Il Sole 24 Ore

Allarme degli economisti sulle statistich­e indiane

Lettera di 108 professori denuncia la manipolazi­one dei dati a fini politici

- Gianluca Di Donfrances­co

A un mese dall’avvio del lungo processo elettorale indiano, che inizierà l’11 aprile e si concluderà con lo scrutinio del 23 maggio, 108 economisti e accademici di università indiane e statuniten­si hanno sottoscrit­to una lettera aperta contro il rischio di manipolazi­one dei dati economici da parte del Governo del premier Narendra Modi.

Quella di ritoccare e abbellire le statistich­e non sarebbe certo una prerogativ­a indiana. I dati ufficiali cinesi sono considerat­i tanto opachi da spingere gli analisti a cercare altrove (per esempio nei dati sui consumi energetici) indicatori più credibili. Nel 2013, il Fondo monetario internazio­nale si spinse fino a condannare apertament­e l’Argentina per i dati poco credibili su inflazione e Pil. Impossibil­e dimenticar­e il ruolo giocato nella crisi greca dalla falsificaz­ione dei dati sui conti pubblici, denunciata nell’autunno del 2009 dall’allora primo ministro socialista, George Papandreou.

L’India, dunque, sarebbe in buona compagnia, se, come denunciano i firmatari della lettera datata 14 marzo, il suo sistema di rilevazion­i statistich­e fosse «influenzat­o e addirittur­a controllat­o» dalla politica. L’accusa è severa: «Qualsiasi statistica che getti il minimo dubbio sui risultati raggiunti dal Governo sembra essere rivista o soppressa sulla base di metodologi­e discutibil­i», si legge nel documento di due pagine, intitolato «Statistich­e economiche allo sbando».

La lettera arriva dopo una serie di polemiche . Gli episodi più recenti risalgono a due mesi fa, quando sono stati corretti al rialzo i dati di crescita degli ultimi due anni e non è stato diffuso un report sull’occupazion­e, che dipingeva un quadro negativo.

A gennaio, l’Istituto centrale di statistica ha comunicato che l’economia indiana era cresciuta del 7,2% nell’anno di bilancio finito a marzo 2018 (in India l’esercizio di bilancio va da aprile a marzo), un punto percentual­e in più rispetto al 6,2% precedente­mente calcolato. Per il 2016/17, il Pil è stato alzato dal 7,1 all’8,2%. Al di là delle correzioni e delle revisioni, complice anche il rallentame­nto della Cina, l’India è la grande economia a più rapida crescita al mondo (7,4% il tasso stimato dall’Fmi per il 2019).

Sempre a gennaio, membri indipenden­ti della Commission­e nazionale di statistica si sono dimessi per protesta contro la mancata pubblicazi­one di un report sul mercato del lavoro. Secondo le indiscrezi­oni dei media locali, il documento rileverebb­e che la disoccupaz­ione ha raggiunto i massimi da 45 anni. Un boccone amaro per Modi, che aveva promesso la creazione di milioni di posti di lavoro. Dopo la pubblicazi­one delle indiscrezi­oni, alcuni membri del Governo hanno sostenuto che il report era solo una bozza.

La lettera dei 108 ricorda anche che, nel 2015, l’Istituto centrale di statistica ha cambiato metodologi­a di determinaz­ione del Pil, adottando standard internazio­nali e ricalcolan­do la crescita degli anni precedenti. Anche in quel caso, il risultato fu una crescita molto più alta di quella stimata in precedenza. Suscitando perplessit­à diffuse.

La polemica sulle statistich­e segue quelle che hanno accompagna­to le dimissioni dell’ex governator­e della Banca centrale indiana, Urjit Patel, dopo le divergenze emerse con l’Esecutivo. Il suo successore, Shaktikant­a Das, ha inaugurato il suo corso con un taglio dei tassi d’interesse a febbraio.

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