PERCHÉ ZINGARETTI RICOMINCIA DA TORINO
Ricominciare dalla Tav. Se il primo gesto politico di Zingaretti da segretario è stato quello di andare a Torino e rilanciare l’Alta velocità, vuol dire che l’opera è diventata un simbolo pure per raccontare cos’è il nuovo Pd. È vero che c’è un’opportunità politica per il neo leader visto che su quel tunnel passa la crisi tra Lega e 5 Stelle e dunque accendere i riflettori rende più evidente la fragilità della maggioranza. Del resto, esasperare le differenze tra Salvini e Di Maio ed erodere quella fiducia nel Governo che ha superato nei sondaggi il 60% è la prima missione di un partito d’opposizione, ma c’è soprattutto altro nella scelta di ripartire dalla Tav. È come se Zingaretti cominciasse dai suoi punti di debolezza e da quei limiti che gli vengono imputati anche in casa. E cioè un certo ancoraggio a una sinistra datata fatta di slogan del passato, più spostata sui temi del lavoro che delle imprese, sbilanciata al Centro-Sud più che al Nord, comunque disattenta al voto moderato.
E invece con questa prima trasferta a Torino si vuole smentire proprio questo riflesso per cui Zingaretti vuol dire Pci-Pds-Ds. Insomma, la bandiera “Sì Tav” al neo segretario serve per mandare un segnale preciso e comprensibile di apertura verso mondi che non sono quelli oggi più vicini al Pd e che lui punta ad avvicinare anche costruendo un nuovo campo di centro-sinistra. In effetti, la Torino delle manifestazioni di piazza per la Tav, con le decine di associazioni produttive schierate, con una trasversalità di appartenenze politiche che va dalle “madamin” ai lavoratori dei cantieri, diventa un luogo da presidiare e coltivare politicamente. «Sono qui in Piemonte con Chiamparino e con chi si batte per il futuro dell’Italia, questo vuole essere simbolicamente il primo atto di una nuova fase». Così diceva ieri Zingaretti come se intorno all’Alta Velocità ci fosse la rappresentazione di quella nuova coalizione che va da Calenda fino alla sinistra. Un’idea ancora tutta da realizzare, ma quel viaggio è un passo per ricostruire un bipolarismo centrodestra e centro-sinistra.
Perché l’altro obiettivo della trasferta di ieri è la riconquista dell’elettorato 5 Stelle. È vero che ieri il neo leader ha parlato soprattutto di come il Carroccio stia mancando alle aspettative del Nord – che è la tesi di Roberto Maroni – ma in realtà la vera caccia è altrove. È ai delusi dai grillini più che a quelli della Lega perché Torino è un altro simbolo di quei luoghi dove il Movimento ha vinto ma dove può esserci una ritirata, come è accaduto in Abruzzo o in Sardegna e come – a sentire i sondaggisti – sta accadendo in tante zone del Nord. E la competizione per prendersi quei consensi in libera uscita è con Salvini (che infatti tanti ne ha presi alle regionali abruzzesi) in uno schema di ritorno del bipolarismo anche su scala nazionale.
È vero quindi che la prima tappa da neo leader è il segno che l’opposizione è tornata dopo un anno di assenza ma sventolando la bandiera del “Sì Tav” Zingaretti vuole soprattutto raccontare il profilo del suo Pd e riconquistare quei voti persi che ora potrebbero tornare a casa.