Politica (e tassi bassi) in pressing sulle nozze Deutsche-Commerz
Intensificati i contatti tra i due colossi appesantiti da costi troppo elevati
Un matrimonio che s’ha da fare, quello tra Deutsche bank e Commerzbank? Le voci su questa ipotesi di fusione sono tornate a circolare ieri: per Bloomberg,la prima e la seconda banca privata in Germania starebbero intensificando i contatti informali per una fusione di fronte alla lentezza della ristrutturazione in corso. Entrambe sono in ricerca di una profittabilità ancora molto lontana dall’essere appetibile, anche a causa di costi alti rispetto ai ricavi e un mercato domestico estremamente competitivo, dove i margini sono ridotti all’osso e non solo per colpa dei tassi negativi.
Ieri alla Borsa di Francoforte DB ha chiuso a 7,66 euro , in calo dell’1,16% (-37% in un anno e +4,7% in tre mesi), mentre Commerz ha perso l’1,4% chiudendo a 6,63 (-41% in un anno ma +2,68% in tre mesi). L’andamento conferma che il mercato come i supervisori, in attesa di vedere un business plan credibile, sostenibile e solido, non si lascia entusiasmare.
Questa fusione. ipotizzata da oltre un decennio, viene respinta vivamente dai ceo di entrambe, che mirano a cavarsela da soli. Più plausibile che venga dettata dalla politica. Da un lato Berlino ci terrebbe a creare un “campione nazionale” che competa con i big mondiali. Dall’altro lato la Germania non intende cedere i suoi “gioielli” (per quanto ammaccati) a take over ostili transfrontalieri. Dal ministero delle Finanze, dove è detenuta una quota del 15,6% in Commerzbank che rende lo Stato federale protagonista indiscusso in caso di M&A, non trapela nulla se non l’obiettivo di uscire da Commerz quando i tempi saranno maturi: cioè, possibilmente senza perdere un centesimo del contribuente. Il prezzo al quale lo Stato uscirebbe da Commerz in break-even è oggetto di opinione in Germania e non di matematica: secondo la banca, la forchetta potrebbe essere compresa tra 15 e 20 euro, mentre altre fonti vicine al ministero indicano livelli più bassi.
I supervisori, che non si occupano di politica industriale ma di stabilità del sistema, stanno alla finestra. Chiunque stia lavorando su un ipotetico dossier DB-Commerzbank, deve comunque deve fare i conti con la volontà dei principali shareholders delle due banche e con i requisiti della vigilanza. Il colosso diventerebbe il secondo gruppo bancario europeo, secondo il Financial Times: 2mila miliardi in assets,850 miliardi di depositi, 2.500 filiali, 140mila dipendenti. Ma F.A.Z., in uno spietato articolo recente, ha messo in luce come il cost-income ratio di DB (attorno al 90%) e di Commerz (80%) sia di gran lunga il peggiore tra tutte le grandi banche europee, e una capitalizzazione di Borsa da fanalino di coda. Come da tutto questo possa nascere una superbanca superredditizia non è ancora chiaro. I supervisori non lo dicono ma fanno volentieri a meno di un gigante con i piedi di argilla: e poi c’è anche il Single resolution board richiederebbe alla nuova banca di essere prima di tutto “smantellabile” o “risolvibile” se il peggio dovesse accadere.