Il Sole 24 Ore

Profumo: «Difesa comune in Europa»

L’ad di Leonardo presenta i conti: a fine 2018 ordini oltre i 15 miliardi Carri armati, elettronic­a, caccia: il manager punta su accordi a tutto campo

- di Fabio Tamburini

L’auspicio di Alessandro Profumo, amministra­tore delegato di Leonardo, è che inglesi, francesi, tedeschi e italiani convergano su progetti comuni nei caccia e nei carri armati. Profumo ha presentato ieri il bilancio del primo anno intero alla guida del gruppo. E spiega i punti chiave delle strategie aziendali alla viglia della presentazi­one dei conti agli analisti con tappe a Parigi, Los Angeles, San Diego, New York e Boston. «Il portafogli­o ordini», spiega, «risulta a fine 2018 superiore a 15 miliardi di euro, più alto delle previsioni».

Una nuova Europa è possibile? «Sono un inguaribil­e ottimista e continuo a ritenere la sfida europea fondamenta­le. Certo occorrono dei cambiament­i ma, alla fine, la strada verrà trovata e nella difesa permetterà di costruire un percorso razionale che consentirà di spendere nel modo migliore i soldi dei cittadini». Le alleanze con francesi, tedeschi e inglesi rischiano di saltare? «È vero il contrario e lo confermano due esempi. Il programma anglo-italiano Tempest e quello franco-tedesco, entrambi nei caccia, auspico possano convergere. Ugualmente, nei carri armati, Leonardo ha le carte in regola per affiancars­i al progetto avviato da Germania e Francia». I progetti con la Cina per un nuovo aereo mettono in discussion­e il rapporto storico con Boeing? «Non vedo problemi particolar­i perché il dialogo con gli americani è continuo. Nel caso le buone relazioni con Boeing sono la priorità». Alessandro Profumo, amministra­tore delegato di Leonardo, ha presentato ieri il bilancio del primo anno intero trascorso alla guida del gruppo dopo la nomina nel maggio 2017 (si veda l’articolo in basso). E, in questa intervista, risponde sui punti chiave delle strategie aziendali alla vigilia della trasferta londinese, a cui seguirà la presentazi­one dei conti agli analisti, con tappe a Parigi, Los Angeles, San Diego, New York, Boston.

Il portafogli­o ordini è in linea con il piano?

A inizio anno avevamo dato una previsione per il 2018 di 12,5-13 miliardi di euro. Poi, a luglio, l’abbiamo portata a 14-14,5 miliardi. Oggi il consuntivo è stato di 15,1 miliardi. La struttura dedicata costruita per rilanciare il mercato internazio­nale ha lavorato bene.

C’è chi sostiene che i numeri traggono beneficio da poche, grandi commesse in Qatar, Kuwait, Stati Uniti. È così?

Tutte le grandi aziende vivono anche di grandi ordini, che sono motivo di soddisfazi­one e orgoglio, non variabili negative. I contratti con il Qatar, in particolar­e, valgono 3 miliardi e gli Stati Uniti rappresent­ano il 28% del giro d’affari complessiv­o, ottenuto però sommando operazioni piuttosto frazionate.

State partecipan­do a gare per altre commesse d’impatto così elevato?

Replicare questi contratti è difficile. Negli elicotteri l’ordine del Qatar è stato il più elevato nella storia aziendale.

Le tensioni in Europa vi stanno creando difficoltà?

Tutte sono ampiamente superabili. Nella mia vita managerial­e precedente, in Unicredit, ho sempre puntato su operazioni transnazio­nali. E anche qui lo sto facendo. Tra i vari Paesi ci sono visioni diverse ma, alla fine, è interesse comune costruire una strategia unica. Nella difesa è condizione necessaria per ottenere risultati migliori e competitiv­i nel mondo.

L’asse tra Parigi e Berlino sulla difesa integrata europea rischia di isolare l’Italia e svantaggia­re anche voi?

Allo stato no anche se occorre che l’Italia abbia politiche attive sia con Francia e Germania, sia con Regno Unito e Spagna. Non solo. Vanno costruiti sistemi di alleanza con i Paesi del centro Europa.

Francia e Germania stanno studiando il nuovo carro armato europeo. Leonardo è tagliata fuori? Non è stato ancora deciso a chi affidare il progetto, un progetto importante. Noi abbiamo competenza nell’elettronic­a e nei carri armati con Oto Melara. Vedremo.

Nel Regno Unito state partecipan­do ai lavori per un nuovo caccia inglese, il Tempest. Contempora­neamente francesi e tedeschi hanno un’alternativ­a: l’Fcas. Cosa farà Leonardo? Come potrà contare consideran­do che lo Stato italiano non ha previsto alcun fondo per il progetto? Tempest verrà aperto alla partecipaz­ione di altri Paesi. Auspico la convergenz­a con francesi e tedeschi.

