Investimenti e crescita: anche per il 2019 Bergamo resta ottimista
«Qui non ci stiamo più e il raddoppio degli spazi è necessario: l’alternativa è quella di perdere ordini». Per Matteo Assolari, direttore operations di Losma, il 2019 si annuncia ancora positivo. Dopo il balzo dei ricavi (+25%) dello scorso anno, il gruppo di componentistica per macchinari conferma un budget ancora in crescita del 9%, vede ordini in progresso, procede con la costruzione di un nuovo capannone. Scelta non banale, per una Pmi che in un solo colpo decide di investire il 40% dei propri ricavi. Tra le aziende di Bergamo non si tratta comunque di un’esperienza isolata. Perché sondando gli umori di altre realtà industriali del territorio le risposte sono in effetti simili: quasi sei imprese su dieci prevedono ricavi 2019 in aumento rispetto allo scorso anno, otto su dieci prevedono di investire. L’indagine realizzata da Confindustria Bergamo tra 100 imprese associate offre su più aspetti un quadro di moderato ottimismo, caratterizzato da una buona propensione ad investire, da limitate tensioni sul lato del credito, da una visione mediamente serena anche sul trend prospettico dei tassi di interesse.Dati interessanti perché ottenuti da un campione variegato in termini dimensionali, con il 47% del campione rappresentato da Pmi con meno di 10 milioni di ricavi. Una prima e fondamentale “spia” dello stato di salute delle imprese è nella propensione ad investire, prima vittima di ogni fase di rallentamento del ciclo.
Frenata che a Bergamo ancora non pare manifestarsi, almeno a giudicare dalle intenzioni degli imprenditori: otto su dieci prevedono nuovi investimenti nel corso del 2019, volontà trasversale, indipendente dalle dimensioni aziendali. Chi resta alla finestra (il 19,5%), lo fa in parte per l’incertezza economica, più spesso perché in possesso di una capacità produttiva adeguata, solo in misura marginale (12,5%) per difficoltà nel reperimento dei fondi. Valutazioni confermate del resto dell’analisi dello stato dei rapporti con le banche, comunque facilitati dalla presenza nel campione di numerose realtà in possesso di buoni rating. Negli ultimi sei mesi quasi sette aziende su dieci hanno infatti chiesto nuovi finanziamenti agli istituti di credito, ottenendo solo nel 3% dei casi un diniego. Esigenze di liquidità e gestione del circolante spiegano parte delle richieste, anche se la fetta maggiore (56,7%) è legata a nuovi investimenti. Come è il caso di Planetel (servizi di tlc), che dopo il +15% nei ricavi 2018 punta ora ad una crescita ancora superiore e per alimentarla investe quattro milioni nel cablaggio in fibra ottica del territorio.
«Problemi particolari nei finanziamenti non ne abbiamo - spiega l’ad di Planetel Bruno Pianetti - anche perché reinvestendo gli utili in azienda dimostriamo alle banche di essere convinti in prima persona di ciò che facciamo. La domanda di connettività da parte delle aziende cresce ed è un’opportunità che stiamo capitalizzando». Se è vero che in tre casi su dieci le imprese hanno sperimentato un aumento degli spread, in prospettiva solo un’impresa su cinque è abbastanza/molto preoccupata per nuovi incrementi del costo del denaro. Tema che non turba ad esempio Vladimiro Bergamini, presidente di Diapath (attrezzature e reagenti per diagnostica istologica», che si appresta ad investire quattro milioni per raddoppiare gli spazi produttivi. «Dopo un 2018 positivo - spiega - cresciamo anche ora del 10% e continuiamo ad assumere. Le banche ci corteggiano e i tassi sono veramente buoni, credo che almeno in parte finanzieremo l’investimento con un prestito». Anche se il mood complessivo è improntato ad un moderato ottimismo, le preoccupazioni per il futuro non mancano: ai primi posti l’insufficiente crescita del mercato interno, l’instabilità politica italiana e il rallentamento dell’export. «Le aziende - spiega Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo - stanno raccogliendo i frutti degli sforzi fatti in termini di innovazione e internazionalizzazione, realizzati anche grazie ai servizi dell’associazione. Certo, oggi la situazione è oggettivamente più difficile rispetto ad un anno fa e ciò che più preoccupa è che in questo momento complesso l’attenzione del Governo è rivolta altrove: le imprese si sentono lasciate sole».