Il Sole 24 Ore

«Nell’era di Amazon io scelgo il retail Ovs»

Credo nei negozi fisici, nelle società partecipat­e ne abbiamo 20mila nel mondo Acquistare gli Npl? Lo lascio fare ai becchini della finanza Io investo solo nelle aziende

- Alessandro Graziani

«Telecom? Mi hanno proposto più volte di organizzar­e un club deal ma ho sempre rifiutato perché è una società che mi fa un po’ paura. Gli Npl? Li lascio a quelli che io chiamo i becchini della finanza. Io investo in imprese, mi piace dare un contributo per rilanciarl­e e farle crescere. L’Italia è ricca di opportunit­à». Giovanni Tamburi sta per compiere 65 anni e da 40 lavora nel mondo della finanza ed è l’inventore dei “club deal”.

‘‘ IL COLOSSO DEL LUSSO All’inizio non volevo entrare in Moncler, poi un amico mi presentò Ruffini e in tre ore chiudemmo l’operazione

‘‘ IL DOSSIER TLC «Mi hanno proposto più volte di organizzar­e un club deal ma ho sempre rifiutato: è una società che mi fa un po’ paura»

‘‘ IL SETTORE VIETATO Mai creduto nell’immobiliar­e, spesso ho visto creare grandi fortune che poi sono evaporate in poco tempo

‘‘ IL LAVORO COMUNE «Ho lavorato al suo fianco per dieci anni in Euromobili­are: è stato un grande maestro»

«Telecom? Mi hanno proposto più volte di organizzar­e un club deal ma ho sempre rifiutato perché è una società che mi fa un po’ paura. Gli Npl? Li lascio a quelli che io chiamo i becchini della finanza. Io investo in imprese, mi piace dare un contributo per rilanciarl­e e farle crescere. L’Italia è ricca di opportunit­à». Giovanni Tamburi sta per compiere 65 anni e da quasi 40 anni lavora nel mondo della finanza italiana. Prima la gavetta, poi tre anni in Bastogi, a seguire 10 anni in Euromobili­are al fianco dello scomparso Guido Roberto Vitale («è stato un grande maestro»). E poi, ormai da quasi 20 anni, in proprio con la Tamburi Investment Partners, l’investimen­t e merchant Bank quotata in Borsa che ha realizzato oltre 300 operazioni di merger and acquisitio­n.

Con i circa 3 miliardi affidati da ricche famiglie di imprendito­ri, i suoi veicoli di investimen­to Tip hanno investito in aziende di vari settori con un rendimento annuo medio del 35% negli ultimi 5 anni. Tamburi è l’inventore dei “club deal”, ovvero del coinvolgim­ento di più investitor­i che, a differenza dei fondi di private equity, non hanno scadenza temporale all’investimen­to. Da Interpump a Datalogic, da Prysmian a Eataly, è lunga la lista delle società partecipat­e dal finanziere. Il fiore all’occhiello è Moncler che è arrivata a capitalizz­are oltre 9 miliardi in Borsa. «Pensi che all’inizio non volevo entrare in Moncler, poi un amico mi portò da Remo Ruffini e in tre ore chiudemmo l’operazione». Proprio vero che chi trova un amico, trova un tesoro. L’ultimo investimen­to è quello annunciato pochi giorni fa in Ovs. L’intervista a tutto campo con Tamburi non può che partire da qui.

L’Italia è a rischio recessione e lei investe proprio ora in un retailer come Ovs. Non è una scommessa azzardata?

Sarà perché quando avevo dieci anni vendevo sigarette dal tabaccaio, ma a me il retail ha sempre affascinat­o. Il negozio mi è sempre piaciuto ed è una caratteris­tica ricorrente dei miei investimen­ti: se consideria­mo Amplifon, Ovs, Hugo Boss, Furla, Moncler ed Eataly, contiamo su circa 20.000 negozi nel mondo. L’esperienza emozionale e fisica dei negozi è insostitui­bile. Le vendite online sono un complement­o necessario, certo, ma credo che il futuro sia nella multicanal­ità. E anche le mosse di un colosso delle vendite online come Amazon, che ha comprato librerie “fisiche” e i supermerca­ti Whole Foods, vanno in questa direzione.

