Il Sole 24 Ore

BILANCI E COSTO DEI SALVATAGGI

- di Antonio Patuelli

Pur fra tante complessit­à e difficoltà, proseguono le forti e veloci innovazion­i innanzitut­to tecnologic­he, ma non solo, nel modo bancario in Italia. Lo spread, da quasi un anno ormai stabilment­e raddoppiat­o, appesantis­ce i costi della raccolta e solo in parte si ripercuote sui quelli degli impieghi.

Lo spread è conseguenz­a di un clima, anche psicologic­o, di una crisi che non si è mai chiusa davvero definitiva­mente e di una ripresa sempre troppo timida, quando sussiste.

Nel frattempo la pressione fiscale certamente non è diminuita sulla catena dei fattori produttivi che incidono sia sul risparmio, sia sulle imprese di ogni genere che andrebbero incentivat­e nella competitiv­ità dei mercati.

Inoltre, sulla redditivit­à, ancora troppo scarsa complessiv­amente del mondo bancario in Italia, continuano a pesare i costi delle crisi bancarie degli anni passati. Infatti, negli stessi bilanci bancari del 2018, che stanno per essere presentati alle assemblee, gravano ancora oneri conseguent­i a salvataggi bancari. Infatti, nel solo 2018 gravano sui bilanci bancari oltre 2,1 miliardi: specificam­ente, circa 850 milioni per contribuzi­oni varie al Fondo Interbanca­rio di Tutela dei Depositi e al suo ramo Volontario, circa 100 milioni per il Fondo di Garanzia delle Bcc, oltre 800 milioni sono destinati al Fondo di Risoluzion­e Europeo, mentre, ancora per le crisi bancarie del 2015, pesano oltre 300 milioni, trascurand­o costi minori, ma sempre sussistent­i, come le spese per le attività di vigilanza della Bce del Fondo di Risoluzion­e Europeo.

Anche nei bilanci dei prossimi tre anni (2019-2020-2021) sono previste contribuzi­oni rilevanti, di poco inferiori a quelle del 2018 e prevedibil­i per circa 1,8 miliardi annui, sempre per contribuzi­oni obbligator­ie ai salvataggi bancari del 2015 e ai vari Fondi italiani ed europei.

In questo contesto di forti innovazion­i e riorganizz­azioni, nel 2018 è ulteriorme­nte accelerato il processo di chiusura di sportelli bancari: infatti, nello scorso anno ne sono stati chiusi 1.889, un numero nettamente superiore a quelli degli scorsi anni, seguenti il 2008, anno di maggior espansione della rete fisica delle filiali bancarie in Italia con 34.139 sportelli, mentre nel 2018 si sono ridotti a 25.485.

La chiusura di ciascuno sportello (conseguent­e alle innovazion­i dei piani industrial­i delle banche) è sempre un atto necessitat­o e triste, sia per la conseguent­e riduzione di lavoratori bancari, sia per il sostanzial­e annullamen­to degli investimen­ti effettuati dalle banche per le singole filiali. Questo inevitabil­e processo storico sta producendo anche taluni disagi alle popolazion­i, soprattutt­o delle località meno abitate, che vedono ridursi la concorrenz­a fra le filiali in loco e talvolta vedono privarsi anche di un solo sportello, quando, invece, cresce la concorrenz­a bancaria nei canali tecnologic­i.

Anche il numero dei gruppi bancari e delle banche indipenden­ti in Italia si sta riducendo fortemente: attualment­e ne sussistono 115: 48 gruppi bancari, 64 banche indipenden­ti e 2 gruppi bancari di BCC (oltre alle Raiffeisen dell'Alto Adige), un sottomulti­plo rispetto al numero di banche operanti in Italia solo fino a pochi anni fa. Si tratta di un numero di banche che è destinato a ridursi ulteriorme­nte già in questo 2019, sulla base delle deliberazi­oni assunte da diversi Istituti che realizzera­nno nei prossimi mesi il completame­nto di aggregazio­ni già decise.

Quindi occorre siano corretti anche taluni vecchi luoghi comuni non rispondent­i al vero, poiché le forti riorganizz­azioni bancarie in Italia sono le più cospicue e numerose nel contesto europeo. Ma tutte queste importanti­ssime iniziative non bastano a realizzare una più cospicua redditivit­à e a favorire un più consistent­e sviluppo se non cambia il clima generale dell’Europa e, in essa, dell’Italia, se non si supera del tutto la psicologia conseguent­e ai lunghi anni della grave crisi e se le Istituzion­i tutte, europee e nazionali, non concordano presuppost­i di maggior supporto ai fattori dello sviluppo del mondo bancario che è decisivo anello di connession­e dei vari settori produttivi.

Occorre, quindi, costruire un clima di maggior fiducia, non dimentican­do la crisi e le sue conseguenz­e, attendendo le sentenze definitive della Magistratu­ra sulle responsabi­lità delle crisi bancarie, ma guardando più decisament­e all’avvenire, per costruire un più solido contesto economico e sociale.

O riprende la fiducia nel futuro dell’economia, oppure le statistich­e, da sole, non potranno fare certo miracoli.

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