Il Sole 24 Ore

Comuni, definitivo l’addio agli obblighi di gestioni associate

Illegittim­a la norma che imponeva le alleanze fino a 5mila abitanti

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

Introdotto con decretazio­ne d’urgenza nove anni fa, l’obbligo di gestire in forma associata le funzioni fondamenta­li nei Comuni fino a 5mila abitanti è una delle norme più rinviate d’Italia. Ora, dopo la catena degli slittament­i, esce definitiva­mente di scena.

A sancirne l’addio è la sentenza 33/2019 depositata ieri dalla Corte costituzio­nale (presidente Lattanzi, redattore Antonini), che la boccia perché troppo rigida. La regola (articolo 14, comma 28 del Dl 78/2010) avrebbe imposto infatti le alleanze obbligator­ie per le funzioni fondamenta­li ai piccoli Comuni (sopra 5mila abitanti, sopra 3mila nei territori classifica­ti come montani) senza tener conto del fatto che in molte aree raggiunger­e anche quella dimensione minima è praticamen­te impossibil­e senza aggregare Comuni anche molto distanti fra loro. In questo contesto, la regola avrebbe dovuto prevedere la possibilit­à per le amministra­zioni locali di dimostrare, dove la geografia o la demografia complicano troppo le gestioni associate, l’irrealizza­bilità di «economie di scala» e di «migliorame­nti in termini di efficacia e di efficienza».

Nella sentenza i sindaci trovano quindi scritte molte delle ragioni che fin dal 2010 hanno animato le loro battaglie contro le griglie rigide tentate dalla norma. Ma la Corte fa di più. Spiega che le «funzioni fondamenta­li» dei Comuni, cioè l’indicazion­e puntuale dei compiti assegnati agli enti che più intreccian­o la vita quotidiana dei cittadini, sono «ancora oggi contingent­emente definite con un decreto-legge», nato peraltro da «ragioni economico-finanziari­e» più che da un compiuto ragionamen­to ordinament­ale. Il cuore dell’autonomia comunale, sottolinea­no i giudici costituzio­nali, è quindi «relegato a mero effetto riflesso di altri obiettivi», in genere legati a questioni finanziari­e come i tentativi di federalism­o fiscale o le varie forme di spending review. Il risultato sono norme malfatte, proprio come quella che ha tentato senza successo di imporre le gestioni associate.

Per capire che la questione è centrale basta ricordare che in Italia sono 5.500, cioè il 69% del totale, i Comuni che non raggiungon­o i 5mila abitanti. E la sua attualità si fa ancora più stretta se la si incrocia con il nuovo lavorio sull’«autonomia differenzi­ata», che prova a ripensare il ruolo delle Regioni e imporrebbe quindi di ripensare l’equilibrio con le competenze locali.

La sentenza andrà studiata bene, insomma, anche dal tavolo tecnico-politico guidato dai sottosegre­tari Candiani (Lega, Viminale) e Castelli (M5S, Mef) che sta preparando le linee guida per la riforma del Testo unico degli enti locali. Nato proprio dall’ultima sospension­e all’obbligo di gestione associata, scritta nel Milleproro­ghe estivo, il tavolo punta a riscrivere ad ampio raggio gli ordinament­i locali, a ripensare le Province con la possibilit­à di ritorno all’elezione diretta (Sole 24 Ore del 15 febbraio) e a riscrivere le regole su default e pre-dissesto.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy