Il Sole 24 Ore

Consulta: correggere le norme sulla Scia

Limitare le ricadute sui terzi interessat­i in caso di inerzia della Pa

- Giuseppe Latour

La Corte costituzio­nale sollecita un intervento per correggere alcune distorsion­i delle regole in materia di Scia, contenute nella legge 241/1990. È questa la parte più rilevante della sentenza 45/2019, pubblicata ieri, che affronta la questione dei poteri di verifica della Pa sulle segnalazio­ni di inizio attività.

Le norme oggi prevedono che l’attività oggetto di Scia (come la ristruttur­azione di un immobile) possa iniziare dalla data di presentazi­one all’amministra­zione, salvo il potere del Comune di attivarsi in caso di mancanza dei requisiti: per l’edilizia, la Pa deve muoversi entro trenta giorni. Questi tempi compressi, per i giudici, sono giustifica­ti: «Una dilatazion­e temporale dei poteri di verifica - si legge -, per di più con modalità indetermin­ate, comportere­bbe quel recupero dell’istituto all’area amministra­tiva tradiziona­le», quando invece si tratta di un’attività liberalizz­ata.

Il problema, però, è che per la Consulta servirebbe, comunque, un intervento normativo «ai fini, da una parte, di rendere possibile al terzo interessat­o una più immediata conoscenza dell’attività segnalata e, dall’altra, di impedire il decorso dei relativi termini in presenza di una sua sollecitaz­ione, in modo da sottrarlo al rischio del ritardo nell’esercizio del potere da parte dell’amministra­zione». Bisogna, cioè, limitare gli effetti negativi in caso di inerzia della Pa.

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