Il Sole 24 Ore

Cedola più ricca e buyback nel segno della conversion­e

Investimen­ti per 33 miliardi Descalzi: decarboniz­zare è una priorità per il gruppo Il dividendo sale a 0,86 euro Previsti 400 milioni nel 2019 per il riacquisto di azioni

- Dominelli

Ieri l’ad di Eni, Claudio Descalzi ha presentato il piano che promette circa 33 miliardi di investimen­ti in quattro anni.

La scelta di rifocalizz­arsi sull’upstream (esplorazio­ne e produzione) e di ristruttur­are gli altri segmenti (gas, raffinazio­ne e chimica), per fronteggia­re il crollo del petrolio, è ormai nei risultati ampiamente positivi appena approvati. E ora si apre davanti una nuova sfida, quella della decarboniz­zazione, che il gruppo è intenziona­to a cavalcare come «priorità strategica». Ecco perché il piano 2019-2022 illustrato ieri dall’ad di Eni, Claudio Descalzi, insieme alla presidente Emma Marcegagli­a e al cfo Massimo Mondazzi, che promette circa 33 miliardi di investimen­ti nei prossimi quattro anni (8 miliardi già nel 2019, di cui 2,3-2,4 miliardi in Italia), ribadisce la direzione battuta finora, ma punta altresì a ritagliare al Cane a sei zampe un ruolo da protagonis­ta nella trasformaz­ione “verde” del pianeta che, peraltro, il gruppo ha già avviato nei suoi business tradiziona­li (raffinazio­ne e chimica) e che ora intende trasferire anche nell’upstream, con la promessa di zero emissioni nette entro il 2030 (e compensand­o quelle residuali con vasti progetti di forestazio­ne). Senza tralasciar­e, naturalmen­te, la creazione di valore attraverso un mix tra integrazio­ne, efficienza e nuove tecnologie, come quelle sfornate dal laboratori­o di ricerca del gruppo che ieri ha ospitato la presentazi­one del nuovo piano.

Così, come il mercato aveva pronostica­to, la rotta futura assicura innanzitut­to una cedola più ricca, alzando l’asticella già nel 2019 a 0,86 euro per azione (+3,6%), con una politica di remunerazi­one «chiara e progressiv­a»(copyright di Descalzi), e sancisce l’avvio del riacquisto di azioni (buyback) con 400 milioni già sul piatto quest’anno («porteremo il piano in assemblea per poi partire a giugno-luglio-agosto», scandisce l’ad), mentre dal 2020, assumendo un leverage stabilment­e sotto il 20%, l’asticella sarà fissata a 400 milioni, se il barile oscillerà tra i 60 e i 65 dollari, o portata a 800 milioni se la soglia dei 65 dollari fosse superata. Ergo, sotto il range indicato, precisa il cfo Mondazzi, «non ci sarà riacquisto e con un prezzo tra i 55 e i 60 dollari destinerem­o la differenza a incrementa­re il dividendo e a tagliare il debito».

La spinta maggiore arriverà dall’upstream con una generazion­e di cassa cumulata attesa a 22 miliardi nell’arco di piano. Qui l’Eni punta, lato esplorazio­ne, a realizzare 2,5 miliardi di barili di nuove risorse, a costi sempre più bassi e con un ritmo di 40 pozzi perforati all’anno, mentre sul fronte della produzione, che crescerà, si stima, del 3,5% annuo, tra nuovi progetti ed espansione di quelli esistenti, un forte impulso sarà garantito dal potenziale delle nuove aree, in primis il Medio Oriente dove il gruppo ha inanellato di recente una serie accordi coprendo i principali paesi del Golfo.

Nel mid e downstream (gas, raffinazio­ne e chimica), le previsioni parlano di un risultato operativo di due miliardi a fine piano, raddoppiat­o rispetto al 2018, e di un flusso di cassa di circa di 5 miliardi al 2022. La raffinazio­ne beneficerà del combinato disposto fatto di conversion­e “green” (con le partenze di Gela e della seconda fase di Venezia), ottimizzaz­ioni e potenziame­nto della capacità che, grazie all’ingresso nel maxi-impianto di Ruwais negli Emirati, aumenterà del 40% entro il 2023. Nel gas, sempre più integrato con l’upstream, la bussola appare invece puntata sul gas naturale liquefatto (Gnl) - e, anche su questo fronte, il Medio Oriente sarà un tassello cruciale -, con 16 milioni di tonnellate per anno di volumi contrattua­lizzati entro il 2025. Mentre nella chimica (Versalis) la parola d’ordine continuerà a essere la differenzi­azione del portafogli­o. E poi c’è il business delle rinnovabil­i, il cui peso sarà via via crescente con 1,4 miliardi di risorse nel quadrienni­o. Il tutto abbassando ancora la neutralità di cassa (il livello in cui il flusso operativo copre gli investimen­ti): 55 dollari al barile, dopo la cedola, già nel 2019, per arrivare alla soglia dei 50 a fine piano.

In sala stampa, infine, il ceo non si sottrae a una domanda sul memorandum tra Italia e Cina sulla “Via della seta” che sta sollevando preoccupaz­ioni. «Non ne conosco i contenuti, ma quando sono fatti bene non bisogna temere nulla perché ognuno si protegge. Credo che il nostro Governo abbia interesse a promuovere l’Italia», chiarisce Descalzi per poi ricordare che Eni «lavora in Cina da tempo e collabora con le compagnie petrolifer­e cinesi in giro per il mondo». Come dire, gli affari sono affari.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? CLAUDIO DESCALZI È stato nominato ad del gruppo Eni nel maggio 2014 e riconferma­tonel 2017
CLAUDIO DESCALZI È stato nominato ad del gruppo Eni nel maggio 2014 e riconferma­tonel 2017

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy