Spunta il nome di Falciai per la presidenza Tim
Tentativo di mediazione, ma Conti non ha alcuna intenzione di farsi da parte
Voci concordanti riferiscono di movimenti dietro le quinte per tentare la tregua in Telecom, passando da un cambiamento alla presidenza che possa mettere d’accordo tutti. Tant’è che circolano anche nomi di candidati, tra i quali quello di Alessandro Falciai, l’ex presidente Mps con un trascorso nel gruppo Stet e fondatore di Dmt, società poi fusasi con le torri Mediaset per dar vita a EiTowers. Non sembra comunque essere una soluzione che abbia grandi chance di decollare. Oltre al fatto che l’attuale presidente Fulvio Conti non risulta affatto disponibile a farsi da parte, cambiare una casella non sposterebbe gli equilibri all’interno del consiglio, nè darebbe una rappresentanza adeguata alla Cdp, prossima a raggiungere il 10%, che al momento non ha voce in capitolo sulla governance dell’ex monopolista tricolore. Rinnovare il cda di modo che rappresenti tutti gli stakeholder sembrerebbe essere l’unica opzione sensata, se non fosse che il continuo braccio di ferro nell’azionariato ha già prodotto una discreta instabilità del board: il precedente è durato solo un anno per l’harakiri della maggioranza dei consiglieri Vivendi, l’attuale non ha ancora concluso il primo anno di mandato. Nemmeno si può dire sia stabile la guida operativa: i francesi, quando erano da soli al comando, hanno “bruciato” anticipatamente due ad, Marco Patuano (a pochi mesi dalla scadenza naturale del suo mandato) e Flavio Cattaneo (dopo appena un anno). Il cda formato Elliott, insediatosi a inizio maggio, di suo ha dapprima conferito pieni poteri all’ad scelto dai francesi, Amos Genish, e poi a inizio novembre l’ha sfiduciato.
L’assemblea del 29 marzo non pare destinata a segnare una svolta. Con i proxy advisor dei fondi schierati contro, è virtualmente impossibile che Vivendi possa spuntarla nella richiesta di revoca di cinque consiglieri. Oltre a Iss, anche Frontis ha bocciato la proposta. «Alcune delle violazioni delle regole di governance lamentate da Vivendi sono state confermate dalle indagini del collegio sindacale», ricorda il report citando l’episodio della riunione tra alcuni consiglieri in quota Elliott prima del cda straordinario che ha tolto le deleghe a Genish. Tuttavia «nutriamo preoccupazioni ancora più serie sui tentativi di Vivendi di riprendere il controllo del board, a causa in particolare dei suoi conflitti d’interesse e delle pratiche di cattiva governance portate avanti come maggior azionista». A riguardo il report cita la mancata conversione delle azioni di risparmio, la nomina di un manager del gruppo (Michel Sibony) a capo degli acquisti Telecom e operazioni con parti correlate (Canal Plus- Tim Vision) portate avanti senza seguire le procedure corrette.
La situazione è comunque degenerata quasi al piano degli insulti. Colpi bassi che non risparmiano nessuno, se l’ex presidente e ceo Franco Bernabè - primo nome dei candidati Vivendi - ha ritenuto di dover presentare una querela per diffamazione contro le affermazioni di Frontis che lo dipingono come «non completamente esente da responsabilità per le cattive performance degli ultimi anni» della società dalla quale si era dimesso nel 2013. E nel frattempo anche a Parigi si surrisca l’atmosfera in vista dell’assemblea Vivendi del 15 aprile. Il fondo attivista francese Phitrust ha chiesto infatti la rimozione dalla presidenza del consiglio di sorveglianza del figlio di Vincent Bolloré, Yannick, perchè ancora ceo di Havas che fa parte del gruppo. La tesi, respinta al mittente, è che controllore e controllato non possono essere ruoli sovrapposti.
Bollorè sotto assedio anche a Parigi: un fondo attivista francese chiede di rimuovere il figlio dal vertice di Vivendi