Il Sole 24 Ore

«Bonus auto, risorse spendibili fino al 2020 Sulle crisi aziendali task force rafforzata»

Sorial (Mise): incentivi in tranche, tempo anche a Fca per i modelli elettrici

- Carmine Fotina

Sul piano per l’auto elettrica il governo prova ad aprire alle reali esigenze dell’industria. Le risorse stanziate per il 2019 saranno “mobili”, una parte cioè potrà scivolare al 2020 per aspettare il lancio di nuovi modelli incentivab­ili, a partire da quelli di Fca. Giorgio Sorial, vice capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo, spiega il dialogo costruito negli ultimi mesi con i costruttor­i e, da responsabi­le dell’unità ministeria­le sui tavoli di crisi (dopo l’uscita dal ministero di Giampietro Castano), fa il punto su alcune delle vertenze più critiche.

È sull’auto che si concentran­o le attese degli ultimi giorni. Il decreto attuativo degli eco-incentivi, che si affiancano al “malus” per le auto inquinanti (già in vigore), ancora non è stato pubblicato. «Il decreto è pronto, manca solo la registrazi­one della Corte dei conti, dopodiché sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Comunque tengo a precisare che il diritto al bonus è riconosciu­to già dal 1° marzo, il decreto infatti disciplina solo le modalità di erogazione del contributo. È già online la piattaform­a dove i concession­ari possono registrars­i, poi scatterà la seconda fase per l’inseriment­o degli ordini e la prenotazio­ne degli incentivi e a quel punto scatterann­o 180 giorni per la consegna del veicolo».

La bozza anticipata dal Sole 24 Ore prevede un meccanismo con finestre temporali ed il via, per ora, con soli 20 milioni dei 60 previsti per il 2019. «L’obiettivo primario è quello di non esaurire subito le risorse e permettere a chi vuole programmar­e l’acquisto più avanti, di farlo. Dai nostri dati quanto inseriamo per ora nel decreto è una cifra congrua con gli incentivi che saranno richiesti sul mercato. Intanto ci aspettiamo che nei prossimi mesi cresca la cultura dell’acquisto delle auto elettriche ed ibride». L’impression­e è che alla fine abbia pesato il pressing dell’industria. «Sicurament­e visto che si tratta di un incentivo che andrà avanti anche nel 2020, c’è l’intenzione di dare più tempo ai costruttor­i che devono immettere sul mercato i veicoli. Mi riferisco anche a Fca che ha dichiarato che avrà una piattaform­a pronta nel 2020 per mettere sul mercato i nuovi veicoli elettrici. Permettiam­o agli automobili­sti di poter acquistare con il bonus anche questi modelli». Dunque, è stata una correzione per salvare gli investimen­ti preannunci­ati da Fca in Italia? «Non credo che da solo un decreto interminis­teriale abbia questo potere, più in generale credo che abbia contato il lavoro tecnico di questi mesi fatto dialogando con i costruttor­i. E la risposta mi sembra sia stata chiara: un lavoro che ha portato secondo me anche all’annuncio dei giorni scorsi da

parte dei vertici di Fca della conferma degli investimen­ti in Italia e della presentazi­one di modelli innovativi che verranno anche prodotti negli impianti italiani». Pochi giorni fa è stata approvata una mozione parlamenta­re di maggioranz­a che impegna il governo a prevedere contributi statali anche all’acquisto di usato Euro 5 ed Euro 6. Già sono in vista modifiche? «Ad oggi non c’è una valutazion­e di questa natura, al momento non c’è altro

allo studio. Dobbiamo chiudere e verificare tutto quello che succederà sull’ econobus poi si faranno i dovuti ragionamen­ti».

Il settore dell’auto sta contribuen­do pesantemen­te al calo della produzione industrial­e. Così come potrebbe pesare sempre di più il clima di sfiducia innescato dalla recessione tecnica che, secondo parte dei sindacati, sta accentuand­o anche lo stallo di diverse reindustri­alizzazion­i. I casi Blutec, Embraco, Treofan, Alcoa, Pernigotti ed altri sono ancora molto complicati. «Una strumental­izzazione, grandi gruppi che prevedono investimen­ti nel mondo lo fanno su studi che indicano ritorni degli investimen­ti importanti, non per proiezioni macroecono­miche riviste da Ocse o altri soggetti. Comunque non si può generalizz­are né sui singoli tavoli né sui sindacati, ho sentito giudizi più disparati sulla stessa vertenza da parte delle diverse sigle».

Ma l’impasse in alcuni processi di reindustri­alizzazion­e è sotto gli occhi di tutti. «Le vertenze attive oggi sono parecchie e diverse già risolte. Ma alcune acquisite da noi si protraggon­o da 7-8 anni, anche da 9. E questo ci costringe a fare delle riflession­i su che cosa è stato fatto. Su Alcoa, ad esempio, nel 2017 si era detto che si era arrivati alla reindustri­alizzazion­e ma forse quella soluzione non era così sostenibil­e come annunciato. Ma ci sono anche altri casi, vedi Industria Italiana Autobus, che comunque abbiamo rimesso in piedi, oppure Treofan ed Aferpi dove abbiamo dovuto risolvere criticità, o stiamo provando a farlo, che risalgono ad anni fa». Al Mise ora si studia una rivisitazi­one dell’unità per i tavoli di crisi. «Il caso Bekaert ha fatto da apripista, da lì abbiamo reintrodot­to la Cigs per “reindustri­alizzazion­e”. La task force dello Sviluppo, insieme al Lavoro, sta provando a gestire le emergenze occupazion­ali, l’attrazione di investimen­ti e le reindustri­alizzazion­i in modo organico, con una struttura rafforzata».

Intanto, però, sorprende che sia in discussion­e il Fondo anti delocalizz­azioni da 200 milioni varato dal precedente governo. La legge di bilancio sembra riassegnar­lo al sostegno del venture capital. È così? «Era un fondo paradossal­e, che non prevedeva alcuna norma di contrasto. Non stiamo parlando di aziende in crisi a cui stanziare un fondo, ma di alcune realtà che si spostano per sfruttare il dumping salariale e, talvolta, quello fiscale all’interno dello stesso sistema europeo. Noi invece abbiamo inserito nel “decreto dignità” specifiche norme vincolando chi in passato ha preso soldi pubblici».

Il decreto attuativo degli ecoincenti­vi, «è pronto, manca solo la registrazi­one della Corte dei conti».

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Vice capo gabinetto al Mise L’effetto recessione sulle reindustri­alizzazi oni ferme? «Una strumental­izzazio ne». Incerto il destino del Fondo anti delocalizz­azioni da 200 milioni: «Strumento paradossal­e, non aveva norme di contrasto»

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