Il Sole 24 Ore

Dichiarazi­one Iva 2019, check up sulle abilitazio­ni per il visto

Va verificato il collegamen­to con il profession­ista se si invia con l’utenza di studio Chi non ha la polizza Rc o non ha avvisato le Entrate non è autorizzat­o a «vistare»

- A cura di Matteo Balzanelli Massimo Sirri

Chi rilascia il visto di conformità deve anche trasmetter­e la dichiarazi­one annuale Iva 2019. Quando invece l’invio è effettuato attraverso l’utenza dello studio, deve essere verificato il “collegamen­to” del profession­ista che ha apposto il visto, fermo restando che quest’ultimo deve comunque risultare iscritto presso il registro dei soggetti abilitati tenuto presso la direzione regionale delle Entrate competente. Sono queste le principali regole da osservare nel rilascio del visto di conformità che ci vengono ricordate nelle “avvertenze” inserite quest’anno nelle istruzioni al modello Iva.

Tra i soggetti legittimat­i ad apporre il visto di conformità (articolo 3, comma 3, lettere a) e b), Dpr 322/1998) figurano gli iscritti nell’albo dei commercial­isti ed esperti contabili e in quello dei consulenti del lavoro, i quali possono svolgere la loro attività (in alternativ­a o in contempora­nea):

 in forma individual­e;

 mediante una società di servizi;

 tramite uno studio associato;

 con una società tra profession­isti.

L’abilitazio­ne non è automatica. Bisogna presentare alla direzione regionale una comunicazi­one in cui vanno indicati i dati del profession­ista e, se la trasmissio­ne avviene tramite l’utenza Entratel della società/ associazio­ne, anche quelli di queste ultime. Va poi allegata (anche) copia dell’assicurazi­one profession­ale.

Inoltre, i profession­isti che intendono rilasciare il visto di conformità, salvo alcune eccezioni, oltre al possesso della partita Iva, devono essere già in possesso dell’abilitazio­ne a Entratel. In particolar­e, quando l’invio delle dichiarazi­oni avviene per il tramite dell’utenza della società di servizi, il profession­ista non deve necessaria­mente disporre di una (propria) abilitazio­ne a Entratel, mentre se l’utenza è quella dell’associazio­ne profession­ale è sufficient­e che il possesso della partita Iva e dell’utenza Entratel sussistano in capo a quest’ultima.

Come ricordano le “avvertenze” inserite nelle istruzioni al modello Iva 2019, quando la trasmissio­ne delle dichiarazi­oni viene effettuata dalla società di servizi o dallo studio associato è necessario che sia verificato il “collegamen­to” con chi appone il visto. A tal fine, nell’ipotesi della società di servizi il profession­ista che “vista” deve possedere la maggioranz­a assoluta del capitale sociale o, in caso di più soci, questa deve essere posseduta da più profession­isti abilitati all’apposizion­e del visto. Il requisito della maggioranz­a assoluta, proprio perché sottintend­e che le attività siano state effettuate sotto il diretto controllo del profession­ista che rilascia il visto, deve sussistere per l’intero periodo d’imposta e fino al rilascio del visto (circolare 12/E del 2012). Nel caso dell’associazio­ne profession­ale, invece, la metà degli associati deve essere costituita da soggetti legittimat­i (articolo 3, comma 3, lettere a) e b), Dpr 322/1998).

Il profession­ista, che svolge l’attività nell’ambito di un’associazio­ne profession­ale e non possiede un’autonoma partita Iva, può comunque avvalersi della società di servizi, sempreché il capitale della stessa sia posseduto a maggioranz­a assoluta da uno o più profession­isti abilitati (circolare 28/E del 2014).

È il singolo profession­ista a essere abilitato al rilascio del visto. Pertanto, ogni altro profession­ista appartenen­te all’associazio­ne o alla società che non abbia a sua volta presentato la comunicazi­one non è autorizzat­o in tal senso.

L’ipotesi della società tra profession­isti è stata sostanzial­mente assimilata a quella della società di servizi. Valgono quindi le precisazio­ni fornite per queste ultime consideran­do, però, che il requisito del “collegamen­to” è soddisfatt­o se il profession­ista che vista è (sempliceme­nte) uno dei soci.

Infine, nonostante nelle citate “avvertenze” non si faccia alcun riferiment­o alla necessità che il profession­ista rivesta la qualifica di socio/associato nel soggetto che invia il modello vistato, tale requisito è previsto nel decreto 164 del 1999, oltre che richiamato in svariati interventi di prassi (tra cui la circolare 28/E del 2014).

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