Ecobonus con dubbi su italiani all’estero e acquirenti stranieri
Se la norma sull’ecotassa pare scritta per chiudere la porta all’elusione, colpendo anche gli acquisti all’estero (si veda l’articolo a fianco), quella sull’ecobonus potrebbe essere utilizzata anche da chi risiede all’estero? La risposta non c’è ancora: al momento, l’unica pronuncia ufficiale sull’ecotassa è la risoluzione 32/E, che però non affronta il problema.
Infatti, la risoluzione è stata emanata dall’agenzia delle Entrate solo all’ultimo momento (la sera del 28 febbraio, vigilia dell’entrata in vigore dell’ecotassa) e, forse per la fretta di fare in tempo, si è lasciata da parte l’ipotesi di immatricolazioni a nome di «stranieri di passaggio» (che circoleranno in Italia per non più di un anno) e italiani residenti all’estero.
Gli unici casi particolari di targatura presi in considerazione sono stati quelli che riguardano «agenti diplomatici esteri» (in pratica, Corpo diplomatico e Corpo consolare, articolo 131 del Codice della strada) e forze armate (articolo 138). In entrambi i casi, la risoluzione ha stabilito che l’esenzione dall’ecotassa non scatta.
Tuttavia, leggendo le righe della risoluzione dedicate a questi due casi, si può forse ricavare un’indicazione utile su ecobonus ed ecotassa per italiani residenti all’estero e stranieri di passaggio. Infatti, se ne ricava che per diplomatici e forze armate l’immatricolazione si può definire tale solo perché una targa viene attribuita a un veicolo, ma ciò avviene in base a una procedura speciale, che si distacca da tutti gli altri casi.
Per quello dei diplomatici, la richiesta non proviene da chi si dichiara proprietario (come invece è di consueto), ma dal ministero degli Esteri. Per le forze armate, l’intera procedura viene gestita dall’ente proprietario del veicolo e quindi non passa dalla Motorizzazione.
Se i parametri per considerare “speciale” una procedura sono più di uno come appare da questi casi, forse si può ritenere che il Codice ne preveda anche per italiani residenti all’estero e stranieri di passaggio: l’articolo 134 parla dell’immatricolazione «EE» (Escursionisti esteri), che è solo temporanea. E per questo potrebbe essere considerata “speciale”, quindi non toccata né dall’ecotassa né dall’ecobonus.
Ma dal 2010 l’articolo 134 prevede anche un’altra modalità: se si dichiara un domicilio legale in Italia, si può ottenere anche un’immatricolazione che la stessa norma pare considerare “ordinaria”. Infatti cita l’articolo 93, quello normalmente seguito per immatricolare. Si attende comunque una posizione ufficiale da Mise e/o agenzia delle Entrate. La Guida Auto 2019, su ecobonus ed ecotassa, affronta anche il caso degli acquirenti esteri Chi appone la sua targa personale su un ciclomotore rubato commette il reato di riciclaggio. Lo ha chiarito la Seconda sezione penale della Cassazione, con la sentenza 8788/2019, depositata il 28 febbraio. Quindi, anche in questo caso le sanzioni penali si possono aggiungere a quella amministrativa prevista dall’articolo 97 del Codice della strada. Finora, invece, si riteneva perlopiù che la sanzioni penali scattassero solo nel caso in cui la targa apposta sul mezzo rubato fosse falsa, manomessa o alterata (sentenza 7621/2008).
L’articolo 97 prevede per i ciclomotori un regime di targa personale, entrato in vigore il 14 luglio 2006 al posto del precedente che prevedeva un contrassegno (noto come “targhino”), spostabile a piacimento da un veicolo a un altro. La targa personale delineata dalla norma si avvicina al regime previsto per tutti gli altri veicoli, per i quali la targa è attribuita al mezzo e non al proprietario: essa può essere spostata da un ciclomotore a un altro solo se il nuovo abbinamento viene fatto registrare alla Motorizzazione, per cui lo spostamento può avvenire solo quando il precedente veicolo viene venduto, demolito o rubato.
In questo contesto, il protagonista del processo aveva acquistato un ciclomotore rilevandone anche la targa, che però poi aveva smontato per metterla su un altro mezzo della stessa categoria, ma rubato. Per questo motivo era stato condannato già in appello.
La Cassazione ha confermato, partendo dalla considerazione che il riciclaggio è configurato dall’articolo 648 del Codice penale in modo da colpire tutte le possibili fattispecie: basta che la condotta sia «comunque idonea» a rendere difficile l’accertamento della provenienza del bene. Nel caso dei veicoli rubati in generale, ciò era stato tradotto nella perseguibilità della sostituzione della targa, «condotta univocamente diretta ad ostacolare l’identificazione delittuosa» del mezzo.
Ora la Corte adatta questo concetto al particolare regime di targatura previsto per i ciclomotori. E osserva che, per quanto la targa non propria sia stata legittimamente assegnata a un soggetto che poi la abbina a un altro esemplare senza registrare l’operazione, tale abbinamento comunque «produce l’effetto di ostacolo all’identificazione della provenienza del bene». Anche l’apparenza di legittima disponibilità del veicolo fornita dal fatto che la targa sia originale e non risulti rubata «costituisce un primo ostacolo».
Con ciò la Cassazione risponde all’obiezione della difesa, che si era limitata a notare che il regime della targa dei ciclomotori è personale, lasciando in secondo piano il fatto che comunque ogni cambio di abbinamento deve essere registrato e che la versione dell’articolo 97 del Codice della strada ha dichiaratamente anche uno scopo antiriciclaggio.
La conclusione è che, affinché si possa configurare il riciclaggio di un ciclomotore, non è necessario che esso venga fatto circolare con una targa falsa: è sufficiente «l’incompatibilità giuridica tra la titolarità della targa (regolarmente detenuta e intestata, ndr) e quella del veicolo su cui viene apposta».