Giappone, Pil 2018 rivisto al rialzo ma ora frenano export e produzione
La terza economia mondiale ha chiuso il 2018 un po’ meglio di quanto sia stato stimato in via preliminare, ma i più recenti indicatori fanno temere un peggioramento congiunturale e persino la tendenziale fine del più lungo periodo di espansione del dopoguerra (che dura dal dicembre 2012, con un ritmo annualizzato di crescita intorno all’1,2% reale). Il Prodotto interno lordo del Giappone dell’ultimo trimestre 2018 è stato rivisto al rialzo oltre le aspettative: la crescita è avvenuta a un tasso annualizzato dell’1,9%, rispetto alla stima preliminare dell’1,4%. Sui tre mesi precedenti, l’espansione è risultata dello 0,5%, contro la proiezione iniziale dello 0,3%. La lettura migliorata è stata attribuita in modo significativo al capitolo degli investimenti privati. Nell’intero 2018 il Pil nipponico è dunque avanzato dello 0,8%, rispetto alla precedente stima dello 0,7%, ma pur sempre in netto dietrofront sul robusto +1,9% del 2017.
Molti analisti, comunque, sottolineano che il miglioramento di fine 2018 - seguito a una contrazione tra luglio e settembre, in parte causata da una serie di disastri naturali non costituisce una indicazione per il presente e il prossimo futuro, in quanto pesano sempre più le incertezze relative al rallentamento globale e in particolare alla frenata cinese, tendenzialmente amplificata dalle tensioni commerciali con gli Usa. I timori di una frenata mondiale – rilanciati dai dati sul calo dell’export cinese e dalle proiezioni più basse della Bce sulla crescita dell’Eurozona – si sono accoppiate a un rialzo dello yen nel provocare ieri un calo di oltre il 2% dell’indice Nikkei della Borsa di Tokyo.
È parso preoccupante, in particolare, il dato di giovedì relativo all’indice degli indicatori coincidenti, sceso del 2,7% a gennaio a quota 97,9, per il terzo mese consecutivo di calo: ciò potrebbe suggerire che il lungo ciclo di espansione economica sia arrivato a un punto di svolta, come una commissione governativa ha ipotizzato, con il rischio dell’avvio di una fase recessiva. Il che sarebbe un vero grattacapo per il premier Shinzo Abe, tanto più in vista del previsto aumento a ottobre dell’imposta sui consumi dall’8 al 10%, che lui ha già rinviato due volte.
Il portavoce dell’esecutivo, Yoshihide Suga, ha ribadito che l’incremento della pressione fiscale indiretta ci sarà, a meno di una crisi comparabile a quella globale del 2008. Altri dati rilasciati ieri non appaiono scoraggianti: a gennaio la spesa delle famiglie è salita del 2% rispetto a un anno prima, mentre i salari reali risultano in rialzo annuale dell’1,1 per cento. Ma nella raffica degli ultimi indicatori sono spiccati in negativo i dati di gennaio su produzione (-3,7%) ed export (-8,4% sull’anno prima, la peggiore performance da oltre due anni), oltre al fatto che i profitti trimestrali delle aziende nipponiche si siano contratti per la prima volta dal 2016.