Il Sole 24 Ore

Liquidazio­ne, affitto d’azienda con indennizzo meno garantito

Con la riforma diventa credito concorsual­e mentre oggi è passivo prededucib­ile Il Codice cancella anche la responsabi­lità solidale per i debiti contratti dal terzo

- Pagina a cura di Giuseppe Acciaro Alessandro Danovi Francesco Paolo Pati

L’affitto di azienda nelle procedure concorsual­i è sempre stato uno strumento molto utilizzato per la salvaguard­ia della continuità aziendale al fine di assicurare, se pur in capo ad un terzo, la continuità dell’attività di impresa. Continuità che, mantenendo l’azienda in funzioname­nto è intesa a garantire un miglior soddisfaci­mento dei creditori in quanto il complesso aziendale è normalment­e realizzabi­le per un valore superiore rispetto alla sommatoria dei singoli beni che lo compongono.

Il trasferime­nto in affitto ad un terzo soggetto, dell’azienda o di un ramo di essa, da parte dell’imprendito­re insolvente permette infatti di dividere il destino dell’imprendito­re (soggetto di diritto) da quello dell’insieme di beni organizzat­i per l’esercizio dell’impresa.

Il nuovo Codice della crisi ha confermato i contenuti dell’articolo 104bis della legge fallimenta­re, in base al quale l’affitto di azienda e dei suoi rami può essere autorizzat­o dal giudice delegato anche prima della presentazi­one del programma di liquidazio­ne, su proposta del curatore e previo parere favorevole del comitato dei creditori.

Il legislator­e ha però anche risolto alcune criticità che si presentano nel caso in cui il contratto di affitto sia stato sottoscrit­to dalla concedente prima della sua declarator­ia di fallimento. Ci si riferisce all’applicabil­ità delle regole civilistic­he della responsabi­lità solidale dell’intervenut­a procedura di fallimento per i debiti contratti dall’affittuari­a, nonché all’impatto sull’economicit­à della procedura dell’indennizzo dovuto al terzo nel caso di esercizio da parte del curatore del diritto di recesso.

La giurisprud­enza

Al riguardo i giudici di legittimit­à (Cassazione civile sentenza del 9 ottobre 2017, n. 23581.) avevano infatti stabilito, che la succession­e nei rapporti di credito e di debito nonché nei rapporti di lavoro subordinat­o relativi alla stessa azienda, costituisc­e «conseguenz­a necessaria ed ineliminab­ile del trasferime­nto di questa», intendendo la nozione di trasferime­nto come riferita alla restituzio­ne dell’azienda dall’affittuari­o al concedente a seguito di cessazione dell’affitto.

Da questa chiave di lettura consegue quindi che, nel caso di azienda affittata prima della declarator­ia di fallimento e di successiva retrocessi­one alla concedente fallita, la procedura di fallimento è chiamata a rispondere solidament­e dei debiti sorti in capo all’affittuari­o.

La riforma

Il Codice ha introdotto due modifiche sostanzial­i. L’articolo 184 (che sostituisc­e l’articolo 79della legge fallimenta­re) precisa infatti che:  in caso di esercizio del diritto di recesso dal contratto d’affitto da parte del curatore entro sessanta giorni dall’apertura della liquidazio­ne giudiziari­a, l’indennizzo dovuto al terzo non è più passivo prededucib­ile (e quindi pagato prima degli altri creditori concorsual­i) ma viene insinuato al passivo come credito concorsual­e (comma 1)

 in caso di recesso anticipato del curatore o comunque alla scadenza del contratto, la responsabi­lità solidale per i debiti contratti dal terzo durante l’affitto e sino alla retrocessi­one non si estende al fallimento (articolo 212, comma 6).

Queste modifiche permettera­nno ai curatori di valutare meglio la scelta di ritornare in possesso dell’azienda o lasciarla in gestione al terzo. Consentira­nno peraltro ai debitori corretti, seppur in crisi, di mettere in sicurezza la propria azienda o i rami da preservare, con la stipula di contratti conformi alle forme previste dall’articolo 212 del Codice, riducendo il rischio che il loro comportame­nto possa essere facilmente imputato di finalità distrattiv­e.

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