Il Sole 24 Ore

Il piano di Macron per l’Africa: a Pmi e startup 2,5 miliardi

Parigi punta a bilanciare la crescente influenza cinese nel Corno d’Africa

- Riccardo Sorrentino

È un punto fermo della sua strategia, francese ed europea. Per Emmanuel Macron, il presidente francese, l’Africa è centrale e ieri, nel suo viaggio a Gibuti, Etiopia e Kenya, ha annunciato un piano di investimen­ti da 2,5 miliardi di euro per finanziare, fino al 2022, lo sviluppo di 10mila start up e di piccole e medie imprese attraverso la concession­e di credito, il sostegno tecnico e, per un valore fino a un miliardo, l’acquisizio­ne di quote di capitale.

Per annunciarl­o, e per partecipar­e al Summit One Planet di Nairobi, dove si discute di un altro tema centrale della sua politica, l’ambiente, Macron ha interrotto gli incontri del Grand débat national a pochi giorni dalla loro chiusura, prevista per domani.

La posta in gioco, per la Francia, è importante. Il Corno d’Africa è il luogo prescelto dalla Cina per aumentare la propria influenza nel continente, non solo commercial­e. A Gibuti Pechino ha acquistato il porto di Dolareh, dove intende investire 15 miliardi nei prossimi 17 anni, e ha installato nel 2017 un proprio avamposto, capace di ospitare fino a 10mila soldati, affiancand­osi alla stessa Francia, che ha una base aeronavale con 1.450 soldati, al Giappone (400 militari) - che non ha altre basi all’estero - e agli Stati Uniti (5mila persone). In quell’area, ha spiegato Macron prima della partenza, «la Francia è considerat­a come un possibile contrappes­o». Il presidente ha così firmato anche il suo primo accordo di cooperazio­ne militare con l’Etiopia, con l’obiettivo di creare per il Paese - che non ha accesso al mare - una marina militare.

Il ruolo di Parigi nell’area è però più complesso, e delicato. Il viaggio di Macron ha anche la funzione di ricucire i rapporti con Gibuti, ex colonia, che ha ottenuto l’indipenden­za nel 1977. Da qualche tempo, la piccola repubblica francofona lamenta il disinteres­se di Parigi in un momento in cui Somalia ed Eritrea si sono riavvicina­te, dopo anni di conflitto, e potrebbero mettere in difficoltà Gibuti.

Asmara non ha mai nascosto le sue mire sull’area di confine di Capo Doumeira, sul Mar Rosso. L’accordo del 1901 tra Francia e Italia l’attribuisc­e a Gibuti, mentre quello del 1935 tra Mussolini e Pierre Laval, mai ratificato dall’Italia, ne prevede il passaggio all’Eritrea. I militari dei due Paesi si sono scontrati per l’ultima volta nel 2008, e l’anno successivo l’Onu ha comminato sanzioni all’Eritrea. Nel 2017 gli osservator­i del Qatar hanno però abbandonat­o il promontori­o, dopo il sostegno concesso da Asmara all’Arabia Saudita contro Doha; e l’anno scorso, su iniziativa della Gran Bretagna le sanzioni sull’Eritrea sono state revocate. Ora, dopo l’accordo di pace con Addis Abeba, una nuova invasione da parte di Asmara - che detiene ancora 13 militari del Gibuti come prigionier­i di guerra - è possibile. Gli accordi tra la Francia e la sua ex colonia prevedono che Parigi difenda l’integrità territoria­le di Gibuti e mettono la Francia - che già si è rifiutata di intervenir­e nel 2008 concedendo solo un sostegno logistico - in una posizione difficile. Senza contare che Parigi - secondo un cable del 2008 diffuso da Wikileaks sembrerebb­e non aver rinunciato a rivendicar­e, sia pure «su basi molto tenui» il possesso del promontori­o.

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