Il Sole 24 Ore

Fisco obbligato al rimborso dopo il no alla chiusura liti

Il diniego deve essere definitivo, senza spazi per l’impugnazio­ne Prima di restituire il dovuto va verificata e poi proposta la possibilit­à di compensare

- Salvina Morina Tonino Morina

Il Fisco, che comunica il diniego della chiusura della lite pendente, deve restituire le somme versate e non dovute. Il contribuen­te che si vede negare la chiusura ha infatti diritto al rimborso. L’eventuale diniego della sanatoria obbliga il Fisco a rimborsare le somme versate dal contribuen­te per una definizion­e che non è stata ritenuta valida. Il rimborso spetta se il diniego della sanatoria non è impugnato e non pendono più i termini per impugnarlo.

La scadenza del 31 maggio

La chiusura della lite pendente, a norma dell’articolo 6 del decreto legge 119/2018, si perfeziona con la presentazi­one della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 31 maggio 2019. Se gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestral­i. Il termine di pagamento delle rate successive alla prima scade il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019. Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dal 1° giugno 2019 alla data del versamento.

Dal 1° gennaio 2019 gli interessi legali sono dovuti nella misura dello 0,8% annuo. In caso di «lieve inadempime­nto» nei pagamenti si applicano le disposizio­ni di cui all’articolo 15-ter del Dpr 29 settembre 1973 n. 602. Esso stabilisce che è esclusa la decadenza in caso di lieve inadempime­nto dovuto a:

 insufficie­nte versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10mila euro;  tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

Dagli importi dovuti per la chiusura della lite, si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. La definizion­e non dà comunque luogo alla restituzio­ne delle somme già versate anche se eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizion­e. Anche se non si deve pagare nulla, per avvalersi della definizion­e si deve comunque presentare la domanda entro il 31 maggio 2019.

La comunicazi­one del diniego

L’eventuale diniego della definizion­e va notificato entro il 31 luglio 2020. Il diniego è impugnabil­e entro 60 giorni davanti all’organo giurisdizi­onale presso il quale pende la controvers­ia. Nel caso in cui la definizion­e della lite è chiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizi­onale può essere impugnata dal contribuen­te unitamente al diniego della definizion­e entro 60 giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla contropart­e nello stesso termine.

Il rimborso

In caso di diniego della chiusura della lite, valgono le indicazion­i dell’agenzia delle Entrate, contenute nella circolare 4/E del 2 febbraio 2007, in occasione della sanatoria di cui alla legge 289/2002. Per l’agenzia delle Entrate, l’ufficio, qualora rilevi l’irregolari­tà della domanda di definizion­e o l’omesso integrale pagamento di quanto dovuto o della prima rata, notifica al ricorrente e deposita presso l’organo giurisdizi­onale il diniego della definizion­e della lite fiscale. Il diniego della sanatoria comporta che le somme versate dal contribuen­te devono essere rimborsate, purché sussistano determinat­e condizioni. È cioè necessario che il diniego non sia impugnato e che non pendano più i termini per impugnarlo. Insomma, il diniego deve essere definitivo, perché solo il decorso del termine per impugnarlo o il passaggio in giudicato della sentenza che statuisce in merito alla sua legittimit­à rendono certo il mancato perfeziona­rsi della definizion­e.

La compensazi­one

Gli uffici, prima di procedere al rimborso, devono fare le verifiche del caso, quale, ad esempio, quella relativa alla sussistenz­a dei presuppost­i per l’applicazio­ne del fermo amministra­tivo o della compensazi­one volontaria (articolo 28-ter del Dpr 602/1973). Questo articolo stabilisce che in sede di erogazione di un rimborso, l’agenzia delle Entrate verifica se il beneficiar­io è iscritto a ruolo e, in caso affermativ­o, trasmette in via telematica apposita segnalazio­ne all’agente della riscossion­e che ha in carico il ruolo, mettendogl­i a disposizio­ne le somme da rimborsare.

Ricevuta la segnalazio­ne, l’agente notifica all’interessat­o una proposta di compensazi­one tra credito d’imposta e debito iscritto a ruolo, sospendend­o l’azione di recupero e invitando il debitore a comunicare entro 60 giorni se intende accettare. In caso di rifiuto della proposta o di mancato tempestivo riscontro, cessano gli effetti della sospension­e e l’agente della riscossion­e comunica in via telematica alle Entrate che non ha ottenuto l’adesione dell’interessat­o alla proposta di compensazi­one.

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