IN ATTO IL RIEQUILIBRIO FRA PD E M5S
Il Pd c’è ancora. Non sono solo le primarie di domenica a certificarne lo stato di salute. Certamente contano anche quelle. Di questi tempi portare a votare per scegliere un segretario di partito più di un milione e mezzo di elettori non è cosa da poco. Il segnale è importante. Ed è altrettanto importante che da questa consultazione sia uscito un leader votato da una larghissima maggioranza. Dopo un anno dalle politiche il maggior partito di opposizione ha finalmente un vertice in grado di far politica con una prospettiva di medio periodo.
Quanto avvenuto domenica non è il solo segnale positivo per il Pd. Le recenti elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna hanno lasciato intravvedere che qualcosa sta cambiando anche a livello di rapporti elettorali tra Pd e M5s. È cosa nota che il partito oggi di Zingaretti abbia sofferto a partire dal 2012-2013 una perdita di voti molto significativa verso il M5s. Il fenomeno è avvenuto in due fasi. La prima, tra le Politiche del 2008 e quelle del 2013, ha visto il Movimento incrementare i suoi voti a spese di tutti i partiti, ma soprattutto del Pd. Il fenomeno si è ripetuto anche nella seconda fase, quella tra le Politiche del 2013 e quelle del 2018. E in questo caso è stato praticamente il solo Pd a contribuire alla ulteriore crescita dei 5S.
Oggi i timidi segnali che vengono dall’Abruzzo e dalla Sardegna dicono che l’emorragia si è fermata. È iniziata invece la decrescita del Movimento. La tendenza era già stata evidenziata dai sondaggi. Ma una cosa sono i sondaggi e altra cosa i voti, anche se solo a livello locale. Stando all’opposizione i Cinque Stelle prendevano voti da tutte le parti. Passati al governo cominciano a restituirli. A dire il vero più verso destra che verso sinistra. Per ora è la Lega Nord a beneficiare di più della decrescita del Movimento. Tanto per fare qualche esempio, all’Aquila quasi il 50% di coloro che avevano votato Cinque Stelle alle politiche del 2018 ha votato il candidato del centrodestra alle regionali. A Cagliari è andata più o meno allo stesso modo. Ma qui è successo anche qualcos’altro. Infatti il 30% di chi aveva votato M5s alle Politiche ha votato Zedda alle Regionali. E anche a Sassari si è verificato lo stesso fenomeno, anche se i numeri sono più bassi. Non c’è dubbio che Zedda abbia pesato, a dimostrazione del fatto che i candidati contano. Questo vuol dire che - a certe condizioni - è di nuovo possibile per il Pd puntare a riprendersi una parte degli elettori della diaspora 2013-2018.
Come dicevamo, si tratta ancora di segnali timidi. Ma negli ultimi giorni se ne sono aggiunti anche altri, grazie ai sondaggi di Ipsos e di Winpoll. Di quest’ultimo pubblichiamo i risultati in pagina. Secondo Winpoll la distanza tra le intenzioni di voto per M5s e Pd, registrate nei primi giorni di questo mese, è di soli 1,3 punti percentuali a favore del M5s. La stessa distanza per Ipsos è di 2,3 punti. Alle Politiche del 4 marzo, alla Camera, il divario è stato di ben 14 punti. Qualcosa è decisamente cambiato. Il cambiamento però è il risultato di una doppia dinamica. Il Pd ha mantenuto il suo livello di consensi. Rispetto ai sondaggi di qualche tempo fa, le rilevazioni più recenti dicono che ha recuperato i voti che aveva perso dopo il 4 marzo. Al contrario il M5s, secondo entrambi i sondaggi citati sopra, avrebbe perso più di dieci punti percentuali tornando ai livelli delle Europee del 2014 quando si fermò al 21,1 per cento.
Va da sé che al momento il riequilibrio dei rapporti tra Pd e M5s è più il risultato della decrescita poco felice del Movimento che della ripresa del Pd. Ma si deve tener conto che la tenuta del Pd fino a qualche tempo fa non era affatto scontata. Insomma il riequilibrio è in atto. E le primarie di domenica, con un Pd che finalmente esce da un lunghissimo limbo, potrebbero porre le premesse di una fase nuova con conseguenze al momento difficilmente prevedibili sulla evoluzione complessiva del sistema partitico.