GIUDIZIO TRIBUTARIO, CAMPO CIRCOSCRITTO
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 16014/2018, hanno posto una limitazione chiara della generalizzazione della giurisdizione tributaria in ambiti che non possono attenere a tributi.
La Suprema Corte ha stabilito che la società concessionaria del servizio di riscossione delle imposte, in quanto incaricata, in virtù di una concessione, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, riveste la qualifica di agente contabile. Quindi, ogni controversia tra società concessionaria ed ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un «giudizio di conto».
In questo caso, le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza della Commissione tributaria regionale di Napoli, dichiarando la giurisdizione della Corte dei conti.
La controversia era originata dall’impugnazione, dinanzi al giudice tributario, da parte dell’agente della riscossione, di un atto con cui l’agenzia delle Entrate gli aveva intimato il versamento di somme non incassate dai contribuenti a causa dell’annullamento di cartelle di pagamento notificate oltre i termini di legge.
In sintesi, l’intimazione di pagamento in oggetto non può rientrare tra gli atti impugnabili davanti alle commissioni Tributarie (articolo 19 del Dlgs 546/92) né la controversia può dirsi compresa tra quelle attribuite dall’articolo 2 del Dlgs 546/92 alla giurisdizione tributaria.
L’atto impugnato non riguarda il rapporto tributario tra ente impositore e contribuente, ma attiene al rapporto di concessione del servizio di riscossione tra delegante (agenzia delle Entrate) e delegato (agente per la riscossione), secondo la disciplina di cui al Dlgs 112/1999. In altre parole, la questione riguarda il rapporto di concessione tra ente impositore e il suo agente contabile. Perciò, deve riconoscersi la giurisdizione della Corte dei conti, titolare di una giurisdizione generale in materia di contabilità pubblica e riguardante ogni controversia inerente la gestione del denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici da parte di un agente contabile.
La Suprema Corte è chiara nell’escludere la giurisdizione tributaria in relazione ad un giudizio che, a pieno titolo, può essere definito «giudizio di conto», ossia controversia tra concessionario del servizio di riscossione delle imposte ed ente impositore, avente ad oggetto la verifica dei rapporti di dare ed avere e il risultato finale di tali rapporti (Sezioni Unite 237 / 1999).
La conferma da parte delle Sezioni Unite si lascia apprezzare per la sua coerenza con gli indirizzi espressi dalla Corte costituzionale, impegnata a segnare il perimetro costituzionale contro ogni espansione indiscriminata dell’oggetto della giurisdizione speciale tributaria. Nel rispetto del divieto di istituire nuove giurisdizioni speciali, infatti, la giurisdizione tributaria deve collegarsi alla natura tributaria del rapporto, senza possibilità di sconfinamenti.
Per le Sezioni Unite della Cassazione la giurisdizione speciale non deve espandersi in maniera incontrollata