BILANCI E COSTO DEI SALVATAGGI
Pur fra tante complessità e difficoltà, proseguono le forti e veloci innovazioni innanzitutto tecnologiche, ma non solo, nel modo bancario in Italia. Lo spread, da quasi un anno ormai stabilmente raddoppiato, appesantisce i costi della raccolta e solo in parte si ripercuote sui quelli degli impieghi.
Lo spread è conseguenza di un clima, anche psicologico, di una crisi che non si è mai chiusa davvero definitivamente e di una ripresa sempre troppo timida, quando sussiste.
Nel frattempo la pressione fiscale certamente non è diminuita sulla catena dei fattori produttivi che incidono sia sul risparmio, sia sulle imprese di ogni genere che andrebbero incentivate nella competitività dei mercati.
Inoltre, sulla redditività, ancora troppo scarsa complessivamente del mondo bancario in Italia, continuano a pesare i costi delle crisi bancarie degli anni passati. Infatti, negli stessi bilanci bancari del 2018, che stanno per essere presentati alle assemblee, gravano ancora oneri conseguenti a salvataggi bancari. Infatti, nel solo 2018 gravano sui bilanci bancari oltre 2,1 miliardi: specificamente, circa 850 milioni per contribuzioni varie al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e al suo ramo Volontario, circa 100 milioni per il Fondo di Garanzia delle Bcc, oltre 800 milioni sono destinati al Fondo di Risoluzione Europeo, mentre, ancora per le crisi bancarie del 2015, pesano oltre 300 milioni, trascurando costi minori, ma sempre sussistenti, come le spese per le attività di vigilanza della Bce del Fondo di Risoluzione Europeo.
Anche nei bilanci dei prossimi tre anni (2019-2020-2021) sono previste contribuzioni rilevanti, di poco inferiori a quelle del 2018 e prevedibili per circa 1,8 miliardi annui, sempre per contribuzioni obbligatorie ai salvataggi bancari del 2015 e ai vari Fondi italiani ed europei.
In questo contesto di forti innovazioni e riorganizzazioni, nel 2018 è ulteriormente accelerato il processo di chiusura di sportelli bancari: infatti, nello scorso anno ne sono stati chiusi 1.889, un numero nettamente superiore a quelli degli scorsi anni, seguenti il 2008, anno di maggior espansione della rete fisica delle filiali bancarie in Italia con 34.139 sportelli, mentre nel 2018 si sono ridotti a 25.485.
La chiusura di ciascuno sportello (conseguente alle innovazioni dei piani industriali delle banche) è sempre un atto necessitato e triste, sia per la conseguente riduzione di lavoratori bancari, sia per il sostanziale annullamento degli investimenti effettuati dalle banche per le singole filiali. Questo inevitabile processo storico sta producendo anche taluni disagi alle popolazioni, soprattutto delle località meno abitate, che vedono ridursi la concorrenza fra le filiali in loco e talvolta vedono privarsi anche di un solo sportello, quando, invece, cresce la concorrenza bancaria nei canali tecnologici.
Anche il numero dei gruppi bancari e delle banche indipendenti in Italia si sta riducendo fortemente: attualmente ne sussistono 115: 48 gruppi bancari, 64 banche indipendenti e 2 gruppi bancari di BCC (oltre alle Raiffeisen dell'Alto Adige), un sottomultiplo rispetto al numero di banche operanti in Italia solo fino a pochi anni fa. Si tratta di un numero di banche che è destinato a ridursi ulteriormente già in questo 2019, sulla base delle deliberazioni assunte da diversi Istituti che realizzeranno nei prossimi mesi il completamento di aggregazioni già decise.
Quindi occorre siano corretti anche taluni vecchi luoghi comuni non rispondenti al vero, poiché le forti riorganizzazioni bancarie in Italia sono le più cospicue e numerose nel contesto europeo. Ma tutte queste importantissime iniziative non bastano a realizzare una più cospicua redditività e a favorire un più consistente sviluppo se non cambia il clima generale dell’Europa e, in essa, dell’Italia, se non si supera del tutto la psicologia conseguente ai lunghi anni della grave crisi e se le Istituzioni tutte, europee e nazionali, non concordano presupposti di maggior supporto ai fattori dello sviluppo del mondo bancario che è decisivo anello di connessione dei vari settori produttivi.
Occorre, quindi, costruire un clima di maggior fiducia, non dimenticando la crisi e le sue conseguenze, attendendo le sentenze definitive della Magistratura sulle responsabilità delle crisi bancarie, ma guardando più decisamente all’avvenire, per costruire un più solido contesto economico e sociale.
O riprende la fiducia nel futuro dell’economia, oppure le statistiche, da sole, non potranno fare certo miracoli.