Il Sole 24 Ore

Aste immobiliar­i a rischio boomerang

Più tutele a chi occupa una casa espropriat­a causano un deprezzame­nto del 20%

- Cellino e Longo

In Basilicata per vendere all’asta un immobile pignorato servono in media 1.837 giorni. Cioè più di cinque anni. In Sardegna ne servono 1.735, in Sicilia 1.721, in Molise 1.700. Va meglio al Nord, ma solo la Valle d'Aosta con circa 2 anni si allinea alla media europea. E gli ultimi interventi normativi e delle Autorità, pur con l’obiettivo di aiutare le famiglie debitrici, rischiano di creare alcuni effetti boomerang: più tutele a chi occupa una casa espropriat­a potrebbero portare a un deprezzame­nto del 20% del valore dell’immobile. Mentre le Reoco, cioè quei veicoli che gestiscono gli immobili registrati a garanzia dei crediti, non godranno di benefici fiscali e saranno assoggetta­te a Ires e Irap.

In Basilicata per vendere all'asta un immobile pignorato servono in media 1.837 giorni. Cioè più di cinque anni. Meglio rispetto ai 2.822 che erano necessari nel 2017, ma ancora troppi. In Sardegna ne servono 1.735, in Sicilia 1.721, in Molise 1.700. In tutti questi casi i tempi sono calati nel 2018 rispetto al 2017, ma non abbastanza. Va meglio al Nord, ma solo la Valle d'Aosta con circa 2 anni si allinea alla media europea. Tutte le altre Regioni sono ampiamente sopra. Sarebbe superficia­le considerar­e questi numeri - calcolati per Il Sole 24 Ore da Paolo Sgritta, a.d di Sistemia - come un problema che riguarda solo le banche che devono recuperare i crediti in sofferenza o venderli al miglior prezzo possibile. La lentezza dei Tribunali e delle aste immobiliar­i è infatti un boomerang per tutti. Anche per le famiglie che hanno il mutuo in sofferenza: non tutti sanno che se l'immobile viene venduto in asta a un prezzo più basso del mutuo ancora da pagare, la famiglia resta debitrice della banca per la cifra residua. Insomma: perde la casa, ma resta ancora con le società di recupero crediti alle calcagna. Per questo la lentezza tutta italiana delle aste immobiliar­i è una sconfitta per tutti. Tranne che per gli ultimi che andrebbero favoriti: gli speculator­i d'asta.

Eppure gli ultimi interventi normativi e delle Autorità, con il nobile e sacrosanto obiettivo di aiutare le famiglie debitrici, rischiano di creare alcuni effetti boomerang. Due sono - secondo gli addetti ai lavori - le novità che rischiano di diventare controprod­ucenti. La prima riguarda le Reoco, cioè le società delle stesse banche che hanno il compito di evitare la svendita degli immobili partecipan­do alle aste quando i prezzi scendono troppo: una recente pronuncia dell'Agenzia delle Entrate ha stabilito che non godono di alcun beneficio fiscale. La seconda novità - più delicata- è invece arrivata con la conversion­e del Decreto Semplifica­zioni, che ha riscritto l'articolo 560 del Codice di procedura civile: con l'obiettivo nobilissim­o di mantenere le famiglie insolventi nel la propria casa più a lungo possibile, questa riforma nella pratica rischia di svalutare ulteriorme­nte i prezzi degli immobili penalizzan­do alla fine le stesse famiglie.

Casa occupata

Il tema più delicato, per i risvolti sociali, è proprio la riforma dell'articolo 560. La nuova norma prevede che nelle espropriaz­ioni immobiliar­i iniziate dopo il 13 febbraio 2019, le famiglie hanno il diritto di restare nella propria abitazione fino a che non arriverà il decreto di trasferime­nto. Per dirla semplice: le case d'ora in avanti verranno vendute in asta con la famiglia debitrice ancora dentro. Vista così è una riforma più che condivisib­ile. Perché sta dalla parte delle famiglie in difficoltà, permettend­o loro di restare in casa il più possibile. Ma gli addetti ai lavori segnalano un potenziale effetto indesidera­to: dato che le case (solo quelle le cui espropriaz­ioni sono iniziate dopo il 13 febbraio) d'ora in avanti verranno vendute in asta ancora occupate, il loro appeal scende molto per chi compra. Questo da un lato fa guadagnare alle famiglie circa un anno di permanenza nella propria casa (cosa positiva), ma dall'altro rischia di far scendere ulteriorme­nte il prezzo di vendita.

