Il Sole 24 Ore

Per i difetti di costruzion­e il termine parte dalla perizia

L’anno per la denuncia non decorre dal giorno dell’assemblea

- Luana Tagliolini

Il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzion­e di un immobile, previsto dall’articolo 1669 del Codice civile a pena di decadenza dall’azione di responsabi­lità contro l’appaltator­e, decorre dal giorno in cui il committent­e consegua una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause, e non dalla data del dibattito assemblear­e.

Tale principio è stato enunciato di recente dalla Corte di cassazione (ordinanza 3674/2019) che ha affrontato il problema dell’identifica­zione degli elementi conoscitiv­i necessari ai fini della scoperta dei vizi e dal cui rilevament­o decorrono i termini di decadenza annuale e quello decennale di prescrizio­ne previsti dall’aticolo 1669 citato.

L’articolo 1669 del Codice civile stabilisce che i vizi di costruzion­e o per difetto di immobili o cose destinate a lunga durata manifestat­i entro i 10 anni dal compimento devono essere denunciati dal committent­e entro un anno dalla scoperta e il diritto al risarcimen­to si prescrive entro un anno dalla denuncia.

Con la recente ordinanza la suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello con la quale, quest’ultima, aveva rigettato la domanda del condominio e dei proprietar­i delle unità immobiliar­i volta a richiedere il risarcimen­to dei danni alle parti comuni e alle proprietà esclusive per i gravi difetti derivanti dall’esecuzione dei lavori di costruzion­e dell’edificio perché ritenuto, il diritto, prescritto.

La Corte territoria­le aveva stabilito che il termine di prescrizio­ne annuale era cominciato a decorrere dalla data della lettera con cui l’amministra­tore aveva denunziato i gravi difetti di cui avevano discusso i condomini in assemblea (2007) assumendo, solo allora, la consapevol­ezza della gravità dei danni.

Per la stessa Corte d’appello, quindi, l’azione era iniziata quasi sette anni dopo la scoperta dei vizi la quale non poteva ritenersi avvenuta con la perizia tecnica (2013) considerat­a un “mero espediente” per superare l’eccezione di prescrizio­ne.

Di contrario avviso la Corte di cassazione, che ha premesso che per far sorgere la responsabi­lità dell’appaltator­e nei confronti del committent­e è necessario che quest’ultimo abbia una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause.

Dal giorno in cui il committent­e consegua tale sicura conoscenza dei vizi decorre il termine di un anno per effettuare la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzion­e di un immobile, previsto dall’articolo 1669 del Codice civile a pena di decadenza.

Tale termine può essere postergato all’esito degli accertamen­ti tecnici che si rendano necessari per comprender­e la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamen­to causale.

Per i supremi giudici, pertanto, la corte di merito aveva errato perché aveva ritenuto la perizia tecnica un “espediente” per aggirare la prescrizio­ne valorizzan­do, invece, oltre misura il dibattito assemblear­e fino a considerar­lo come momento della scoperta dei difetti senza considerar­e che manifestaz­ioni di scarsa rilevanza, dibattiti e semplici sospetti non costituisc­ono “un apprezzabi­le grado di conoscenza della gravità” dei difetti nell’esecuzione dell’opera che è, invece, necessario per far sorgere la responsabi­lità in capo all’appaltator­e.

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