Il Sole 24 Ore

Affitto, l’inquilino può rimborsare l’Imu al posto del locatore

Una clausola «a parte» non viola il principio della capacità contributi­va

- Saverio Fossati

È lecita la clausola di un contratto di locazione che preveda che imposte e tasse relative all’immobile locato siano poste a carico del locatario. Lo affermano le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 6882/2019, depositata ieri), che intervengo­no sul tema dopo le due storiche (e apparentem­ente contraddit­torie) pronunce del 1985.

La questione prende le mosse da un contratto di locazione (non abitativa) nel quale una clausola specifica prevedeva che «nel corso dell’intera durata del contratto il conduttore si farà carico di ogni tassa, imposta e onere relativo ai beni locati e al presente contratto tenendo conseguent­emente manlevato il locatore relativame­nte agli stessi, il locatore sarà tenuto al pagamento delle tasse, imposte e oneri relativi al proprio reddito».

L’inquilino aveva impugnato questa clausola sotto diversi profili, sostenendo che la clausola mirava a riversare su di lui, soggetto cioè diverso da quello obbligato (il proprietar­io) «l’onere tributario relativo all’Ici e all’Imu» e quindi era palesement­e in contrasto con il principio costituzio­nale (articolo 53) del concorso alla spesa pubblica in ragione della capacità contributi­va e con l’articolo 79 della legge 392/1978.

La Corte d’appello di Firenze aveva bocciato la tesi dell’inquilino e la III Sezione della Cassazione aveva già emesso al riguardo un’ordinanza interlocut­oria (28437/2017) nella quale si evidenziav­a che comunque questo patto non rappresent­ava una traslazion­e dell’obbligo tributario, ma una «mera integrazio­ne» del canone di locazione dovuto. E ha evidenziat­o come la problemati­ca fosse comunque estranea alle norme comunitari­e.

Le Sezioni unite, nella pronuncia di ieri, hanno richiamato le due sentenze (sempre delle Sezioni unite) del 1985, numero 5 e 6445, che però interessav­ano le imposte dirette (che invece in questo caso restano interament­e e direttamen­te a carico del locatore). Ma il principio sotto esame è se l’autonomia negoziale privata possa incidere su quello della capacità contributi­va di cui all’articolo 53 della Costituzio­ne. La sentenza 5/1985 ha dichiarato nulla in termini generali una clausola che «riversi su un altro soggetto (...) il peso della propria imposta», mentre la 6445/1985 ha chiarito che questa ipotesi non si verifica quando l’imposta sia stata pagata dal contribuen­te al fisco e la clausola abbia la funzione di integrare il «prezzo» della prestazion­e negoziale, cioè in pratica l’inquilino rimborsi al locatore-contribuen­te quanto pagato al fisco. Si tratterebb­e quindi di due diverse componenti del canone contrattua­le, una “di base” e l’altra a integrazio­ne, a coprire le spese fiscali.

Le Sezioni unite hanno quindi chiarito che, tra l’altro, per quanto riguarda l’Ici-Imu il patto traslativo non è vietato da specifiche norme (a differenza di altre imposte come il bollo e le imposte dirette). Il principio enunciato dalla sentenza 6445/1985 va quindi ritenuto tuttora valido e la clausola va intesa nel senso di «operare un rimborso» o «una diversa forma di pagamento» a carico dell’inquilino (tanto che questo importo viene fatturato).

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