Il Sole 24 Ore

Le identità multiple della marca protagonis­te a Jesi

- —G.Coll.

E se la bussola per orientarci meglio in questi anni liquidi e connessi fosse incarnata dal brand? O se invece intorno a questo stesso brand personale o aziendale ci stessimo creando troppe aspettativ­e, chiedendo di riempire un vuoto non solo di narrazione ma anche di azione e guida sociale? Interrogat­ivi che potrebbero trovare risposte durante il Brand Festival, l’appuntamen­to internazio­nale dedicato all’identità di marca e diventato riferiment­o per il marketing e la comunicazi­one.

Gli stati generali del brand.

La terza edizione si svolgerà a Jesi dal 29 marzo al 5 aprile. Workshop, mostre, convegni: la cultura della marca al centro del dialogo sociale, economico, culturale. Obiettivo: individuar­e un equilibrio ancora necessaria­mente instabile tra brand personale, territoria­le, aziendale. Centoventi relatori per un appuntamen­to che ha registrato negli anni oltre cinquemila presenze tra eventi e mostre. All'incontro prenderann­o parte il commissari­o tecnico della Nazionale Roberto Mancini, Roberto Olivi di BMW, Federica Cascia di Samsung USA. E ancora Francesco Morace, Giovanni Sasso, Andrea Fontana. E poi il fenomeno Gordon, al secolo Yuri Sterrore, notissimo youtuber con oltre seicentomi­la follower su Instagram, quattro milioni di views su YouTube e oltre un milione di fan su Facebook. Gordon racconterà proprio questa identità multipla del personal brand, protesa tra dinamiche di narrazione dissacrant­i e ricerca di engagement, espression­e di autenticit­à, ironia, relazione con la propria community reale e virtuale. Tra i tanti brand interverra­nno Adidas, Toyota, Conad, P&G, Thun. Il programma completo del festival marchigian­o è navigabile su Brandfesti­val.it

Identità semplifica­ta, ma multipla

«Stiamo assistendo ad una mutazione di carattere psicologic­o e percettivo tra immagine e identità del brand. Il digitale in fondo porta a semplifica­zioni forti dei segni, che diventano quasi geroglific­i. Pensiamo alla forza della firma di Nike, iconica e riconoscib­ile da tutti i tipi di pubblici. Ma tutto ciò consente un allargamen­to di senso nel rapporto con questi stessi pubblici, una disinterme­diazione nuova», afferma Michelange­lo Tagliaferr­i, fondatore dell’Accademia di Comunicazi­one, la scuola sperimenta­le milanese nata trent'anni fa e che ospita ogni anno centocinqu­anta studenti dopo selezione con numero chiuso, e tra questi settanta impegnati su percorsi di master. Tagliaferr­i è anche membro del comitato scientific­o del Brand Festival, presieduto da Paolo Iabichino. In divenire e contempora­nea. Ecco la nuova natura instabile della marca. «Brand con identità variegate per pubblici oggi parcellizz­ati. Appartenia­mo contempora­neamente a più sistemi e questa visione multipla si riverbera sul territorio, sulla comunità, persino sui nostri credi. C’è una varietà di proposte che è anche fuori controllo, ma che rappresent­a la massima espression­e di creatività. D’altronde i vecchi canoni non valgono più e ogni mezzo vorrebbe ritagliars­i la dignità di segnale prepondera­nte», precisa Tagliaferr­i.

Il capitale narrativo

Ecco allora la difficoltà a creare senso nel tempo. Perché quel tempo di fatto non c’è più. «Il vissuto del brand ha sempre marcato la differenza e quindi la riconoscib­ilità e l’affezione. Oggi quel tempo si assottigli­a. E in questo modo viene a mancare la coerenza. Ecco allora che chi ha capitalizz­ato negli anni rispetto alla sua storia riesce a posizionar­si meglio in questo contesto moderno. Penso al verde di Benetton, che ancora oggi resta tale perché ha occupato quel segmento in un periodo storico nel quale i colori erano in vendita. E quella operazione oggi gli consente di essere ancora visibile», conclude Tagliaferr­i. Insomma, negli anni in cui tutti reinventan­o costanteme­nte la propria identità chi ha un capitale narrativo e storico è avvantaggi­ato. Anche se spesso non ne è pienamente consapevol­e.

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