Sul recupero dei quartieri 100 miliardi in 5 anni
Se i Paesi emergenti disegnano mega-progetti e città completamente nuove, l’Europa fa perno sulle rigenerazioni urbane per contrastare la limitatezza di territorio e per ottimizzare le aree cittadine. Il fenomeno della riconversione economica e l’abbandono delle aree industriali in città e degli scali ferroviari ormai da anni spingono gli investimenti sulle riqualificazioni urbane.
I progetti di rigenerazione urbana oggi in fase di realizzazione, a livello europeo, sono moltissimi, e l’Italia gioca finalmente un ruolo chiave. Proprio il fenomeno della rigenerazione urbana catalizza oggi la maggior parte degli investimenti cosiddetti cross border, cioè dei capitali che attraversano le frontiere. Se Milano da sola vale 10 miliardi di euro in termini di progetti di riqualificazione sul tavolo – con l’ex area Expo che riveste un ruolo di primo piano non solo per la città, ma in termini di intero Paese che si mette in gioco – a livello europeo i progetti di rigenerazione urbana già annunciati impegneranno almeno 100 miliardi di euro nei prossimi cinque anni. «Si tratta di una stima molto prudenziale – sottolinea Mario Breglia di Scenari Immobiliari – che probabilmente è destinata ad aumentare. È indubbio che oggi l’attenzione, in Europa, è tutta puntata su questo fronte e che gli investitori sono più che ben disposti a mettere i capitali nei progetti nuovi, ben fatti, dove il pubblico è un attore importante. Restano al palo invece i giganti del passato, che si sentono riproporre ormai da dieci o vent’anni».
Se le rigenerazioni del passato sono state in molti casi portate avanti dall’iniziativa e dalla realizzazione privata, quelle attuali sono invece caratterizzate da un decisivo coinvolgimento del settore pubblico, che oggi disegna la “trama”. Rimane stretto il contatto con i privati, che a loro volta oggi investono solo se esiste questo forte legame. «I capitali internazionali sono decisamente interessati alle “nuove” città che emergono dalle riqualificazioni urbane – conferma Breglia – ma vogliono vedere le amministrazioni locali e le autorità nazionali direttamente coinvolte. Anche perché oggi nei progetti ci si mette il proprio capitale, non più un’elevata percentuale di prestito bancario come invece avveniva in passato».