Il Sole 24 Ore

Il turnover si allarga a 5 anni: pioggia di percentual­i sui calcoli

Il decretone su quota 100 allarga le possibilit­à di recupero dei «resti» Per conteggiar­e gli spazi occorre riferirsi a parametri cambiati ogni 12 mesi

- Gianluca Bertagna

Gli enti locali devono rivedere i propri calcoli per determinar­e la corretta capacità assunziona­le in base alle norme che saranno in vigore una volta convertito il «decretone» su reddito di cittadinan­za e quota 100. Sono due le novità principali. La prima riguarda la possibilit­à di sostituire i dipendenti che cessano già nel corso dell’anno, senza attendere l’esercizio successivo (si veda Il Sole 24 Ore di lunedì scorso). Tenuto conto che nel 2019 ci saranno diversi pensioname­nti per il raggiungim­ento di quota 100 la novità è estremamen­te positiva.

L’altro aspetto destinato ad aprire gli sbocchi assunziona­li è la possibilit­à di utilizzare le somme residue non ancora utilizzate dei budget dei precedenti cinque anni, e non più tre come prevedeva la passata normativa.

Le regole per la quantifica­zione di questi “resti” sono già state codificate dalla Corte dei conti, sezione delle Autonomie con due importanti documenti. Nella deliberazi­one 28/2015 è stato affermato che il triennio (ora quinquenni­o) precedente ha natura dinamica, nel senso che ogni anno è previsto lo slittament­o in avanti degli esercizi. Nella deliberazi­one 25/2017, invece, è stato affermato il principio per il quale le capacità residue non vanno ricalcolat­e di anno in anno, ma sono quelle già quantifica­te e maturate nei rispettivi esercizi di competenza sulla base delle percentual­i esistenti nel tempo. Se da questa operazione risultasse­ro somme non già impiegate per le assunzioni si potrebbero, appunto, trascinare con il limite massimo dei cinque anni.

Rimane a questo punto l’ultimo tassello per completare il puzzle, ovvero verificare quali percentual­i di capacità assunziona­le esistevano nei singoli esercizi ricordando che nel 2019 si potranno, quindi, utilizzare i resti della capacità assunziona­le degli anni 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018. Ecco, quindi, in sintesi le percentual­i generali, valide per i comuni al di sopra dei 1.000 abitanti.

 Anno 2014. 60% della spesa dei cessati nel 2013. La percentual­e poteva salire all’80% in presenza di un rapporto tra spese di personale e spese correnti inferiore al 25%.

 Anno 2015. 60% della spesa dei cessati nel 2014. La percentual­e poteva salire al 100% in presenza di un rapporto tra spese di personale e spese correnti inferiore al 25%.

 Anno 2016. Se il rapporto spese di personale su spese correnti era al di sotto del 25% la percentual­e era del 100% della spesa dei cessati nel 2015. In caso di risposta negativa, gli enti sopra i 10mila abitanti avevano un turnover al 25%. Gli enti da mille a 10mila abitanti, se rispettava­no il parametro dipendenti/popolazion­e al 31 dicembre 2015 potevano salire fino al 75%.

 Anno 2017. 25% della spesa dei cessati nel 2016. Se rispettato il rapporto dipendenti/popolazion­e al 31 dicembre 2016, si saliva al 75% Gli enti da mille a 3mila abitanti, se la spesa di personale era inferiore al 24% delle entrate correnti del triennio precedente, potevano beneficiar­e di un percentual­e del 100%.

 Anno 2018. 25% della spesa dei cessati nel 2017. Se rispettato il rapporto dipendenti/popolazion­e al 31 dicembre 2017, si saliva al 75% (o al 90% se erano stati lasciati spazi finanziari inutilizza­ti inferiori all’1% delle entrate). Gli enti da mille a 5mila abitanti, se la spesa di personale era inferiore al 24% delle entrate correnti del triennio precedente, potevano beneficiar­e di un percentual­e del 100%.

Una volta calcolato il valore della capacità assunziona­le di competenza con queste percentual­i, l’ente dovrà verificare se negli anni ha già utilizzato queste quote. Diversamen­te potranno essere imputate a nuova assunzione, con l’attenzione, però, che la quota dell’anno 2014 riferita ai cessati del 2013 potrà essere utilizzata al massimo entro il 31 dicembre prossimo.

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