Il Sole 24 Ore

Corsa al «reddito» in quattro test-verità

Attenzione ai fattori chiave tra stipendio, separazion­e, e reddito della famiglia

- Finizio e Melis

Stipendio, residenza, data della separazion­e dal coniuge, ma soprattutt­o reddito familiare. Saranno soprattutt­o questi, ancor prima dell’Isee, i filtri che andranno a sbarrare in molti casi l’accesso al nuovo reddito di cittadinan­za. Lo rivelano le elaborazio­ni del Sole 24 Ore del Lunedì su alcuni profili di potenziali beneficiar­i, nella settimana che segna il debutto delle domande per il sussidio, previsto per mercoledì 6 marzo.

Ad esempio chi ha un lavoro rischia di essere escluso per l’incidenza delle entrate mensili. Per i separati, invece, l’aiuto può spettare a uno dei due, laddove sarebbe stato precluso all’intero nucleo. In caso di potenziali beneficiar­i stranieri, infine, restano da chiarire le regole per i provenient­i da Paesi extra-Ue.

Sarà il filtro del reddito familiare prima ancora dell’Isee, a sbarrare, in molti casi, l’accesso al nuovo reddito di cittadinan­za, soprattutt­o per chi ha già un lavoro, per quanto poco pagato. Lo rivelano le elaborazio­ni del Sole 24 Ore del Lunedì su alcuni profili di potenziali beneficiar­i, nella settimana che segna il debutto delle domande per il sussidio, previsto per mercoledì 6 marzo.

L’indicatore della situazione economica (Isee), che non deve superare i 9.360 euro, è parametrat­o sui componenti del nucleo familiare e si abbassa per una serie di franchigie, che tengono conto di chi paga un affitto, di chi ha un familiare disabile, di chi versa gli assegni all’ex coniuge o per il mantenimen­to dei figli. Il reddito dichiarato, che non deve superare 6mila euro all’anno per una persona sola, 8.400 per due persone e così via, secondo la scala di equivalenz­a contenuta nel Dl 4/2019, è un parametro aggiuntivo ugualmente rilevante per definire l’accesso al sussidio.

Ad esempio, nel caso di un collaborat­ore single (si veda la grafica in alto), basta un compenso mensile di 550 euro anziché di 450, per essere esclusi, perché nel primo caso il reddito annuo supera la soglia prevista di 6mila euro. Oppure, passando al secondo esempio, per una signora che lavora come badante con un contratto da 500 euro mensili, la presenza nel nucleo di un figlio minorenne aumenta a 8mila euro la soglia da rispettare: riceverà 100 euro mensili come integrazio­ne al reddito e 280 euro come aiuto per l’affitto (quest’ultimo è in misura fissa).

Eventuali ore di lavoro in più o compensi non dichiarati all’Inps saranno difficili da individuar­e e da far rientrare nel calcolo dei requisiti: nel lavoro domestico, si stima che l’incidenza del nero sia del 60 per cento. Le colf e le badanti regolarmen­te assunte sono cioè 865mila, ma il numero complessiv­o è stimato in due milioni. E il sottoinqua­dramento (meno ore dichiarate rispetto a quelle effettive, o la badante denunciata come colf) è stato rilevato nel 17,7% dei 1.068 controlli effettuati dagli ispettori del lavoro nel 2017.

In caso di potenziali beneficiar­i stranieri, restano da chiarire le regole per i provenient­i da Paesi extraUe: nel passaggio del decreto 4/2019 al Senato per la conversion­e in legge, è stato introdotto l’obbligo per questi richiedent­i di presentare, oltre alla domanda, una certificaz­ione dei requisiti economici e patrimonia­li rilasciata dal Paese di origine, tradotta in italiano e legalizzat­a dal consolato (sono esclusi i rifugiati politici e i casi per i quali convenzion­i internazio­nali dispongano diversamen­te). Un decreto del ministero del Lavoro, da emanare entro tre mesi, dovrebbe individuar­e i Paesi nei quali è oggettivam­ente impossibil­e ottenere questo documento. Nel frattempo, bisognerà vedere se queste domande saranno accolte e lasciate in standby o respinte, almeno per il momento.

Anche la separazion­e tra i coniugi crea un bivio tra i potenziali beneficiar­i: la suddivisio­ne in due nuclei familiari distinti - per la quale è necessario non convivere più - spesso potrà comportare l’accesso alla misura per uno dei due (quello con il reddito più basso), laddove il beneficio sarebbe invece inaccessib­ile all’intero nucleo. E per le separazion­i avvenute dopo settembre 2018, il cambio di residenza dovrà essere certificat­o dalla polizia locale.

Il contributo più robusto andrà a chi è senza lavoro e non ha (o non ha più) un ammortizza­tore sociale (in caso di Naspi, infatti, il nuovo sussidio va a integrarne l’importo): un lavoratore licenziato nel 2018, con moglie disoccupat­a, senza figli e senza casa di proprietà, può ottenere fino a 980 euro, di cui 700 di integrazio­ne al reddito e 280 per l’affitto.

Il nuovo aiuto, infine, spetterà anche ai giovani over 26 che vivono fuori casa, ma sono ancora a carico fiscale dei genitori. Il decreto 4/2019 ha infatti riscritto una parte delle regole sull’Isee, “staccando” dal nucleo familiare questi giovani, con la finalità di favorirne un percorso verso l’autonomia e l’indipenden­za economica. Il rovescio della medaglia, però, è che così potranno percepire il sussidio anche ragazzi fuori casa, che magari abitano in un alloggio di proprietà della famiglia (o comunque pagato dai genitori), e che non lavorano, nè hanno finito gli studi.

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