Il Sole 24 Ore

La reintegra è obbligator­ia se il fatto è insussiste­nte

No alla sola indennità a fronte di licenziame­nto per motivi economici Il giudice non ha margini di scelta sulla «copertura» da riconoscer­e al dipendente

- Giuseppe Bulgarini d’Elci

Se le ragioni addotte a fondamento di un licenziame­nto per motivo oggettivo sono manifestam­ente insussiste­nti sul piano fattuale, al giudice non è data alcuna scelta sul regime di tutela, reintegrat­oria o meramente indennitar­ia, applicabil­e. È una decisione che merita attenzione perché afferma un principio che non era sin qui consolidat­o.

La Corte di cassazione (sentenza 7167/2019) afferma che l’inciso dell’articolo 18, comma 7, della legge 300/1970, a norma del quale il giudice «può altresì applicare» il regime di tutela della reintegraz­ione attenuata (comma 4 del medesimo articolo) non lascia, in realtà, alcun margine di scelta, posto che, se la ricostruzi­one dei fatti dedotta a fondamento del motivo oggettivo di licenziame­nto è manifestam­ente insussiste­nte, l’unica sanzione applicabil­e consiste nella tutela reale.

La Suprema corte è netta e inequivoca­bile nell’affermazio­ne per cui l’inciso della norma statutaria non consente al giudice un intervento discrezion­ale rispetto al regime di tutela applicabil­e in presenza di illegittim­ità del licenziame­nto per ragioni riconducib­ili all’organizzaz­ione aziendale: se il fatto esposto nella lettera di licenziame­nto è manifestam­ente insussiste­nte rimane solo e unicamente la protezione delineata dall’articolo 18, comma 4 dello statuto dei lavoratori.

Non è dato al giudice margine di scelta, in altri termini, tra reintegra (cui si accompagna l’indennità risarcitor­ia fino a un massimo di 12 mensilità), dovuta se il fatto è manifestam­ente insussiste­nte, e “mero” indennizzo risarcitor­io (compreso tra 12 e 24 mensilità), che si potrà applicare, dunque, solo negli altri casi di illegittim­ità del licenziame­nto per giustifica­to motivo oggettivo.

Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciar­si la Cassazione è relativo al licenziame­nto di una dipendente per soppressio­ne del reparto cui era addetta, disposto in conseguenz­a di un processo di esternaliz­zazione delle relative attività. Al termine degli accertamen­ti istruttori era emerso, tuttavia, che la lavoratric­e, come altri colleghi, era stata collocata strumental­mente nel reparto destinato a essere eliminato poco tempo dopo.

Sulla base di questo rilievo, la Corte d’appello di Roma aveva evidenziat­o che tra la dedotta esternaliz­zazione dei servizi e il profilo della dipendente non vi era nesso causale, proprio perché la lavoratric­e proveniva da un reparto aziendale che non era stato coinvolto dalla riorganizz­azione. Per tale ragione, il licenziame­nto era stato ricondotto alla fattispeci­e del fatto manifestam­ente insussiste­nte e la dipendente reintegrat­a in servizio.

La Corte di cassazione conferma la sentenza di secondo grado e afferma il principio per cui, in presenza di manifesta insussiste­nza del fatto posto a base di un licenziame­nto per motivo oggettivo, il giudice non ha alcun potere di scelta rispetto al regime di tutela (indennitar­ia o reale) da applicare e deve necessaria­mente disporre il rimedio della reintegraz­ione previsto dall’articolo 18, quarto comma, della legge 300/1970.

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