La Cassazione definisce i confini del contraddittorio
Per la Corte non serve la prova di resistenza se c’è una norma ad hoc
Il principio del contraddittorio endoprocedimentale continua a cercare una collocazione e confini più precisi a colpi di pronunce della Cassazione, nell’assenza di una norma interna che lo disciplini.
Per le Sezioni unite (24823/2015) – ai fini dei tributi non armonizzati come Irpef, Ires e Irap – esso è necessario solo se previsto da una norma ad hoc. Perciò, rispetto a questi ultimi tributi, il contraddittorio è oggi indispensabile, a pena di nullità dell’atto e senza che il contribuente fornisca la prova di resistenza, solo per gli accertamenti da studi di settore o standardizzati, sintetici, antiabuso/ antielusivi, e poi in tutti i casi di accertamento sulla base di Pvc redatto presso i locali di attività del contribuente. Restano esclusi dall’obbligo di “confronto” gli altri accertamenti, cioè la maggioranza, quelli a tavolino svolti presso gli uffici del Fisco, compresi quelli relativi ai tributi locali (Ici, Imu e Tasi).
Di contro, in caso di tributi armonizzati – come l’Iva – il contraddittorio è sempre obbligatorio, ma la nullità può farsi valere soltanto se il contribuente fornisca la cosiddetta “prova di resistenza”, cioè enunci in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione pretestuosa. In caso di accertamento a seguito di Pvc rilasciato in sede di accesso in loco, però, la normativa interna è più garantista, poiché prevede, per l’omissione del contraddittorio, la nullità dell’atto senza che il contribuente sia tenuto a fornire la prova di resistenza, e quindi, in tal caso, si segue la norma nazionale (Cassazione 701/2019).
A livello normativo, in commissione Finanze alla Camera è in corso da ormai sette mesi l’esame del Ddl semplificazioni (Ac 1074), che prevede l’obbligo di contraddittorio per ogni tipologia di accertamento, esclusi quelli parziali (ex articoli 41bis del Dpr 600/1973 e 54, comma 4, del Dpr 633/1972), a pena di nullità dell'atto impositivo.
L’esclusione degli accertamenti parziali è logica, si pensi solo al caso dell’accertamento del reddito di partecipazione non dichiarato dal socio, emergente dalla dichiarazione della società. La proposta di legge, però, dimentica che quasi tutti gli accertamenti sono ormai qualificati come parziali anche se incentrati su controlli ad ampio raggio: sono tali gli accertamenti basati su Pvc (delle Entrate, Gdf, Dogane, Siae, eccetera), ma anche quelli “a tavolino” che non riguardino tutta la posizione fiscale del contribuente, come nel caso, ad esempio, del controllo di un imprenditore persona fisica incentrato soltanto sull’analisi dei costi documentalmente richiesti.
Al contrario, la necessità sarebbe quella di avere un contraddittorio obbligatorio ed effettivo – cioè non limitato alla riproposizione di formule stereotipate in un verbale – in tutti i casi in cui è utile una qualche partecipazione del contribuente all'iter di formazione della pretesa tributaria. Pensiamo agli accertamenti induttivi, di ricostruzione del volume d’affari, anche sulla base di percentuali o medie o statistiche varie, ma pure agli accertamenti da questionari e fondati sullo spesometro.