Farmaci oncologici business del futuro per Menarini
Chiuso il 2018 con 3.660 milioni di ricavi. Nel 2023 il primo antitumorale
Lucia Aleotti, amministratore e azionista di controllo di Menarini, le chiama “negatività” e - anche se vorrebbe scacciarle in un sol colpo - sa che dovrà imparare a conviverci: sono gli effetti dei tassi di cambio, soprattutto in Russia e in Turchia, che hanno pesato per 120 milioni sui conti 2018 del gruppo fiorentino; e sono anche le scadenze di brevetti strategici, che hanno drenato quasi 60 milioni di ricavi. Nonostante questo, il bilancio consolidato di Menarini – la più grande azienda farmaceutica a capitale italiano, con 16 stabilimenti produttivi nel mondo, sette centri di ricerca e un export del 75% in 136 Paesi – chiude l’anno con un fatturato consolidato di 3.660 milioni, in crescita dell’1,6% (+5% a cambi costanti), trainato dall’area Asia-Pacific. L’impatto sulla redditività si fa sentire, col margine operativo lordo (ebitda) che scende da 530 a 400 milioni di euro. Continuano a crescere invece le assunzioni, salite l’anno scorso di 600 unità nel mondo (superando i 17.600 dipendenti).
Quest’anno la multinazionale della famiglia Aleotti ha davanti altre scadenze brevettuali importanti: «Ma confidiamo di riuscire ad annullare anche questi effetti negativi, insieme con quelli dei tassi di cambio - ha spiegato Lucia Aleotti presentando i risultati - e di continuare a crescere con l’obiettivo confermato di raggiungere i 4 miliardi di ricavi entro il 2020. A livello di mercati puntiamo in particolare sull’Asia, Cina in testa, e sul Centro America, mentre per quanto riguarda le aree di sviluppo il focus è sull’oncologia intesa sia come farmaci per i tumori che come diagnostica personalizzata».
L’area oncologica è considerato il business del futuro: «Entro il 2022-inizio 2023 avremo il primo farmaco antitumorale, frutto di un accordo col gruppo svizzero Helsinn - ha aggiunto il presidente di Menarini, Eric Cornut, arrivato un anno fa e alla sua prima uscita pubblica -. La sfida sarà far coesistere il nostro modello tradizionale con prodotti mirati, e dunque con un mercato che sta cambiando, che diventa sempre più esigente e che vede concentrazioni di farmacie, ospedali, medici». «La scommessa cinese è fondamentale - ha aggiunto Cornut - ma lo è anche quella negli Stati Uniti, cui dobbiamo guardare con attenzione». Sia a Oriente che a Occidente, Menarini sta dunque valutando acquisizioni. Senza farsi distrarre dal memorandum con la Cina per la nuova “Via della Seta” che il Governo italiano si appresta a firmare: «In Cina siamo andati da soli e continueremo a farlo», afferma Aleotti.
Nel frattempo il gruppo accelera sulla ricerca, con la sperimentazione di tre farmaci per la leucemia mieloide acuta e di uno per i tumori solidi che avrà tempi lunghi, e investe sulle tecnologie innovative per produrre vaccini a Rapolano Terme (Siena), dove tra pochi mesi inaugurerà una fabbrica-centro di sviluppo: se la tecnologia, frutto della joint venture Vaxynethic, funzionerà, Menarini debutterà nella produzione di vaccini per meningococco e pneumococco.