Salvini: «La manovra-bis? Vediamo i dati ma no a tasse»
«Fuori discussione patrimoniale, conti correnti, case e Iva» Tria: correggere la manovra non può essere la soluzione per ridurre il debito-Pil
Dopo essersi affacciata qualche settimana fa nei ragionamenti di Giancarlo Giorgetti, l’ipotesi di correzione dei conti in corso d’opera ieri ha fatto breccia anche nel leader della Lega Matteo Salvini. Come per il sottosegretario a Palazzo Chigi, siamo sempre nel campo prudente della «non esclusione». Ma dopo i «no» perentori pronunciati nelle prime settimane dell’anno, basta questo a concentrare l’attenzione degli osservatori. Il primo appuntamento cruciale è fra un mese, quando il Def, “leggero” o meno, dovrà certificare l’impatto della mancata crescita su deficit e debito, e cominciare a indicare come si scala la montagna delle clausole Iva.
«Aspettiamo di vedere i dati reali», ha detto ieri il vicepremier in conferenza stampa alla Camera, rispondendo di essere «possibilista per natura» a chi gli chiedeva della «possibilità» di nuovi interventi per ridurre il deficit. Salvini ha invece voluto dispensare certezze più solide sul fatto che «non metteremo nuove tasse: patrimoniale, conti correnti, case, Iva, tutto questo è fuori discussione».
Sul rischio di manovra correttiva, l’apertura arrivata ieri dal leader del Carroccio mette Salvini su una linea simile a quella del ministro dell’Economia Tria. Più del deficit in sé, i problemi sono legati al suo impatto su un debito che a fine 2018 ha raggiunto il record del 132,1% del Pil, come certificato venerdì dall’Istat. E che difficilmente può sopportare una risalita ulteriore senza sollevare allarmi nei mercati prima ancora che nelle stanze della Ue. «Il sentiero di crescita del debito dipende da poche variabili -, ha spiegato ieri Tria da Milano -: vedremo con l’andamento congiunturale come si declineranno queste variabili e ne discuteremo in Europa».
Tra le variabili, quella fondamentale è rappresentata dal tasso di crescita del Pil nominale. Non aiutano le previsioni su un Pil reale piatto, a cui hanno offerto nuovi argomenti i dati diffusi ieri dal Centro Studi Confindustria sul calo della produzione industriale dello 0,5% in febbraio dopo il rimbalzino (+0,8%) di gennaio su
132,1%
Debito-Pil 2018
18 miliardi
Incassi da privatizzazioni
dicembre (per il primo trimestre la variazione acquisita è -0,6%; si veda il servizio a pagina 12). In quest’ottica l’inflazione fiacca, tipica di una congiuntura in arretramento, completa il quadro. In un contesto del genere per Tria «la correzione della manovra non può essere la soluzione per ridurre il rapporto debito/Pil» perché «è sul tasso di crescita che bisogna agire». Dall’opposizione Renato Brunetta (Fi) ribatte che «l’Italia è l’unica economia europea entrata in recessione tecnica» e Luigi Marattin (Pd) sottolinea il rischio che anche l’avanzo primario «sarà molto inferiore alle attese, per cui senza una manovra correttiva il rapporto debito/Pil salirà eccome».
Le leve non recessive nelle mani del governo per tenere a bada deficit e debito sono due. E sono entrambe legate ai «piani straordinari» scritti nell’ultima manovra ma ancora da riempire di contenuti. Quello sulla dismissione degli immobili punta a raccogliere 950 milioni aggiuntivi nel 2019, quando già erano previste vendite per altri 600 milioni; e quello sulle «privatizzazioni» ambisce alla cifra record da 18 miliardi, che dovrebbe tagliare di un punto di Pil il peso di un debito altrimenti fermo anche nei calcoli governativi di dicembre.