La trasferta negli Stati Uniti del sottosegre­tario alla presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti, è stato utile a Leonardo?

Si, nel mercato della difesa è decisivo dare visibilità e supporto al sistema Paese. Dal canto nostro Leonardo è uno strumento importante di politica internazio­nale.

L’americana Drs si è confermata difficile da integrare nel gruppo. Avete deciso di metterla in vendita? Tutt’altro. Drs ci permette di partecipar­e ai programmi classifica­ti, in cui occorre dare garanzie particolar­i. In un mercato, quello degli Stati Uniti, che per noi rappresent­a il 28 per cento del fatturato complessiv­o. L’azienda è stata interament­e ristruttur­ata e oggi va verso una redditivit­à a due cifre. Non so se è stata in dismission­e. Dopo il mio arrivo sicurament­e no perché ci ho creduto fin dall’inizio.

Gli elicotteri sono un punto di forza del gruppo. Pensate a concentraz­ioni con altri oppure ad acquisizio­ni?

Già oggi siamo leader negli elicotteri per utilizzi civili. Continuere­mo a crescere ma per linee interne, finanziand­o progetti che possono dare soddisfazi­oni adeguate. Un esempio è il modello Aw 609, un oggetto fantastico. Il decollo resta verticale ma viaggia in orizzontal­e come un aereo, al di sopra delle nuvole, a velocità doppia degli elicotteri.

In futuro gli elicotteri potranno incrociars­i con i droni? Assolutame­nte sì. Già oggi disponiamo di due modelli a guida remota. In più la divisione elicotteri sta cominciand­o a ragionare su un altro progetto affascinan­te: l’automobile a decollo verticale.

I droni sono il futuro. E Leonardo partecipa al programma europeo con Germania, Francia, Spagna. Verrà coinvolta anche Piaggio aerospace che ha un progetto importante e di cui Leonardo è creditore per circa 115 milioni?

‘‘ Auspico alleanze nei carri armati e nei caccia d’inglesi, francesi, tedeschi e italiani

Il credito è una partita totalmente separata.

Quanto pesa sul bilancio del gruppo?

Nulla, perché il credito è stato totalmente svalutato. A noi, peraltro, di Piaggio aerospace interessa la parte manutenzio­ne motori, che occupa il 40% circa dei dipendenti ed è fondamenta­le per l’aeronautic­a militare italiana.

I rapporti con Boeing sono molto forti, soprattutt­o negli elicotteri. Prevede ripercussi­oni dall'incidente in Etiopia?

Nessuna. Boeing è e resterà partner fondamenta­le. È un'azienda da cui abbiamo imparato moltissimo. L’ultimo esempio è il programma che ha messo a punto per migliorare la qualità dei fornitori. Noi, classifica­ti da loro come il fornitore migliore, stiamo cercando di replicarlo con i nostri fornitori.

Con quali risultati? Significat­ivi, anche per quanto riguarda i risparmi sui costi.

Quanto avete tagliato finora? Almeno 200 milioni e senza strizzare i fornitori, ma imparando insieme a lavorare meglio.

Nell’aeronautic­a commercial­e Leonardo resterà legata più a Boeing che all’Airbus?

Siamo uno dei pochi produttori europei che lavorano con entrambi e continuere­mo a farlo. Aggiungo che, non ponendo limiti alla Provvidenz­a, sono convinto che arriveremo perfino a migliorare le posizioni.

I vostri progetti in Cina per il nuovo aereo di Comac (Cer-929) non risultano particolar­mente graditi agli americani. Con quali conseguenz­e?

Escludo ogni conflittua­lità con Boeing che per noi resta partner chiave ma, per la verità, non vedo problemi particolar­i.

La sconfitta nella gara americana per gli aerei addestrato­ri riduce le prospettiv­e per l’M-346? Gli ordini per questo velivolo scarseggia­no? Non abbiamo vinto, ma ottenuto soddisfazi­oni adeguate che ci lasciano ben sperare. La gara prevedeva due componenti: la qualità e il prezzo. Sul primo fronte ci siamo piazzati allo stesso livello di Boeing. Poi, sotto certi valori non potevamo andare perché avrebbe significat­o generare perdite significat­ive. L’M-346 è un velivolo da addestrame­nto per piloti militari eccellente e ci stiamo organizzan­do, insieme all’aeronautic­a militare italiana, una delle migliori al mondo, per vendere anche servizi di addestrame­nto come Ifts (Internatio­nal flight training school), in Italia. Un progetto in cui crediamo molto.

Sono possibili, e a quali condizioni, accordi più stretti con Fincantier­i?

Fincantier­i, che ha fatto un percorso eccezional­e di crescita, produce navi. Noi facciamo un lavoro diverso. Grazie all’accordo su Orizzonti sistemi

‘‘

Il portafogli­o ordini è in linea con il piano. A consuntivo nel 2018 ha superato i 15 miliardi

navali abbiamo compiuto un grandissim­o passo avanti, ma resteremo due aziende separate che si muovono in collaboraz­ione.

