Reggio Emilia, progetto pilota per esportare macchinari negli Usa
Piano di Confindustria per avvicinare gli Stati Uniti ai costruttori italiani Un bando della Regione da 27 milioni per attrarre investitori sul territorio
Venerdì scorso a Modena ha fatto molto rumore la visita dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, Lewis Eisenberg, al dipartimento Enzo Ferrari dell’università e nella fabbrica del marchio simbolo, Ferrari. Ieri a Reggio Emilia c’è stato il lancio di un programma pilota di Confindustria per avvicinare il mercato statunitense ai costruttori tricolori di tecnologie meccaniche, attraverso la creazione di reti tra imprese. Il feeling tra la via Emilia, terra di eccellenze non solo nei motori ma anche nella meccanica strumentale, e gli Usa sta toccando apici inediti. «È un momento d’oro in America per chi fa meccanica e da qui ai prossimi dieci anni non si vedono nubi all'orizzonte», assicura Lucio Miranda, presidente di Export Usa, società leader nella consulenza per il mercato americano, quartier generale a New York e sedi a Rimini e Bruxelles.
«Il mercato oltreoceano sta viaggiando al 2% di tasso di inflazione, al 4% di disoccupazione, con un Pil a +2,9% nel 2018 e le prospettive sono rese ancora più rosee dal piano di reshoring lanciato da Trump e dal trilione di dollari in dieci anni da investire in infrastrutture. Senza considerare l’enorme liquidità che gira tra le mani degli americani, tra la nuova indipendenza energetica (gli Usa sono diventati esportatori netti sia di petrolio sia di gas naturale) e la riforma fiscale che ha portato 465 miliardi di maggior gettito grazie alla tassazione degli utili detenuti all’estero dalle grosse multinazionali americane come Amazon, Google, Apple, Pfizer, Microsoft, Caterpillar», sottolinea Miranda. Che siano auto o jeans le produzioni che Trump riporterà a casa, poco cambia: servono macchinari da installare nelle nuove fabbriche a stelle e strisce e il made in Italy non teme rivali quando si parla di beni strumentali. Non a caso la trattativa avviata con l’Ue da Washington parte proprio dalla volontà di eliminare i dazi per le importazioni in America di macchine industriali, in cambio di più soia e gas naturale comprati dagli europei negli States. «Gli Stati Uniti sono il nostro secondo maggior acquirente dopo l’Europa, l’export del nostro territorio verso il continente americano è cresciuto di oltre il 14% lo scorso anno, sopra il miliardo di euro» spiega Daniela Fantozzi, vicepresidente Unindustria Reggio Emilia, con delega a Piccola Impresa e internazionalizzazione, in occasione della presentazione, ieri, del progetto di cui Reggio è capofila per stimolare investimenti oltreoceano cogliendo l’ottima congiunzione astrale negli Usa, attraverso la creazione di reti tra una decina di imprese.
Altrettanto alta è l’attenzione lungo la via Emilia per richiamare investimenti e talenti americani. L’ambasciatore Eisenberg si è impegnato a promuovereleiscrizionidigiovanistatunitensi a Muner, la superuniversità del veicolo nata due anni fa dalla sinergia tra gli atenei di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma e i grandi brand locali delle due e quattro ruote: Automobili Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari,HaasF1Team,HPECoxa,Magneti Marelli, Maserati e Toro Rosso, eccellenzechefannoscuolaancheinAmerica. La Giunta regionale, dal canto suo, ha appena aperto un terzo bando da 27 milioni di euro per attrarre investitori lungolaviaEmiliaconl’obiettivodipotenziareattivitàdiR&Sepostidilavoro. Le precedenti due call hanno portato a insediarsibigstatunitensidelcalibrodi Ibm ed Eon Reality. Ma sono già 171 le impreseacapitaleamericanooperative traPiacenzaeRimini,dicui59solonella meccanica(fonteUnioncamere-Aida), nomi quali Dana (M&A di Brevini), Dover (Ravaglioli), Marmon (Angelo Po).