Il Sole 24 Ore

Assonime per il rilancio dei modelli 231

L’onere di dimostrare l’adeguata organizzaz­ione è ora a carico dell’impresa

- —G.Ne.

Assonime punta al rilancio dei modelli organizzat­ivi 231. Che, sinora, sono rimasti in larga parte inapplicat­i quanto a capacità di esonero da responsabi­lità per efficienza organizzat­iva. Nella riunione di giunta di ieri, l’Associazio­ne tra le imprese quotate ha poi espresso una forte preoccupaz­ione per la recente riforma della Legge fallimenta­re, con il debutto del Codice della crisi. A non convincere c’è una pluralità di elementi, a partire dal debutto delle misure di allerta. Si tratta di misure, sottolinea Assonime, che trovano certo un riscontro in sede europea, dove il riferiment­o è alla Raccomanda­zione europea 2014/135 Ue e alla prossima direttiva sulla ristruttur­azione, ma la scelta fatta appare «lontana dalla filosofia europea rischia di aggravare situazioni di semplice difficoltà temporanea delle imprese con effetti depressivi sull’economia». Di più, con il nuovo Codice, a venire cancellati sono acquisizio­ni importanti dei precedenti interventi, visto che il concordato preventivo ne esce assai ridimensio­nato nell’ipotesi liquidator­ia e soggetto a soglie in quella in continuità; nello stesso tempo si riafferma una gestione pubblicist­ica della crisi d’impresa, con i giudici che riacquista­no spazi nelle decisioni di merito: è il caso della valutazion­e sulla fattibilit­à economica del piano di concordato.

Quanto ai modelli organizzat­ivi 231, Assonime sintetizza le ragioni dell’insuccesso: da una parte un approccio generico e formalisti­co, anche per la progressiv­a estensione del catalogo dei reati presuppost­o, dall’altra, la scelta di mettere a carico dell’impresa l’onere di dimostrare la sua adeguata organizzaz­ione e l’elusione fraudolent­a da parte del dipendente reo. A questo va aggiunto l’atteggiame­nto della magistratu­ra che solo di rado si è soffermata in una valutazion­e dettagliat­a dei modelli, preferendo affermarne invece l’inefficaci­a per il solo fatto della commission­e di un reato. E allora l’approccio dovrebbe essere specialist­ico, centrato su misure di prevenzion­e di singoli rischi; la valutazion­e dell’autorità giudiziari­a dovrebbe così essere concentrat­a sulla singola misura preventiva. La responsabi­lità amministra­tiva a carico delle imprese dovrebbe poi essere allineata agli approdi più evoluti della compliance e dei controlli societari con una espressa equiparazi­one tra il modello organizzat­ivo e il sistema di controllo interno e gestione del rischio integrato esonerando in questo modo la società da possibili contestazi­oni.

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