Perché si teme l’effetto boomerang
La promessa di maggiori importazioni di beni Usa peserà su Paesi asiatici e Ue
«Cosa vi fa più paura?» Di fronte a questa domanda,gli investitori di Borsa non hanno mai avuto dubbi: per nove mesi di fila, secondo un sondaggio periodico di Bank of America, hanno sempre indicato la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti come il rischio numero uno a livello globale. Eppure ora che l’accordo tra le due potenze è alla firma, e i mercati dovrebbero brindare per lo scampato pericolo, tra gli stessi investitori affiora un nuovo timore: dato che l’intesa tra Washington e Pechino dovrebbe includere la promessa cinese di aumentare le importazioni di prodotti statunitensi, questo significa che altri Paesi potrebbero veder ridurre le loro esportazioni verso la Repubblica Popolare. Già ieri circolavano un po’ di calcoli: i Paesi potenzialmente più penalizzati sarebbero Giappone, Corea, Taiwan, Brasile ed Unione europea secondo le stime di JCI Capital, ma anche Germania, Italia, Gran Bretagna e Francia secondo quelle di altri economisti.
La fine della guerra commerciale tra Usa e Cina ha insomma eliminato una grave incertezza geopolitica sui mercati finanziari, ma potrebbe aver creato una nuova incertezza economica. Ovviamente si tratta di calcoli spannometrici, dato che mancano i dettagli dell’accordo, ma centrano un problema del possibile futuro prossimo. «Non conoscendo il dettaglio dei prodotti che rientrerebbero nell’obbligo di acquisto da parte della Cina sui mercati statunitensi, si può solo dedurre a grandi linee che potrebbero essere penalizzate soprattutto la Germania, la Corea del Sud e il Giappone per quanto riguarda i macchinari e i mezzi di trasporto - osserva un economista -. In parte anche Italia, Gran Bretagna e Francia. Il Brasile sarebbe invece penalizzato sulla soia».
Alessandro Balsotti, strategist e gestore alla JCI Capital, avanza alcune previsioni estrapolandole da fonti diverse: nel caso in cui le esportazioni aggiuntive Usa in Cina ammontassero a 1.350 miliardi di dollari in sei anni, il Giappone vedrebbe eroso ogni anno il 3% del proprio export totale, la Corea perderebbe il 3,1%, Taiwan e Brasile il 3,2% e l’Unione europea il 2,2%. In sei anni - calcola sempre JCI Capital - il Vecchio continente potrebbe perdere oltre 300 miliardi di dollari di export. Queste sono forse stime affrettate, in attesa di conoscere i numeri e le modalità effettive, ma spiegano bene il problema. E anticipano quale potrebbe essere il prossimo tema sotto i riflettori dei mercati. La fine dell’incertezza sulla guerra commerciale è certamente positiva per le Borse, ma la partita potrebbe non essere finita.