Riscatto laurea, esperti a confronto
In discussione la soglia stabilita al 1996. Dubbi sulla costituzi0nalità
«La norma che limita il riscatto della laurea a periodi di studio dal 1996 si può considerare costituzionale solo se si interpreta, come ha fatto l’Inps, nel senso che anche chi ha cominciato a lavorare prima di quella data può usufruire del beneficio per i periodi di studio successivi». Lo dice Roberto Pessi, docente di diritto del lavoro alla Luiss.
Eliminare il limite di età ma non quello del primo anno lavorativo (il 1996) per accedere al riscatto agevolato della laurea. Nel procedere verso la conversione in legge, questa norma contenuta nel decreto 4/2019 perde passo dopo passo qualche vincolo. Almeno nelle intenzioni della Lega ora c’è appunto l’annunciato accordo di governo per riconoscere il diritto anche ha chi ha superato i 45 anni. Ma non si arriva ancora al traguardo della validità piena per tutti e senza condizioni. «Siamo al principio del tempus regit actum, il tempo regola l’atto. Da questo punto di vista l’irragionevolezza insita nel mantenere il limite a un diritto è superabile ma ci sono altre motivazioni per sostenere che non è irrazionale riconoscere solo ai contributivi puri il riscatto agevolato» spiega al Sole24Ore Roberto Pessi, docente di Diritto del lavoro all'Università Luiss di Roma.
In effetti la circolare Inps di due giorni fa (36/2019) ha chiarito che per il riscatto laurea è possibile avere contribuzione prima del 1996, a differenza della pace contributiva. Ma l’agevolazione vale solo per i periodi di studio successivi a quella data, mentre per quelli precedenti il riscatto resta più oneroso, ovvero basato sul calcolo tradizionale che prevede l’aliquota di computo Ivs (33% per i lavoratori dipendenti) applicata all’ultimo imponibile degli ultimi 12 mesi prima della richiesta di riscatto. «Qui sta la ratio della norma – spiega Pessi – si prende sul serio il regime di calcolo contributivo, che punta a garantire una piena corrispettività tra quanto verso e il valore della mia pensione futura. Principio che con il sistema retributivo non valeva, per questo il riscatto degli anni passati devono costare di più».
Le pensioni calcolate con il contributivo saranno anche meno generose, da qui la ragione di una maggiore compensazione sugli anni della laurea: «Se si guarda a queste norme pensando al principio della disparità di trattamento allora bisogna considerare tutto il sistema nel suo insieme. Le pensioni future dei giovani saranno più leggere perché calcolate con un criterio meno generoso che in passato, per questo non è irragionevole mantenere quella data del 1996 come tempo che regola l’atto». Insomma il tetto dell’età era più a rischio costituzionalità rispetto all’anno di riferimento di inizio carriera lavorativa. «Come sempre quando un diritto soggettivo viene vincolato a limiti di età un dubbio di costituzionalità si pone» dice ancora Pessi. Le valutazioni dei giudici costituzionali si muovono su più livelli «ma in questo caso potrebbe prevalere un riconoscimento di ragionevolezza». Anche perché in ballo c’è un patto generazionale «e non si può strappare tutto».
Non la vede diversamente l’esperto di previdenza, Giuliano Cazzola. «Già i servizi parlamentari – spiega – avevano segnalato un rischio di incostituzionalità nel caso fosse rimasto il limite dei 45 anni. Faccio tuttavia notare che sia nelle norme riguardanti la pace contributiva, sia nelle agevolazioni per il riscatto della laurea ed anche nella possibilità di optare per sottoporre a contribuzione, nel sistema contributivo, anche le quote eccedenti la retribuzione di 100mila euro annui (ora esenti) si nasconde una visione statalista molto rischiosa ed illusoria».