Il piano di Macron per l’Africa: a Pmi e startup 2,5 miliardi
Parigi punta a bilanciare la crescente influenza cinese nel Corno d’Africa
È un punto fermo della sua strategia, francese ed europea. Per Emmanuel Macron, il presidente francese, l’Africa è centrale e ieri, nel suo viaggio a Gibuti, Etiopia e Kenya, ha annunciato un piano di investimenti da 2,5 miliardi di euro per finanziare, fino al 2022, lo sviluppo di 10mila start up e di piccole e medie imprese attraverso la concessione di credito, il sostegno tecnico e, per un valore fino a un miliardo, l’acquisizione di quote di capitale.
Per annunciarlo, e per partecipare al Summit One Planet di Nairobi, dove si discute di un altro tema centrale della sua politica, l’ambiente, Macron ha interrotto gli incontri del Grand débat national a pochi giorni dalla loro chiusura, prevista per domani.
La posta in gioco, per la Francia, è importante. Il Corno d’Africa è il luogo prescelto dalla Cina per aumentare la propria influenza nel continente, non solo commerciale. A Gibuti Pechino ha acquistato il porto di Dolareh, dove intende investire 15 miliardi nei prossimi 17 anni, e ha installato nel 2017 un proprio avamposto, capace di ospitare fino a 10mila soldati, affiancandosi alla stessa Francia, che ha una base aeronavale con 1.450 soldati, al Giappone (400 militari) - che non ha altre basi all’estero - e agli Stati Uniti (5mila persone). In quell’area, ha spiegato Macron prima della partenza, «la Francia è considerata come un possibile contrappeso». Il presidente ha così firmato anche il suo primo accordo di cooperazione militare con l’Etiopia, con l’obiettivo di creare per il Paese - che non ha accesso al mare - una marina militare.
Il ruolo di Parigi nell’area è però più complesso, e delicato. Il viaggio di Macron ha anche la funzione di ricucire i rapporti con Gibuti, ex colonia, che ha ottenuto l’indipendenza nel 1977. Da qualche tempo, la piccola repubblica francofona lamenta il disinteresse di Parigi in un momento in cui Somalia ed Eritrea si sono riavvicinate, dopo anni di conflitto, e potrebbero mettere in difficoltà Gibuti.
Asmara non ha mai nascosto le sue mire sull’area di confine di Capo Doumeira, sul Mar Rosso. L’accordo del 1901 tra Francia e Italia l’attribuisce a Gibuti, mentre quello del 1935 tra Mussolini e Pierre Laval, mai ratificato dall’Italia, ne prevede il passaggio all’Eritrea. I militari dei due Paesi si sono scontrati per l’ultima volta nel 2008, e l’anno successivo l’Onu ha comminato sanzioni all’Eritrea. Nel 2017 gli osservatori del Qatar hanno però abbandonato il promontorio, dopo il sostegno concesso da Asmara all’Arabia Saudita contro Doha; e l’anno scorso, su iniziativa della Gran Bretagna le sanzioni sull’Eritrea sono state revocate. Ora, dopo l’accordo di pace con Addis Abeba, una nuova invasione da parte di Asmara - che detiene ancora 13 militari del Gibuti come prigionieri di guerra - è possibile. Gli accordi tra la Francia e la sua ex colonia prevedono che Parigi difenda l’integrità territoriale di Gibuti e mettono la Francia - che già si è rifiutata di intervenire nel 2008 concedendo solo un sostegno logistico - in una posizione difficile. Senza contare che Parigi - secondo un cable del 2008 diffuso da Wikileaks sembrerebbe non aver rinunciato a rivendicare, sia pure «su basi molto tenui» il possesso del promontorio.