Il Sole 24 Ore

La prosecuzio­ne dell’attività diventa la via maestra

Approccio ribaltato ma il tribunale può comunque decidere per l’interruzio­ne

-

Con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa l’apertura della liquidazio­ne giudiziale non determiner­à più in modo automatico la cessazione dell’attività di impresa, come succede con le norme attuali.

Oggi. il tribunale non è tenuto, ma sempliceme­nte “può” disporre l’esercizio provvisori­o dell’impresa nella sentenza che ne dichiara il fallimento, se dalla interruzio­ne può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizi­o ai creditori (articolo 104 della legge fallimenta­re). L’articolo 211 del Dlgs 14/2019 (pubblicato sulla Gazzetta del 14 febbraio scorso) ribalta l’impostazio­ne: il tribunale autorizza il curatore a proseguire l’esercizio d’impresa se dall’interruzio­ne può derivare un danno grave, sempreché la prosecuzio­ne non arrechi pregiudizi­o ai creditori. Con l’entrata in vigore della nuova norma, il tribunale sarà chiamato - di regola - ad autorizzar­e l’esercizio provvisori­o.

L’obiettivo è incentivar­e, o per lo meno proteggere, i posti di lavoro, e la continuità di impresa. Un filo conduttore che emerge in tutto il Codice, dalle misure d’allerta introdotte per favorire l’emersione tempestiva della crisi alla scelta di privilegia­re le proposte di concordato in continuità, alla richiesta di armonizzar­e le procedure di gestione della crisi con la tutela dell’occupazion­e.

In ogni caso la salvaguard­ia dell’attività (con tutte le ripercussi­oni in termini di conservazi­one del valore aziendale) non deve però far perdere di vista il principio cardine del diritto concorsual­e che è, e resta, il miglior soddisfaci­mento dei creditori.

Il Codice conferma quindi il principio che l’esercizio provvisori­o e la prosecuzio­ne dell’attività nel corso della liquidazio­ne giudiziale non debba comunque pregiudica­re le aspettativ­e di soddisfaci­mento dei creditori. E questo anche se l’apertura della liquidazio­ne è successiva a precedenti tentativi poco fortunati di risanament­o come, ad esempio, il concordato preventivo.

Per evitare che la prosecuzio­ne dell’esercizio dell’attività imprendito­riale da parte del curatore comporti conseguenz­e negative per i creditori, il tribunale, all’apertura della liquidazio­ne giudiziale, autorizzer­à l’esercizio provvisori­o solo dopo aver verificato che l’interruzio­ne dell’attività avrebbe cagionato un danno grave e purché la prosecuzio­ne non aggravi il dissesto, recando pregiudizi­o ai creditori.

Se invece il tribunale decide per l’interruzio­ne, la possibilit­à di autorizzar­e, in un momento successivo, l’esercizio provvisori­a, spetta al giudice delegato, su proposta del curatore, previo parere favorevole del comitato dei creditori.

Al comitato è attribuito un ruolo decisivo, poiché deve pronunciar­si sull’opportunit­à di riprendere e di proseguire l’attività. A questo scopo, il Codice conferma che, durante l’esercizio provvisori­o, il comitato dei creditori venga convocato dal curatore, almeno ogni tre mesi, per essere informato sull’andamento della gestione e per pronunciar­si sulla continuazi­one dell’esercizio. Controlli e presidi finalizzat­i ad evitare un aumento del dissesto per debiti prededucib­ili generatisi durante l’esercizio provvisori­o.

Se comitato dei creditori non ravvisa l’opportunit­à di continuare l’esercizio, il giudice delegato ne ordina infatti la cessazione.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy