro godibilissimo e ricco di interessanti informazioni, pubblicato da Hoepli – bisogna fare un passo indietro, e andare al settembre del 1860, quando si tenne a Karlsruhe un importante congresso internazionale dì chimica. éIl protagonista dell’evento fu un brillante scienziato siciliano, Stanislao Cannizzaro, il quale – poco più che trentenne – aveva scritto un saggio destinato a diventare famoso, il Sunto di un corso di filosofia chimica, in cui, sviluppando e correggendo i risultati di Amedeo Avogadro, enunciava in forma chiara e definitiva la distinzione tra molecole (oggetti composti) e atomi (oggetti elementari dal punto di vista chimico). Era una conquista fondamentale, che permetteva di fondare su basi finalmente solide lo studio della materia. Durante il congresso, Cannizzaro seppe difendere le sue idee con passione ed efficacia, e il Sunto, copie del quale furono distribuite tra i partecipanti, diventò il manifesto della nuova chimica.
A Karlsruhe erano presenti anche due giovani scienziati russi, che rimasero particolarmente impressionati dagli interventi di Cannizzaro. Uno dei due, Aleksandr Borodin, lo ricordiamo soprattutto come un grande compositore, ma fu in primo luogo un chimico, e di alto livello (che riservava alla musica solo il tempo libero dalle attività di laboratorio, con disappunto dei suoi amici Musorgskij e Rimskij-Korsakov). L’altro era il suo coetaneo e sodale Mendeleev. Sarà quest’ultimo, nell’arco di qualche anno, a mettere pienamente a frutto la lezione di Cannizzaro. Chiamato alla cattedra di Chimica generale a San Pietroburgo, Mendeleev si adoperò per rinnovare l’insegnamento della disciplina, e fu proprio da questa esigenza didattica – come già era accaduto a Cannizzaro – che scaturì la sua grande invenzione. «Accingendomi alla preparazione del manuale di chimica – scrisse – mi sono necessariamente dovuto preoccupare di proporre un qualche sistema degli elementi più semplici, al fine di essere guidato, nella distribuzione che ne fornivo, non da stimoli del tutto casuali e istintivi, bensì da un principio posto in modo sufficientemente preciso».
Gli elementi che Mendeleev aveva di fronte erano 63, e il parametro che scelse per organizzarli fu il peso atomico, che, grazie alla teoria di Cannizzaro, poteva essere assegnato in maniera corretta a ognuno di essi. Disposti orizzontalmente e verticalmente in ordine di peso atomico crescente, dall’idrogeno al bismuto, gli elementi mostravano chiaramente delle caratteristiche periodiche: quelli che si trovavano sulla stessa colonna (o, come accadeva nello schema originale, sulla stessa riga), pur avendo pesi atomici molto diversi, possedevano proprietà chimiche simili. La grande varietà delle sostanze semplici soggiaceva finalmente a un principio d’ordine.
La Tavola fu pubblicata per la prima volta (in russo) l’1 marzo 1869 e poi rielaborata fino al 1871, quando comparve su una rivista tedesca in una forma più vicina a quella attuale. La classificazione di Mendeleev, come osserva Ciardi (il quale molto opportunamen
te enfatizza gli aspetti metodolo
gici di questa memorabile impresa scientifica), aveva un grosso merito: quello di essere aperta. Non solo poteva essere estesa a elementi di peso atomico maggiore, ma presentava delle caselle vuote, corrispondenti a tre elementi non ancora scoperti, di cui Mendeleev previde l’esistenza e le caratteristiche. Il primo a essere individuato, già nel 1875, fu il gallio, cui seguirono, nel decennio successivo, lo scandio e il germanio. Dirà il grande chimico, con legittima soddisfazione: «Quando nel 1871 descrissi le proprietà che tali elementi avrebbero dovuto possedere, non avrei mai sperato di vivere abbastanza da poter citare la loro scoperta come una conferma dell’esattezza e della generalità della legge periodica».
La storia del Sistema Periodico ha avuto un’importante appendice nel Novecento. Grazie alle ricerche del giovane fisico inglese Henry Moseley, negli anni ’10 si capì che il vero parametro da cui dipendevano le proprietà degli elementi non era il loro peso atomico bensì la carica elettrica dei nuclei, espressa dal numero atomico, cioè dal numero di protoni (particelle scoperte da Ernest Rutherford nel 1919). E mentre la fisica nucleare apriva le porte alla scoperta degli elementi al di là dell’uranio (il numero 92), la teoria quantistica svelava le simmetrie nascoste dietro la Tavola, mostrando come la sua periodicità sia una conseguenza delle leggi che governano la struttura atomica.
Citando ancora Levi, «ravvisare o creare una simmetria, mettere qualcosa al posto giusto, è un’avventura mentale comune al poeta e allo scienziato». La settima, e per ora ultima, riga della mirabile poesia di Mendeleev è stata completata di recente, con l’individuazione dell’elemento 118, chiamato oganesson (Og) in onore del fisico russo Yuri Oganessian, uno dei pochissimi scienziati al mondo cui sia stato dedicato in vita un elemento chimico. Ma la caccia a elementi ancora più pesanti è apertissima: il prossimo verso del Sistema Periodico aspetta di essere scritto.