«La manifattura cresce, ma ci aspettiamo di più: l’obiettivo è il 25% del Pil»
Fondamentali economici solidi, con bassa inflazione e crescita sostenuta, importanti riforme varate e la scalata della classifica Doing business della Banca mondiale, con 65 posizioni guadagnate in quattro anni. Subhash Chandra Garg, segretario del dipartimento Affari economici, seconda carica per importanza delle Finanze indiane dopo quella del ministro Arun Jaitley, rivendica i risultati raggiunti dal Governo del premier Narendra Modi, che si appresta a chiudere il primo mandato in vista delle elezioni di maggio. E rassicura sull’indipendenza della Banca centrale indiana, dopo le polemiche che hanno condotto alle dimissioni di Urjit Patel e alla nomina di Shaktikanta Das, il terzo governatore a succedersi alla guida della Rbi dal 2013.
Alcuni anni fa, il Fondo monetario internazionale parlava dell’India come di un punto luminoso nell’economia mondiale. È ancora così?
L’Fmi continua a descrivere l’India come un punto luminoso, l’anno scorso ha sottolineato il nostro grande potenziale di crescita, per quest’anno stima una aumento del Pil attorno al 7,5%. Il Fondo riconosce l’importanza delle riforme strutturali che sono state fatte, come l’introduzione della Goods and services tax (imposta sul valore aggiunto, introdotta nel 2018, ndr) o la nuova disciplina dei fallimenti. L’Fmi continua ad avere molta fiducia nell’India. Ovviamente ne siamo molto contenti, ma siamo anche consapevoli delle responsabilità che ne conseguono e quindi dobbiamo assicurarci che il Paese possa continuare su questo percorso. L’India è ancora un Paese relativamente povero, in termini di ricchezza pro capite. Avremo bisogno di molti anni di crescita a tassi prossimi all’8% per migliorare le condizioni di vita di tutti i nostri cittadini.
Il Governo Modi si è impegnato molto per sostenere lo sviluppo del manifatturiero, ma il valore del settore resta ancora attorno al 18-19% del Pil. Qualcosa non ha funzionato nelle politiche del Governo?
Il settore manifatturiero sta crescendo, ma ovviamente non al ritmo che ci si aspetterebbe. Abbiamo l’ambizione di portarlo al 25% del Pil, ma ci vorrà tempo. Il manifatturiero richiede politiche di riforma molto decise e un’agenda centrata sul miglioramento delle condizioni per fare impresa. Il Governo ha fatto molto su questo fronte. Perciò ora ci aspettiamo risultati importanti nel prossimo futuro. L’India è già forte nel settore dei servizi e nella new economy, ci aspettiamo che faccia bene anche nella manifattura.
Le recenti dimissioni dell’ex governatore della Reserve Bank of India, Urjit Patel, hanno attirato molta attenzione. Le banche centrali sono sotto pressione in diversi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti. Ritiene che la loro indipendenza sia ancora un valore forte? L’indipendenza della Banca centrale è estremamente importante per l’India e non da oggi. Sulle politiche monetarie, sulle decisioni sui tassi di cambio, si è provveduto strutturalmente alla sua autonomia. In India, la Rbi ha una eccellente tradizione di indipendenza, che viene mantenuta. Urjit Patel si è dimesso per motivi personali. Può succedere, ma questo non compromette l’indipendenza dell’istituto.