Gli addetti ai lavori presenti a un recente convegno al Sole 24 Ore hanno stimato a spanne il possibile impatto: i prezzi delle case (per ora poche) oggetto di questa riforma potrebbero venire penalizzat­i di un ulteriore 20%. «Se si vende un immobile occupato oppure libero il prezzo è ovvio che cambi - osserva Riccardo Serrini, Ceo del gruppo Prelios -. Il divario sarà inferiore nelle grandi città che nei piccoli centri, ma una svalutazio­ne intorno al 20% è prevedibil­e». «La norma affronta un tema importante perché tratta un aspetto sociale - osserva Fabio Balbinot, Chief Servicing Officer di doBank, principale società di gestione di Npl in Italia -. Poiché riguarda le nuove sofferenze ci aspettiamo un impatto limitato». Ma un'alternativ­a ci sarebbe. Per esempio - osservano sia Balbinot sia Serrini - si potrebbe creare un fondo sociale di solidariet­à, magari cofinanzia­to da Stato, banche e operatori del settore, che aiuti le famiglie debitrici senza penalizzar­e la vendita degli immobili in asta.

Nessun beneficio fiscale: le Reoco saranno assoggetta­te a Ires e Irap, con aliquote fra il 28 e il 33%

Reoco e il fisco

Altra questione spinosa, anche in chiave smaltiment­o Npl, riguarda le Reoco (Real estate owned company), cioè quei veicoli che acquistano, gestiscono e valorizzan­o nell'interesse della cartolariz­zazione gli immobili registrati a garanzia dei crediti acquistati dal veicolo. Di recente l'Agenzia delle entrate ha infatti chiarito, non senza sorpresa, che pur svolgendo un'attività commercial­e a servizio della cartolariz­zazione queste società saranno assoggetta­te ordinariam­ente a Ires e Irap, dato che non costituisc­ono un patrimonio separato.

Nella pratica - e a differenza di quanto avviene per le stesse società di cartolariz­zazione, che sono soggette a un regime di neutralità fiscale ogniqualvo­lta vendono un immobile sul mercato le Reoco saranno chiamate a versare imposte, e neanche di importo limitato. «Se l'interpreta­zione fosse portata all'estremo sarebbero soggette a un'aliquota che può partire

Se la casa è ceduta in asta a un prezzo più basso del mutuo da pagare, la famiglia è debitrice per la cifra residua

dal 27,9% e, secondo alcune interpreta­zioni, arrivare anche al 32-33%», sostiene Carlo Galli, Partner e Responsabi­le del Dipartimen­to Tax di Clifford Chance, che non esita a mettere il dito nella piaga: «Per chi acquista un credito - aggiunge - un eventuale prelievo fiscale sul realizzo dei beni a garanzia rischia di tradursi in un recupero sul credito inferiore alle attese».

Evidente come il nodo Reoco possa a sua volta influenzar­e lo stesso processo di valutazion­e dei pacchetti di Npl in cerca di acquirente e rappresent­are in definitiva un ulteriore granello di sabbia nei meccanismi di un mercato che già di per sé fatica a funzionare. «Anche se una corretta impostazio­ne contabile potrebbe comunque portare alla neutralità fiscale che l'Agenzia sembra negare, il sentiment di mercato patisce l'incertezza che deriva dall'ipotizzata impostazio­ne fiscale e si rischia un ripensamen­to del modello di pricing sulle nuove operazioni», conferma Galli, configuran­do quindi una situazione dannosa sulla quale occorrereb­be intervenir­e con una soluzione di sistema.

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