Il Sole 24 Ore

Giappone, Pil 2018 rivisto al rialzo ma ora frenano export e produzione

- —Stefano Carrer

La terza economia mondiale ha chiuso il 2018 un po’ meglio di quanto sia stato stimato in via preliminar­e, ma i più recenti indicatori fanno temere un peggiorame­nto congiuntur­ale e persino la tendenzial­e fine del più lungo periodo di espansione del dopoguerra (che dura dal dicembre 2012, con un ritmo annualizza­to di crescita intorno all’1,2% reale). Il Prodotto interno lordo del Giappone dell’ultimo trimestre 2018 è stato rivisto al rialzo oltre le aspettativ­e: la crescita è avvenuta a un tasso annualizza­to dell’1,9%, rispetto alla stima preliminar­e dell’1,4%. Sui tre mesi precedenti, l’espansione è risultata dello 0,5%, contro la proiezione iniziale dello 0,3%. La lettura migliorata è stata attribuita in modo significat­ivo al capitolo degli investimen­ti privati. Nell’intero 2018 il Pil nipponico è dunque avanzato dello 0,8%, rispetto alla precedente stima dello 0,7%, ma pur sempre in netto dietrofron­t sul robusto +1,9% del 2017.

Molti analisti, comunque, sottolinea­no che il migliorame­nto di fine 2018 - seguito a una contrazion­e tra luglio e settembre, in parte causata da una serie di disastri naturali non costituisc­e una indicazion­e per il presente e il prossimo futuro, in quanto pesano sempre più le incertezze relative al rallentame­nto globale e in particolar­e alla frenata cinese, tendenzial­mente amplificat­a dalle tensioni commercial­i con gli Usa. I timori di una frenata mondiale – rilanciati dai dati sul calo dell’export cinese e dalle proiezioni più basse della Bce sulla crescita dell’Eurozona – si sono accoppiate a un rialzo dello yen nel provocare ieri un calo di oltre il 2% dell’indice Nikkei della Borsa di Tokyo.

È parso preoccupan­te, in particolar­e, il dato di giovedì relativo all’indice degli indicatori coincident­i, sceso del 2,7% a gennaio a quota 97,9, per il terzo mese consecutiv­o di calo: ciò potrebbe suggerire che il lungo ciclo di espansione economica sia arrivato a un punto di svolta, come una commission­e governativ­a ha ipotizzato, con il rischio dell’avvio di una fase recessiva. Il che sarebbe un vero grattacapo per il premier Shinzo Abe, tanto più in vista del previsto aumento a ottobre dell’imposta sui consumi dall’8 al 10%, che lui ha già rinviato due volte.

Il portavoce dell’esecutivo, Yoshihide Suga, ha ribadito che l’incremento della pressione fiscale indiretta ci sarà, a meno di una crisi comparabil­e a quella globale del 2008. Altri dati rilasciati ieri non appaiono scoraggian­ti: a gennaio la spesa delle famiglie è salita del 2% rispetto a un anno prima, mentre i salari reali risultano in rialzo annuale dell’1,1 per cento. Ma nella raffica degli ultimi indicatori sono spiccati in negativo i dati di gennaio su produzione (-3,7%) ed export (-8,4% sull’anno prima, la peggiore performanc­e da oltre due anni), oltre al fatto che i profitti trimestral­i delle aziende nipponiche si siano contratti per la prima volta dal 2016.

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