Italia-Cina
Task force interministeriale per controllare l’applicazione dell’intesa
Il governo rafforzerà il golden power «5G fuori dalle intese»
È ancora coperto da grande riserbo l’elenco completo dei 50 accordi (29 accordi istituzionali e tra ministeri e 21 tra aziende private o partecipate) che verranno firmati il 22 e 23 marzo a Roma durante la visita del presidente cinese Xi Jinping a corollario del Memorandum of Understanding tra le autorità italiane e cinesi sulla Bri, Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta. In molti casi si tratterà di rinnovare vecchie intese o ampliarne la portata ma vi sono anche numerosi accordi nuovi come quelli che riguardano i porti di Trieste e di Genova, Fincantieri, Ferrovie Cdp, Terna, Eni, Snam, Italgas, Unicredit e Intesa San Paolo.
Qualcosa comincia tuttavia a trapelare, soprattutto sugli accordi di tipo finanziario. Del resto tutto l’impianto della BRI si regge su un’architettura finanziaria della AIIB (Asian Infrastructure Investment Bank) banca con un capitale di 100 miliardi di dollari di cui molti Paesi europei hanno sottoscritto quote di partecipazione. L’Italia ne ha sottoscritte per 2,5 miliardi di dollari ma la Germania detiene quote per 4,4 miliardi di dollari, la Francia per 3,3 miliardi e il Regno Unito per 3 miliardi.
Tra gli accordi nuovi la Cassa depositi e prestiti dovrebbe firmare insieme alla Snam un accordo con Silk Road Fund sulla cooperazione per investimenti in Cina e nei Paesi di transito della Bri. Unicredit firmerà un accordo con una banca cinese per entrare nel mercato cinese nel private equity mentre Intesa San Paolo è interessata alla gestione di patrimoni. L’Eni dovrebbe firmare con la Bank of China un’intesa di cooperazione finanziaria per esplorazioni in Cina, Italgas per lo sviluppo di reti gas con società di stato cinese mentre la stessa Bank of China dovrebbe rinnovare con Enel la vecchia linea di credito firmata nel 2014.
La stessa Bank of China potrebbe finalizzare con Cdp l’utilizzo dei cosiddetti Panda bonds per cofinanziare quelle imprese italiane che decidono di investire in Cina anche fuori dai progetti Bri. Accordi sono previsti anche nel settore dei porti (Trieste e Genova) delle infrastrutture e dell’energia (Terna). La stessa visita del presidente Xi a Palermo, presentata come cortese omaggio alla città natale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (in restituzione alla sosta di Matterella a Xian città natale di Xi) avrebbe anche un significato strettamente economico per verificare la fattibilità di un progetto ambizioso: fare di Palermo il primo porto hub in Europa, con 16 milioni di container movimentati all’anno e investimenti da 5 miliardi di euro.
Di sicuro le tlc non saranno per ora oggetto di accordi tra Italia e Cina. Su questo il premier, Giuseppe Conte, si è sentito di rassicurare ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella messo in allarme dai timori americani sulla sperimentazione del 5G in Italia e dalle minacce di Washington. Anche per venire incontro a questi timori (che sono gli stessi ribaditi anche dalla Lega) Conte potrebbe incontrare domani a Palazzo Chigi i ministri degli Esteri, Enzo Moavero, dell’Interno Matteo Salvini, del Mise Luigi Di Maio e delle infrastrutture Danilo Toninelli.
L’obiettivo è quello di creare una task force interministeriale per monitorare l’implementazione del Memorandum. Del resto come ha segnalato il vicepresidente del Copasir (commissione di vigilanza sui servizi di informazione) e senatore di Fratelli d’Italia, Adolfo Urso «per i cinesi la Bri è un grande progetto strategico di postura geopolitica deciso dal partito e inserito nella loro costituzione; non possiamo liquidare la vicenda come un fatti che riguarda solo bilancia commerciale e investimenti».