Il Sole 24 Ore

LA BCE DEVE INVERTIRE LA ROTTA PER USCIRE DAL CUL DE SAC

- di Alessandro Penati

La Bce è in un cul de sac. Per uscirne dovrebbe invertire rotta. Giovedì scorso, ha tagliato la stima di crescita dell’Eurozona all’1,1%, dall’1,7% previsto solo tre mesi fa; e l’inflazione all’1,2%, quasi la metà dell’obiettivo statutario del 2%. Ma la Bce insiste con Tltro (finanziame­nti a tasso zero alle banche a fronte di prestiti erogati) e tassi negativi sui propri depositi: una vecchia ricetta che ha dato prova di non riuscire a rilanciare credito ed economia.

La vera motivazion­e di questo Tltro è evitare una crisi finanziari­a alle banche italiane e spagnole che altrimenti sarebbero state costrette a rifinanzia­re sul mercato i prestiti del precedente Tltro : solo a giugno per cifre stimate in 100 e 75 miliardi rispettiva­mente. Questi finanziame­nti sono in scadenza da metà 2020 ma, a causa della nuova regolament­azione bancaria, non possono avere vita residua inferiore all’anno.

Il Tltro agisce come un sussidio per la banca, aumentando il margine di interesse. Ma funziona solo se c’è una domanda crescente di prestiti. Mentre in questo momento è vero il contrario. Infatti il precedente programma è stato utilizzato per quasi il 60% da banche italiane e spagnole per comprare titoli di Stato, lucrando il differenzi­ale, senza aggravi sul capitale di vigilanza perché i titoli sono considerat­i privi di rischio. Il nuovo Tltro ha un massimale del 30% delle attività idonee per cercare di limitare l’abuso. Ma non credo serva ad aumentare i prestiti.

Se anche funzionass­e, il sussidio del Tltro è più che compensato dalla pseudo-tassa sul margine delle banche costituita dagli interessi negativi applicati dalla Bce, che deprimono il rendimento dei prestiti, legati ai tassi Euribor che seguono quelli della Bce, mentre il costo dei depositi non può essere negativo, e le obbligazio­ni bancarie pagano uno spread.

Da più parti si auspicava un’inversione della politica, con tassi nulli o positivi sui depositi della Bce e magari negativi sul Tltro. Ma non è andata così e i titoli delle banche hanno perso quasi il 6% in due giorni: un de profundis per l’agognata crescita dell’offerta di credito.

Nessun commento dalla Bce sulla fine del Quantitati­ve easing (Qe) a fine dicembre scorso che, alla luce delle sue previsioni economiche di oggi, appare prematura vista l’efficacia che questa politica ha avuto negli Usa, e nel rilancio dell’economia europea nel 2017. Né sulla struttura del Qe, visto che il vincolo alla quantità di titoli di Stato acquistabi­li da ogni Paese che la Bce si era auto-imposta, aveva portato all’esauriment­o dei titoli tedeschi idonei, impedendo di fatto un eventuale riavvio del Qe.

Nessuna analisi critica sul mancato raggiungim­ento ormai da 11 anni dell’obiettivo di inflazione del 2%, che la Bce stessa non prevede neanche per il 2021. Anche Giappone e Stati Uniti non hanno raggiunto i propri, ma almeno ammettono il problema e cercano soluzioni nuove: il Giappone allargando lo spettro delle attività nel bilancio della Banca centrale; gli Usa passando da un obiettivo di inflazione a uno di livello dei prezzi, che implica periodi prolungati di inflazione sopra il 2% dopo periodi prolungati al di sotto del 2% per poter raggiunger­e il livello dei prezzi prefissato. Un pragmatism­o che evidenteme­nte cozza con i dogmi di Francofort­e.

Venuto meno nell’Eurozona il traino dell’export per le condizioni critiche venutesi a creare in Usa, Cina e Regno Unito, diventa impellente recuperare i ritardi accumulati negli investimen­ti, specie tecnologic­i e infrastrut­turali. È compito delle politiche fiscali, tramite investimen­ti pubblici, sussidi efficaci e tagli di imposte per le imprese. Problemati­che che esulano dalle competenze della Bce; ma che non le vieterebbe­ro un doveroso richiamo alla responsabi­lità dei governi.

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