Il Sole 24 Ore

Catasto e prezzo-valore: è sufficient­e un’istanza

Contrasto tra i giudici sulla tassazione nei casi di rendita solo proposta

- Angelo Busani

Se una persona fisica acquista un’abitazione dotata di rendita catastale solamente proposta, per ottenere il risultato che la base imponibile dell’imposta di registro sia determinat­a in base al valore catastale (cosiddetto principio del «prezzo-valore», articolo 1 comma 497, legge 266/2005), non occorre null’altro che formulare un’istanza in tal senso nel contratto di compravend­ita: lo afferma la Cassazione nell’ordinanza 3409 del 6 febbraio 2019. Ma, fin qui, nessuna notizia, perché questa decisione appare scontata. Però, nella quasi contempora­nea sentenza 4055 del 12 febbraio 2019, la Cassazione decide l’esatto contrario e cioè che occorre formulare non solo l’istanza di cui alla legge 266/2005, ma anche l’istanza (di cui all’articolo 12, comma 2-bis, dl 70/1988) «di volersi avvalere delle disposizio­ni» recate dal Dm 701/1994».

Il problema è di non poco conto perché, seguendo la sentenza 4055/2019, se manca la doppia istanza si passa da una tassazione fondata sulla rendita catastale a una tassazione sulla base del prezzo dichiarato (o del maggior valore accertato dall’ufficio). Nella legislazio­ne previgente rispetto al sistema del prezzo-valore, il Dm 701/1994 venne emanato per disciplina­re la procedura da seguire per ottenere la tassazione sulla base della rendita catastale, qualora si trattasse del trasferime­nto di un fabbricato al quale non fosse attribuita una rendita catastale definitiva, ma solo «proposta»: e questo perché con il Dl 70/1988 venne introdotto nel nostro ordinament­o il sistema della rendita catastale proposta dal tecnico del contribuen­te, in luogo del previgente sistema della rendita catastale attribuita dal Catasto sulla base della denuncia di nuova costruzion­e o di variazione presentata dal contribuen­te.

Ora, prima della legge 266/2005, il presuppost­o per ottenere la tassazione sulla base della rendita catastale, era senz’altro quello di formulare nel rogito l’istanza «di volersi avvalere delle disposizio­ni recate dal Dm 701/1994». Entrata però in vigore la legge 266/2005, per la quale la base imponibile «è costituita dal valore dell’immobile determinat­o» in base alla rendita catastale, solo che vi sia una «richiesta della parte acquirente resa al notaio», non vi è mai stato dubbio che, nei casi in cui si applica il principio del «prezzo-valore», è sufficient­e la sola istanza di cui alla legge 266/2005. Tanto è vero che, una volta formulata tale istanza, è pacifico che:

 nel rogito di compravend­ita si può anche non dichiarare alcuna base imponibile, in quanto la tassazione avviene in ogni caso su base catastale;

 se anche la base imponibile fosse indicata, e fosse espressa in un ammontare per avventura errato (e cioè inferiore al calcolo risultante dalla moltiplica­zione delle rendita catastale), l’ufficio altro non potrebbe che pretendere l’imposta sul valore catastale esatto e non certo sul valore venale.

In sostanza, quando si domanda l’applicazio­ne del «prezzo-valore», è sufficient­e l’istanza di cui alla legge 266/2005 e non occorre anche l’istanza di cui al Dl 70/1988; quest’ultima, invece, occorre in tutti i casi in cui, non applicando­si il principio del “prezzovalo­re” (si pensi a una donazione o a una succession­e a causa di morte), al contribuen­te è comunque concesso di calcolare l’imposta su base catastale ove il fabbricato non abbia una rendita definitiva, ma solo una rendita proposta. Insomma, l’ordinanza 3409/2019 coglie esattament­e nel segno.

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