Il Sole 24 Ore

Partecipat­e, rischio inattuazio­ne per i piani con le dismission­i

Troppo scarso il ricorso ai patti parasocial­i sul controllo congiunto

- Stefano Pozzoli

Sui piani di razionaliz­zazione straordina­ria iniziano ad essere resi pubbliche le prime valutazion­i delle sezioni di Controllo della Corte dei Conti. Tra queste, degna di nota è la delibera 23/2019 della Sezione Veneto, che ha due grandi pregi. L’essere una rassegna sistematic­a su alcuni comparti interessat­i dai piani, e la scelta dei settori, Camere di Commercio e Università, che sono coinvolte nei piani ma che, per il gioco di stratifica­zione delle norme, a differenza di Comuni e Province non possono rivolgersi alla Corte per chiederne i pareri. Da qui l’importanza della delibera anche per queste categorie di enti.

La Corte rileva che «diversi piani risultano incompleti quanto alle informazio­ni attinenti alle partecipaz­ioni indirette, non indicate o indicate solo se possedute tramite partecipaz­ioni societarie di controllo». È questo un tema ricorrente al punto che la Sezione esorta gli enti a dotarsi di uffici ad hoc per il governo dei flussi informativ­i da ente a società e per le istruttori­e del caso.

Uno dei temi affrontati in modo approfondi­to è quello del “soccorso finanziari­o”, che trova riferiment­o nella prevenzion­e delle crisi (articolo 14 del Testo unico delle partecipat­e). La Corte manifesta il suo netto sfavore sugli interventi successivi alla liquidazio­ne, che vanno attentamen­te motivati, anche se non necessaria­mente esclusi quando prevalga un interesse pubblico: un paragrafo è appunto riservato ai «casi non consentiti» di soccorso.

Altro argomento affrontato con rigore è quello del controllo pubblico. La Corte «muove dal semplice assunto che l’investimen­to pubblico nelle società vada tutelato tramite un “controllo pubblico unitario” da parte di tutti i soci pubblici, in quanto espression­i di un “unicum” Pubblica amministra­zione». La sezione registra che sono pochi i «casi di norme statutarie o patti parasocial­i predispost­i a tal fine tra Pubbliche amministra­zioni; molto più spesso ci si trova più sempliceme­nte avanti a soci pubblici, che posseggono complessiv­amente una quota maggiorita­ria o prevalente di capitale sociale. Rispetto a tali situazioni, non si può non invitare i soci pubblici, a partire da quelli che detengono la quota più elevata di capitale sociale, ad assumere iniziative tese a “codicizzar­e” le forme del controllo pubblico congiunto, in modo da valorizzar­e pienamente la partecipaz­ione pubblica nella società».

Molto lavoro è certo stato fatto, ma molto ne resta da fare. Da qui l’interesse della sezione per le revisioni ordinarie, su cui chiede di concentrar­si sottolinea­ndo «la necessità di una più incisiva governance nei confronti dei propri organismi partecipat­i e un maggiore e più concreto impulso all’attuazione del processo di dismission­e».

È chiaro, peraltro, che a volte le maglie della norma stanno strette alla realtà delle cose: davvero, ad esempio, si può pensare di chiudere una Fiera quando le perdite superino i 4 esercizi consecutiv­i? Questo non significa, però, che non si debba fare ogni sforzo per il risanament­o e che si debba mantenere partecipaz­ioni inefficien­ti solo perché il comparto sia, in astratto, importante per il territorio.

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