Il Sole 24 Ore

Quando la statistica nasconde le insidie del giudizio

- Paolo Legrenzi

Nel Vangelo secondo Luca: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?». Recenti esperiment­i condotti da Cao, Weiner e Banaji, scienziati cognitivi delle Università di Harvard e del MIT, hanno dimostrato la saggezza di questa domanda retorica che allude al «Discorso della pianura»: «Non giudicate e non sarete giudicati».

La storia parte da lontano. Jean Delumeau, nel suo erudito La paura in Occidente (Saggiatore, 2018), mostra come, secoli fa, gli eventi temuti erano quelli improvvisi e impression­anti. Si aveva paura dell’insolito e delle sue conseguenz­e negative, spesso immaginari­e. Un tipico esempio è la comparsa delle comete: «… gli uomini di Chiesa non si lasciarono sfuggire l’occasione di questi segni celesti per indurre i cristiani alla penitenza con l’annuncio di

prossimi castighi». Non c’era malafede. Tutti condividev­ano le stesse paure, potenti uomini di Chiesa e regnanti. In occasione della cometa del 1577, l’elettore Augusto di Sassonia incaricò i funzionari e il teologo Selnekker di preparare speciali preghiere liturgiche da recitare in ogni par

rocchia. I flagelli persistent­i e

sempre presenti, come le morti di neonati e bambini, erano dati per scontati e non facevano paura.

Le cose cambiano per sempre quando, con le assicurazi­oni, si cominciò a misurare la frequenza con cui i rischi diventavan­o veri e propri incidenti. Quelli che un tempo erano necessaria­mente pre-giudizi si sarebbero potuti trasformar­e in giudizi ponderati e obiettivi grazie ai dati raccolti dagli statistici. Le persone, finalmente, si sarebbero preoccupat­e dei rischi veramente pericolosi e non di paure immaginari­e.

In realtà è successo il contrario. Alle prese con la modernità dei media e della rete il nostro cervello produce un aumento e non una diminuzion­e della distanza tra i pre-giudizi, cioè le stime soggettive, e i giudizi corrispond­enti alle frequenze oggettive dei fenomeni. Come un tempo succedeva con le comete, i rischi di eventi improvvisi che capitano in modi impression­anti sono molto sopravvalu­tati, per esempio le azioni terroristi­che e criminali. I pericoli sempre presenti, che lavorano sotto traccia, sono sottovalut­ati. Non ne vediamo né sentiamo gli effetti sui tempi brevi, come per esempio nel caso del riscaldame­nto globale o delle diete sbagliate.

Gli esperiment­i degli scienziati di Harvard e del MIT esplorano la questione sul piano dell’etica. È moralmente corretto giudicare sulla base della frequenza oggettiva dei fenomeni?

Dopo un’operazione provate a chiedere se il chirurgo era donna o uomo.È vero che tra i chirurghi ci sono più uomini che donne. Sulla base delle statistich­e potreste rispondere: «Probabilme­nte era un uomo». E tuttavia i più giudicano questo tipo di risposta scorretto e immorale perché il sesso del chirurgo è irrilevant­e. Donne e uomini operano nello stesso modo.

A parità di comportame­nti, parità di giudizi: si tratta di un principio ugualitari­o presente nelle costituzio­ni di più di 150 paesi. Quando vi domandano il sesso di un chirurgo, se non lo conoscete, la risposta corretta è: non so, anche se è più probabile che sia maschio. Con questo tipo di risposte, definite “morali”, è d’accordo più del 90% delle persone interrogat­e.

Gli esperiment­i mostrano però che le stesse persone, quando sono loro a essere in gioco, si rifanno alle frequenze statistich­e. In questo caso ci si comporta trascurand­o le minoranze e i giudizi personali cozzano contro il principio ugualitari­o. Di qui una scissione profonda tra i nostri comportame­nti e i valori che vorremmo fossero universali.

Non è facile correggere queste distorsion­i perché non affiorano mai alla coscienza. Le scopriamo solo con l’aiuto di procedure sperimenta­li ingegnose. Ecco un caso in cui le persone vedono il fuscello negli occhi altrui e non si accorgono della trave che le acceca. Purtroppo non abbiamo strumenti per guarire questa presbiopia, se non la pietà cristiana e i moniti evangelici.

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Dal VangeloLa paraboia della pagliuzza e della trave in una incisione del XVIII secolo

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