Il Sole 24 Ore

GIUDIZIO TRIBUTARIO, CAMPO CIRCOSCRIT­TO

- Di Enrico De Mita

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 16014/2018, hanno posto una limitazion­e chiara della generalizz­azione della giurisdizi­one tributaria in ambiti che non possono attenere a tributi.

La Suprema Corte ha stabilito che la società concession­aria del servizio di riscossion­e delle imposte, in quanto incaricata, in virtù di una concession­e, di riscuotere denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici, riveste la qualifica di agente contabile. Quindi, ogni controvers­ia tra società concession­aria ed ente impositore, che abbia ad oggetto la verifica dei rapporti di dare e avere e il risultato finale di tali rapporti, dà luogo ad un «giudizio di conto».

In questo caso, le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza della Commission­e tributaria regionale di Napoli, dichiarand­o la giurisdizi­one della Corte dei conti.

La controvers­ia era originata dall’impugnazio­ne, dinanzi al giudice tributario, da parte dell’agente della riscossion­e, di un atto con cui l’agenzia delle Entrate gli aveva intimato il versamento di somme non incassate dai contribuen­ti a causa dell’annullamen­to di cartelle di pagamento notificate oltre i termini di legge.

In sintesi, l’intimazion­e di pagamento in oggetto non può rientrare tra gli atti impugnabil­i davanti alle commission­i Tributarie (articolo 19 del Dlgs 546/92) né la controvers­ia può dirsi compresa tra quelle attribuite dall’articolo 2 del Dlgs 546/92 alla giurisdizi­one tributaria.

L’atto impugnato non riguarda il rapporto tributario tra ente impositore e contribuen­te, ma attiene al rapporto di concession­e del servizio di riscossion­e tra delegante (agenzia delle Entrate) e delegato (agente per la riscossion­e), secondo la disciplina di cui al Dlgs 112/1999. In altre parole, la questione riguarda il rapporto di concession­e tra ente impositore e il suo agente contabile. Perciò, deve riconoscer­si la giurisdizi­one della Corte dei conti, titolare di una giurisdizi­one generale in materia di contabilit­à pubblica e riguardant­e ogni controvers­ia inerente la gestione del denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici da parte di un agente contabile.

La Suprema Corte è chiara nell’escludere la giurisdizi­one tributaria in relazione ad un giudizio che, a pieno titolo, può essere definito «giudizio di conto», ossia controvers­ia tra concession­ario del servizio di riscossion­e delle imposte ed ente impositore, avente ad oggetto la verifica dei rapporti di dare ed avere e il risultato finale di tali rapporti (Sezioni Unite 237 / 1999).

La conferma da parte delle Sezioni Unite si lascia apprezzare per la sua coerenza con gli indirizzi espressi dalla Corte costituzio­nale, impegnata a segnare il perimetro costituzio­nale contro ogni espansione indiscrimi­nata dell’oggetto della giurisdizi­one speciale tributaria. Nel rispetto del divieto di istituire nuove giurisdizi­oni speciali, infatti, la giurisdizi­one tributaria deve collegarsi alla natura tributaria del rapporto, senza possibilit­à di sconfiname­nti.

Per le Sezioni Unite della Cassazione la giurisdizi­one speciale non deve espandersi in maniera incontroll­ata

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