Anima, Nocivelli presidente «Priorità alle infrastrutture»
«Non c’è solo la Tav. Puntare su servizi idrici, energia e Industria 4.0»
«Investimenti pubblici? Non esiste mica solo la Tav. L’Italia dovrebbe investire in infrastrutture idriche, elettriche, impianti di cogenerazione. E servirebbe una ulteriore spinta al Piano di Industria 4.0, soprattutto sul fronte della formazione. Quello che serve è la chiarezza della direzione».
Per Marco Nocivelli- da ieri presidente di Anima, l’associazione della Meccanica varia che riunisce 30 associazioni di categoria del settore, mille aziende per un totale di quasi 215mila dipendenti – all’Italia serve la capacità di ricreare fiducia.
Perché sono tutti positivi - ma tutti in brusca frenata - i dati della meccanica varia presentati ieri mattina a Milano da Anima. Dati che certificano la “buona salute” di un settore ma che proiettano, sul 2019, tutta l’incertezza che da mesi attraversa l’industria manifatturiera italiana.
Il preconsuntivo 2018 si è chiuso con una produzione pari a 48,5 miliardi di euro ( in crescita del +2,4% sul 2017). Mentre nel 2019, anno in cui si stima si raggiungeranno i 49 miliardi, l’incremento sarà solo dell’1,1 per cento.
La più cauta è la voce investimenti. Passeranno dagli 1,16 miliardi del 2018 agli 1,19 miliardi del 2019. Ma se nel 2018 hanno fatto un balzo di quasi il 7% rispetto all’anno prima, quest’anno si prevede crescano solo del 2,1%. Crescerà a scartamento ridotto anche l’export che assorbe, in media, il 60% della produzione (ma in alcuni settori supera l’80%): nel 2018 ha toccato quota 28,2 miliardi di euro (+2,3% rispetto al 2017), quest’anno si attende un trend dell’1,3 per cento. Mentre l’ultima voce – l’occupazione - resta al palo.
Tranne che per gli Usa, che sono il primo mercato (anche grazie alla svalutazione del dollaro che nel 2018 aveva accelerato gli scambi), l’export continua a essere una questione di “vicinato”: il 54% resta in Europa (tra Ue, 44% ed extra-Ue 10%). Al primo posto in Europa c’è sempre la Germania (2,8 miliardi di export a ottobre 2018), Francia (2,5 miliardi di euro sempre a ottobre 2018) e Regno Unito, che rallenta. Non accenna invece a fermarsi l’emorragia causata dalla Russia: l’Italia ha perso un ulteriore -20% rispetto all’anno scorso. Una brusca frenata, dovuta probabilmente alla componentistica legata all’industria petrolifera, si registra anche verso l’Arabia Saudita che, dopo i 933 milioni di euro del 2015, nel 2018 fa registrare solo 678 milioni di meccanica italiana importata. A testimoniare una crisi del Golfo Persico anche gli Emirati Arabi che, nel 2018, hanno registrato una contrazione percentuale pari al 33 per cento.
Non solo dazi, petrolio e tensioni pesano su queste aree. Anche la diffusa politica del local content, che favorisce chi decide di aprire siti produttivi in quei Paesi, per favorire l’occupazione locale, ma non aiuta l’export tradizionale.
«Dobbiamo rafforzare - ha sottolineato Nocivelli (che ha preso il posto dell’uscente Alberto Caprari) - la capacità di creare fiducia all’estero attorno alla meccanica italiana. Molte singole aziende godono di un’ottima reputazione consolidata. Ma il Paese non è percepito nel suo insieme. Inoltre, bisogna rilanciare un piano di investimenti,dalle infrastrutture idriche a quelle elettriche, dal digitale alla cogenerazione». E «bisognerebbe rimuovere gli ostacoli - gli ha fatto eco Bruno Fierro, amministratore delegato di Cannon Bono Sistemi e vicepresidente Anima con delega all’internazionalizazzione –. Lo sa che quest’estate, nel nord-ovest, avevamo 26 consegne di grossi impianti per l’oil&gas da spedire in Medio Oriente che erano ferme perché i camion per i trasporti eccezionali non sapevano come raggiungere il porto di partenza a causa della chiusura o della non agibilità di strade e ponti ai mezzi pesanti?»