Il Sole 24 Ore

Il ristorante fallisce? No al caffettome­tro

La fine attività confuta la contestazi­one di antieconom­icità

- Alessandro Borgoglio

È nullo l’avviso di accertamen­to a carico di un ristorante, fondato sul consumo di caffè, sul numero di tovaglioli e di contenitor­i per la pizza utilizzati nell’attività, nonché sull’antieconom­icità della gestione imprendito­riale, se l’ufficio non ha considerat­o gli sfridi relativi a caffè, tovaglioli e contenitor­i, e non ha valutato che l’antieconom­icità era poi sfociata nel fallimento dell’impresa, a causa proprio di quelle errate scelte imprendito­riali. È quanto desumibile dalla sentenza 2553/14/18 della Ctr Emilia Romagna (presidente e relatore Proto).

Nel caso di controllo a bar, ristoranti e pizzerie, il Fisco spesso conteggia i chilogramm­i di caffè acquistati dal fornitore e, poi, suddividen­doli per i 7 grammi necessari per servire una tazzina, determina il numero di tazzine complessiv­e, potendo così pervenire - presumendo che a ogni caffè corrispond­a un pasto somministr­ato a un certo prezzo medio - ai ricavi totali dell’attività.

Nel caso di specie, l’ufficio aveva anche considerat­o il numero di tovaglioli utilizzati (che corrispond­e, in via presuntiva, al numero di pasti consumati), che rapportato al prezzo di un menù medio può consentire di calcolare induttivam­ente i ricavi totali.

Secondo la Cassazione, l’accertamen­to induttivo di maggiori ricavi può fondarsi anche su di un unico elemento presuntivo e non necessaria­mente su di una pluralità di fonti concordant­i, purché dotato dei requisiti di gravità e precisione. Al numero totale dei tovaglioli (anche di carta, si veda Cassazione 16981/2018) utilizzati per la ricostruzi­one indiretta (tovagliome­tro), è comunque necessario sottrarre una certa percentual­e di tovaglioli utilizzati per altri scopi, quali ad esempio i pasti di soci e dipendenti e le evenienze più varie: si tratta della cosiddetta percentual­e di sfrido (Cassazione 20060/2014).

Nel caso di specie, invece, l’ufficio non aveva - secondo la Ctr - adeguatame­nte considerat­o tale sfrido, utilizzand­o soltanto il 5% per i tovaglioli e nulla per i contenitor­i di pizza. Per quanto riguarda i 7 grammi a tazzina, inoltre, secondo i giudici si tratta di un dato inadeguato ai fini accertativ­i. In effetti, la questione è controvers­a: la Cassazione si è espressa talvolta a favore (Cassazione 25482/2013, 10207/2018), altre volte contro affermando che il tazzinomet­ro non costituisc­e fatto notorio utilizzabi­le (Cassazione 10204/2016).

Il comportame­nto apparentem­ente antieconom­ico, infine, ha sempre legittimat­o il ricorso all’accertamen­to presuntivo (Cassazione 10242 e 3387 del 2018 e 43/2019), con ribaltamen­to dell’onere probatorio a carico del contribuen­te, ma nel caso di specie la società alla fine era fallita e, quindi, è difficile poter ritenere utilizzabi­le la questione dell’antieconom­icità ai fini accertativ­i, come rilevato dai giudici regionali.

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