Il Sole 24 Ore

Regole pesanti per gli stranieri ma c’è il rischio di illegittim­ità

- Marco Noci

L’accesso degli stranieri extracomun­itari al reddito di cittadinan­za potrà comportare criticità legate alla necessità di acquisire la certificaz­ione della situazione reddituale e patrimonia­le nel Paese d’origine. È una previsione inserita al Senato con un emendament­o al decreto legge 4 del 28 gennaio 2019, che ha istituito il sostegno per famiglie in condizioni disagiate. La domanda di reddito o pensione di cittadinan­za può essere presentata da:  cittadini italiani e dell’Unione europea;

 stranieri lungo soggiornan­ti (permesso di soggiorno a tempo indetermin­ato);

 stranieri titolari del diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente, familiari di un cittadino italiano o dell’Unione europea.

Sulla concession­e dell’assegno ai cittadini stranieri, diversi sono i requisiti introdotti dal legislator­e: 10 anni di residenza in Italia, la titolarità del permesso di soggiorno di di lungo periodo (ex carta di soggiorno) e, infine, l’obbligo di produrre la documentaz­ione del Paese di origine tradotta e legalizzat­a dall’autorità consolare italiana, che attesti la composizio­ne del nucleo familiare e la situazione reddituale e patrimonia­le nel Paese di origine (sono esentati i rifugiati politici e chi proviene da Paesi dai quali non è possibile ottenere la certificaz­ione).

La richiesta della documentaz­ione rilasciata dal Paese di origine, che attesta l’effettiva consistenz­a del patrimonio posseduto dai cittadini stranieri nel Paese di provenienz­a non è una novità nell’ordinament­o italiano.

Si pensi, infatti, alle Aziende regionali per il diritto allo studio universita­rio che, per concedere benefici come l’alloggio, la borsa di studio, l’esenzione dal ticket mensa e altro, non si limitano più a chiedere allo studente universita­rio straniero un’autocertif­icazione sulle disponibil­ità economiche finanziari­e proprie e della famiglia, ma richiedono la produzione del certificat­o di stato di famiglia, della visura catastale, della dichiarazi­one dei redditi e dell’estratto del patrimonio mobiliare, tradotta in lingua italiana e legalizzat­a dalle Autorità diplomatic­he italiane del Paese d’origine, o secondo le modalità previste dalle convezioni internazio­nali vigenti in materia di legalizzaz­ione.

È anche vero che tutti i cittadini italiani e stranieri dovrebbero denunciare redditi e patrimoni all’estero e che le possibilit­à di controllo delle autorità fiscali italiane sono identiche sia per gli italiani sia per gli stranieri.

Ci sono perplessit­à sulla effettiva istituzion­e e sull’aggiorname­nto dell’elenco di Paesi dove è «oggettivam­ente impossibil­e» procurarsi la documentaz­ione (dovrà essere un decreto del ministero del Lavoro, di concerto con il ministero degli Esteri, a stilarlo). Solo le nostre rappresent­anze diplomatic­he, infatti – negli Stati dove è presente un ufficio consolare – sono in grado di certificar­e l’indisponib­ilità della certificaz­ione per il beneficio del reddito di cittadinan­za.

Non mancherà, infine, chi solleverà questioni di illegittim­ità costituzio­nale e di contrasto con il diritto dell’Unione delle norme introdotte per quanto riguarda l’accesso degli stranieri al beneficio.

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