I CINQUE STELLE TRA IL DEBUTTO DEL REDDITO E IL NODO TAV
Tutta la giornata di ieri è girata intorno al vertice sulla Tav a Palazzo Chigi che ha rimesso a Conte la responsabilità di trovare la soluzione-mediazione in pochi giorni. Anzi nelle prossime ore come spinge Salvini consapevole che questo stallo sull’Alta velocità compromette l’immagine che si è costruito di leader “decidente” e sempre operativo. Lui insiste, incalza, consapevole di quanto sia difficile per il premier bloccare i bandi di gara e rischiare la perdita di fondi europei – 300 milioni – più le future penali. Insomma, è da settimane che tutta l’attenzione politica e mediatica ruota sulla questione del tunnel mettendo in difficoltà i 5 Stelle anche se in realtà un modo per spostare il “fuoco” c'è. Oggi, infatti, debutta il reddito di cittadinanza.
Sulla carta è il giorno del traguardo grillino, una data da segnare perché è il battesimo vero dei 780 euro visto che oggi chi pensa di averne diritto può fare richiesta e sperare di avere a maggio il primo “assegno” con decorrenza da aprile. Ma questo esordio sarà in grado di oscurare un eventuale cedimento del Movimento sul treno dell’Alta velocità? In termini di comunicazione, ci sarebbe lo spazio per fare un’operazione di distrazione dalla Tav per portarla sulla card, una mossa non solo mediatica ma di sostanza, che coinvolge circa 3,6 milioni di persone, 1,3 milioni di nuclei familiari interessati. Numeri importanti, assai competitivi politicamente con quelli che muove la Torino-Lione anche se pure su questo fronte Di Maio corre un rischio. Non è infatti una scommessa semplice quella che comincia oggi.
Già l’opposizione ha messo all’indice la fretta con cui i 5 Stelle lanciano i 780 euro, motivata solo dalla esigenza di distribuire gli assegni in tempo per la data del 26 maggio, il giorno delle elezioni europee. L’accusa è che si parte troppo presto e per sole ragioni di consenso mentre non c'è ancora un’organizzazione pronta, si temono ritardi e problemi tra Poste e Caf, si è ancora in attesa del rinnovo dei vertici Inps e resta il braccio di ferro tra Governo e Regioni sull’assunzione dei 6mila (o 4.500) navigator. Non è quindi solo la gestione del dossier Tav un terreno scivoloso, ma rischia di esserlo pure quello del reddito di cittadinanza.
Sarà anche per questa ragione che Di Maio continua a mettere carne al fuoco della campagna elettorale. Ieri ha promesso la presentazione del provvedimento di legge sul salario minimo su cui ha già chiamato in causa il neo segretario Pd Zingaretti “aprendo” a un dialogo con il Pd del nuovo corso. «La proposta ha annunciato il vicepremier prevede che un lavoratore non possa percepire meno di 9 euro lordi e il 22 marzo la porteremo in Aula al Senato. Sono pronto ad aprire un tavolo con tutte le parti, dalle forze parlamentari alle imprese ai sindacati per portare a casa il risultato». In effetti, la corsa verso il voto sta portando i 5 Stelle sempre più verso temi di “sinistra” e la Lega sempre più a destra tra legittima difesa e flat tax. Un “divorzio” politico, prima ancora che dal Governo e dal contratto tra alleati.
ONLINE Previsto oggi il via libera della Camera al Ddl sulla legittima difesa. Ieri nei primi voti la maggioranza ha tenuto, seppure nei banchi dei Cinque stelle si sono fatte notare molte assenze. A vigilare, presente in aula, è stato un Matteo Salvini molto ottimista: «Oggi alla Camera per seguire il percorso di approvazione della nuova legge sulla legittima difesa, che presto regaleremo agli italiani» ha twittato. Il via libera da parte di Montecitorio alla norma che modifica, tra l’altro, gli articoli del codice penale su legittima difesa domiciliare e eccesso colposo dovrebbe arrivare oggi. Il provvedimento tornerà quindi al Senato per l’approvazione definitiva, dopo che la Camera ha dovuto introdurre una correzione al testo votato da Palazzo Madama, riguardante la copertura finanziaria.
Ieri è stato anche respinto un
«Politica 2.0 Economia & Società» di Lina Palmerini
ROMA
Nel gioco delle deleghe al ministero dell’Economia Tria decide di gestire in prima persona due dei dossier più delicati per il futuro del governo: le banche e la Cassa depositi e prestiti.
È questa l’ultima architettura emersa dal lavoro sulla divisione dei compiti a Via XX Settembre, in una partita che si è riaperta nelle scorse settimane dopo essere stata sospesa a luglio. Proprio il tema banche, sempre caldo al Mef, era stato una delle cause dello stop alle ipotesi di assegnazione delle deleghe ai quattro sottosegretari elaborate prima dell’estate.
La quadra, salvo nuovi ripensamenti, potrebbe arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri, giovedì o venerdì mattina. Il passaggio in consiglio è necessario per la nomina dei due viceministri, il leghista Massimo Garavaglia e la Cinque Stelle Laura Castelli. Sul punto, trova conferme l’ipotesi di condominio fra i due sulle deleghe più pesanti, rappresentate da fisco e bilancio. Temi su cui in ogni caso sarebbe sempre il ministro