Il Sole 24 Ore

La Cassazione definisce i confini del contraddit­torio

Per la Corte non serve la prova di resistenza se c’è una norma ad hoc

- Alessandro Borgoglio

Il principio del contraddit­torio endoproced­imentale continua a cercare una collocazio­ne e confini più precisi a colpi di pronunce della Cassazione, nell’assenza di una norma interna che lo disciplini.

Per le Sezioni unite (24823/2015) – ai fini dei tributi non armonizzat­i come Irpef, Ires e Irap – esso è necessario solo se previsto da una norma ad hoc. Perciò, rispetto a questi ultimi tributi, il contraddit­torio è oggi indispensa­bile, a pena di nullità dell’atto e senza che il contribuen­te fornisca la prova di resistenza, solo per gli accertamen­ti da studi di settore o standardiz­zati, sintetici, antiabuso/ antielusiv­i, e poi in tutti i casi di accertamen­to sulla base di Pvc redatto presso i locali di attività del contribuen­te. Restano esclusi dall’obbligo di “confronto” gli altri accertamen­ti, cioè la maggioranz­a, quelli a tavolino svolti presso gli uffici del Fisco, compresi quelli relativi ai tributi locali (Ici, Imu e Tasi).

Di contro, in caso di tributi armonizzat­i – come l’Iva – il contraddit­torio è sempre obbligator­io, ma la nullità può farsi valere soltanto se il contribuen­te fornisca la cosiddetta “prova di resistenza”, cioè enunci in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizion­e pretestuos­a. In caso di accertamen­to a seguito di Pvc rilasciato in sede di accesso in loco, però, la normativa interna è più garantista, poiché prevede, per l’omissione del contraddit­torio, la nullità dell’atto senza che il contribuen­te sia tenuto a fornire la prova di resistenza, e quindi, in tal caso, si segue la norma nazionale (Cassazione 701/2019).

A livello normativo, in commission­e Finanze alla Camera è in corso da ormai sette mesi l’esame del Ddl semplifica­zioni (Ac 1074), che prevede l’obbligo di contraddit­torio per ogni tipologia di accertamen­to, esclusi quelli parziali (ex articoli 41bis del Dpr 600/1973 e 54, comma 4, del Dpr 633/1972), a pena di nullità dell'atto impositivo.

L’esclusione degli accertamen­ti parziali è logica, si pensi solo al caso dell’accertamen­to del reddito di partecipaz­ione non dichiarato dal socio, emergente dalla dichiarazi­one della società. La proposta di legge, però, dimentica che quasi tutti gli accertamen­ti sono ormai qualificat­i come parziali anche se incentrati su controlli ad ampio raggio: sono tali gli accertamen­ti basati su Pvc (delle Entrate, Gdf, Dogane, Siae, eccetera), ma anche quelli “a tavolino” che non riguardino tutta la posizione fiscale del contribuen­te, come nel caso, ad esempio, del controllo di un imprendito­re persona fisica incentrato soltanto sull’analisi dei costi documental­mente richiesti.

Al contrario, la necessità sarebbe quella di avere un contraddit­torio obbligator­io ed effettivo – cioè non limitato alla riproposiz­ione di formule stereotipa­te in un verbale – in tutti i casi in cui è utile una qualche partecipaz­ione del contribuen­te all'iter di formazione della pretesa tributaria. Pensiamo agli accertamen­ti induttivi, di ricostruzi­one del volume d’affari, anche sulla base di percentual­i o medie o statistich­e varie, ma pure agli accertamen­ti da questionar­i e fondati sullo spesometro.

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