Risparmiatori, in 16 punti le risposte a Bruxelles
In commissione tecnica magistrati ed ex arbitri per valutare le violazioni
Nella commissione tecnica chiamata a esaminare le richieste di rimborso dei risparmiatori inciampati nei crack bancari ci saranno anche magistrati, avvocati dello Stato ed ex arbitri di Banca d’Italia e Consob. E sarà compito della commissione valutare, documenti alla mano, i presupposti delle «violazioni massive». Chi si vedrà respinta la domanda potrà impugnare la decisione. Sono le novità chiave nell’ultima versione del decreto attuativo del fondo risparmiatori, allegato al documento con le 16 risposte con le quali l’Italia punta a convincere la Ue. Sono 11 le banche coinvolte: attese 200mila domande.
Due novità inserite nella bozza di decreto attuativo possono spianare la strada al fondo risparmiatori. Sono la definizione puntuale delle «violazioni massive» messe in atto dalle banche nella vendita dei prodotti finanziari, e la previsione esplicita della presenza di arbitri e magistrati nella commissione tecnica di nove membri che dovrà esaminare le richieste di rimborso. Alla commissione toccherà la responsabilità di verificare, documenti alla mano, che ci siano state le «violazioni massive» agli obblighi di trasparenza e correttezza. Chi si vedrà respingere l’istanza, e qui arriva la terza novità, potrà impugnare la decisione.
La versione finale del primo dei due decreti chiamati ad attivare il fondo risparmiatori (Fir) da 1,5 miliardi istituito dalla manovra è allegata al documento con i chiarimenti che il ministero dell’Economia ha inviato la scorsa settimana alla Ue. Sui tavoli della commissione sono arrivate le otto pagine targate Mef, che tra l’altro indicano in «oltre 200mila» le possibili richieste di rimborso. E da Bruxelles arrivano conferme del fatto che è stato avviato l’esame delle risposte ai 16 quesiti: risposte che hanno una ricaduta evidente nelle ultime versioni del decreto attuativo.
La platea dei rimborsi, prima di tutto, è estesa a 11 banche. Oltre alle due Popolari Venete e alle quattro banche regionali (Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e CariFerrara) finite in risoluzione, che si confermano soggette al fondo nonostante i dubbi iniziali, l’elenco comprende altri cinque piccoli istituti: Banca Padovana, Banca Brutia, la Popolare delle Province Calabre, la San Pietro Grammatico di Paceco e il credito cooperativo interprovinciale veneto.
Ma lo sforzo chiave che il decreto mette in campo per superare le obiezioni Ue è nella composizione e nel ruolo della commissione tecnica. A farne parte potranno essere anche «magistrati, avvocati dello Stato ed ex componenti dell’Arbitro bancario e finanziario (Abf) e dell’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf)» (come anticipato sul Sole 24 Ore del 28 febbraio). La mossa serve ad avvicinare il più possibile la commissione al passaggio arbitrale o in giudizio chiesto dalle norme Ue. E lo stesso obiettivo torna nella definizione dei compiti della commissione. Il principale sarà quello di accertare, documenti alla mano, la presenza delle «violazioni massive», definite come «atti e condotte di portata ad effetto generale (...) poste in essere con carattere di sistematicità e ripetitività». Non sarà il decreto ministeriale a presumere «la sussistenza delle suddette violazioni massive. Spetta alla commissione il compito di accertare questo elemento», come spiega apertamente la risposta italiana.
A questo accertamento potrà contribuire un ventaglio ampio di «fonti documentali», come le sentenze o i documenti della Vigilanza, ma anche gli «atti delle banche e delle procedure di liquidazione» degli istituti interessati. Verificato questo presupposto, alla commissione sarà possibile «valutare con modalità semplificate la sussistenza di un danno ingiusto da risarcire in capo a ciascuno dei soggetti legittimati». Questo stesso scenario di violazioni di massa alimenta le «ragioni sociali» che permettono l’intervento statale secondo le regole Ue, come ha ricordato martedì al Senato dalla commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager dicendosi in questo caso «favorevole alla creazione del fondo» (Sole 24 Ore di ieri).
Nel documento arriva anche un’indicazione importante sui tempi di emanazione del decreto. Per la risposta italiana protocollata a Bruxelles i tempi dipendono anche dalla «interazione con gli uffici della commissione europea». Ma in gioco ci sono gli impegni che i due vicepremier avevano preso a Vicenza ormai un mese fa.