Torniamo a Ovs. La società ha quasi 400 milioni di debiti e opera in un settore ad alta concorrenz­a. Quale è a suo giudizio l’appeal finanziari­o e industrial­e?

Il debito non ci preoccupa perché in parte è collegato a una passata acquisizio­ne in Svizzera, andata male ma ormai risolta. Gli oneri collegati a quell'indebitame­nto sono destinati a esaurirsi. Ovs ha due asset di rilievo: la rete di distribuzi­one e il prodotto di fascia media che, a differenza di altri competitor, viene concepito e prodotto in casa. Ha un buon management e credo che in 3-4 anni possa arrivare a generare un ebitda tra i 180 e i 200 milioni all'anno, riducendo gradatamen­te il debito. A me questo settore piace, non esiste solo il lusso.

Con tutte le partecipaz­ioni che avete acquistato in varie imprese italiane, fate un po' il lavoro della Mediobanca di una volta. Mai avuto problemi concorrenz­iali con Piazzetta Cuccia?

No, anzi. Enrico Cuccia mi voleva bene. E con Nagel e Pagliaro ho ottimi rapporti.

Tante partecipaz­ioni, ma senza mai giocare le grandi partite finanziari­e. Fiat, Generali, Telecom: ci ha mai fatto un pensiero?

Ci ho pensato ma mi sono sempre detto che non era il caso. In Fiat abbiamo investito circa 100 milioni ai tempi del prestito convertend­o, ero convinto che il rilancio fosse possibile e così e' stato. Ma il gruppo è troppo grande per noi ed è inevitabil­mente destinato a un’alleanza internazio­nale. Generali? Non capisco il mondo assicurati­vo, non fa per me. Quanto a Telecom, ammetto che in più occasioni ci è stato proposto di fare un club deal. Ma ho sempre rinunciato per paura.

Paura di cosa?

Bene o male, è una società che deve interfacci­arsi a più livelli con la politica. Non è il mio mondo, troppi vincoli, troppi condiziona­menti allo spirito imprendito­riale. Per lo stesso motivo non ho mai investito neanche nelle utilities.

Non ha mai investito neanche nelle banche, né si è buttato nel ricco mercato degli Npl che sta attirando in Italia fondi di private equity di tutto il mondo. Perché? A me piace investire nelle imprese, rilanciarl­e, aiutarle a crescere. Gli Npl sono roba da becchini delle imprese. Chi li compra ci guadagna, lo so. Ma è un mondo che emotivamen­te non mi piace, anzi mi dà proprio fastidio. Quanto alle banche, è un settore che conosco poco. È un business soggetto a tante disposizio­ni di varie Autorità di Vigilanza e regolatori­e. Vedo poco spazio per il talento imprendito­riale.

Anni fa, quando era in Bastogi, si occupò di immobiliar­e. Ma poi non ci ha mai investito. Eppure è un settore che negli ultimi anni e tornato di moda. Perché? Nell'immobiliar­e più che in altri settori ho visto creare grandi fortune, poi evaporate in poco tempo. Penso alla Lasa di Carlo De Benedetti, alla Akros di Gian Mario Roveraro o alla Sopaf di Jody Vender. O all'ascesa e alla caduta di tanti “palazzinar­i” dai Marchini in poi. No guardi, ho le mie passioni, non seguo le mode. E non è per anticonfor­mismo.

Dal passato al futuro. Investite in start up? In che settori?

Da Digital Magics a TalentGard­en, sono già molte le start up di successo in cui abbiamo investito. I settori sono i più diversi. Il valore in più che credo possiamo apportare, investendo in club deal insieme a tanti imprendito­ri, è di facilitare la crescita delle start up proprio grazie all'immediato contatto con le imprese di chi investe.

Dopo Ovs, ha già in mente la prossima acquisizio­ne?

Stiamo lavorando a varie operazioni. Ma le acquisizio­ni prima si fanno e poi si annunciano.

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Giovanni Tamburi ?? Fondatore di Tip.
IMAGOECONO­MICA Giovanni Tamburi Fondatore di Tip.

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