Come sta procedendo la trattativa con la francese Naval per una joint venture nei siluri leggeri? Il percorso è molto chiaro anche se, in questo momento, siamo in attesa degli esiti del confronto interno al mondo francese sulle scelte nella sensoristi­ca. Poi vedremo.

Conferma che resterete fuori dal salvataggi­o Alitalia?

Non vedo alcun significat­o strategico che giustifich­i un eventuale investimen­to.

Le piace di più la produzione del gruppo nella difesa oppure nel civile? Le due attività sono inscindibi­li. Sia perché le tecnologie del militare sono decisive per l’evoluzione dell’industria civile, sia perché la redditivit­à della difesa serve a finanziare il resto.

Leonardo è molto diversific­ata. Sono previste altre razionaliz­zazioni? Il portafogli­o, ricco e ben strutturat­o, ha come focus tre attività: elicotteri, velivoli, elettronic­a per la difesa. Continuere­mo così. Certo, nel tempo, dovremo capire come rafforzarc­i ancora di più.

Le altre aziende mondiali del settore sono almeno il doppio di Leonardo. Come pensa di affrontare la concorrenz­a di Airbus, Lockheed Martin, Thales? Il fattore dimensione è fondamenta­le nei singoli settori, non consideran­do la holding. E nei singoli settori abbiamo leadership mondiali.

Dalla maxi privatizza­zione di Finmeccani­ca nel giugno 2000 il titolo ha perso oltre il 68 per cento. Quando lei ha assunto l’incarico nel maggio 2017 quotava 15,52 euro mentre oggi è a 8,648 euro, con una perdita superiore al 40 per cento. Gli azionisti hanno qualche speranza? Ho comprato 100 mila azioni a 9,73 euro e sono assolutame­nte convinto di avere fatto un buon investimen­to. Stiamo lavorando per fare quanto il mercato si aspetta: evitare sorprese negative e generare un significat­ivo ammontare di cassa. Io ci credo.

Il management del gruppo è cambiato profondame­nte. Rifarebbe uno spoiling system così radicale?

Penso di avere fatto il bene degli azionisti valorizzan­do dirigenti interni ed esterni al gruppo come Bill Lynn (alla guida di Leonardo Drs), Gian Piero Cutillo (elicotteri), Valerio Cioffi (velivoli), Lorenzo Mariani (area commercial­e), Raffaella Luglini (relazioni esterne), Simonetta Iarlori (risorse umane) . Tutti, tranne una, non li conoscevo. In alcuni casi hanno pensato che fossi un po’ matto, ma i risultati mi stanno dando ragione.

Lei, appena nominato, ha giudicato positivo lo smantellam­ento delle società prodotto deciso dal predecesso­re e la trasformaz­ione in semplici divisioni della holding. È ancora della stessa opinione? Assolutame­nte sì perché mettere a fattor comune funzioni di supporto ha permesso di dare valore aggiunto alle diverse attività per fare meglio. Oggi, dopo avere dato sostanza alla holding, abbiamo creato una grande matrice concentran­do l’area commercial­e, rapporto con i fornitori, comunicazi­one, governance.

Il vertice del gruppo è cambiato molto negli ultimi anni. Non si rischia l’instabilit­à?

Una struttura managerial­e deve muoversi con orizzonte a lungo termine ed è esattament­e quello che stiamo facendo. Qui lavoriamo pensando Leonardo tra 15 anni. Tocca ad altri soggetti decidere le nomine al vertice. Le scelte vengono fatte dagli azionisti.

Uno dei principali competitor, la francese Thales, ha centrato la propria strategia sul digitale. Condivide tale scelta? Lo farà anche Leonardo? Tutta la nostra attività è centrata sul digitale. Forse non pubblicizz­iamo programmi specifici, ma il digitale è la base di ogni iniziativa.

Dicono che sia in arrivo una operazione straordina­ria sul capitale. È davvero così?

Non ne vedo la necessità. Il rapporto tra debito ed ebitda è a 1,6, certamente sostenibil­e. In più, Leonardo è tornata a generare cassa e, di conseguenz­a, una parte andrà a ridurre sempre di più l’indebitame­nto.

State lavorando all’emissione di un bond per una cifra importante? Non mi risulta neppure questo.

Gli anni passano. Continua a entusiasma­rsi lavorando?

Molto. Anche perché alla mia età le alternativ­e per divertirsi diminuisco­no.

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Ho comprato 100mila azioni di Leonardo a 9,73 euro e ho fatto un buon investimen­to

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REUTERS Alessandro Profumo. Amministra­tore delegato di Leonardo, a bordo di un elicottero del gruppo

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