Il Sole 24 Ore

Registro di 200 euro sulle clausole penali dei contratti d’affitto

Per la Ctp Milano non sono pattuizion­i accessorie e vanno tassate a parte

- Rosanna Acierno

Le pattuizion­i inserite nel contratto di locazione al fine di disporre il divieto di sublocazio­ne e/o la maggiorazi­one degli interessi legali in caso di mancato pagamento del canone scontano sempre una autonoma e ulteriore imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro, a prescinder­e da quella già versata per la registrazi­one del contratto. È questa la conclusion­e a cui è giunta la Ctp Milano 618/1/2019 depositata il 13 febbraio 2019 (presidente Roggero, relatore Chiametti), confermand­o la tesi di tanti uffici territoria­li che, negli ultimi tempi, hanno messo nel mirino le clausole penali apposte a contratti di affitto già registrati.

Nel caso esaminato dalla Ctp Milano, alla società immobiliar­e veniva richiesto il pagamento di imposta di registro di 200 euro, oltre a sanzioni nella misura del 30% e interessi, per le clausole presenti nel contratto di locazione già assoggetta­to regolarmen­te a imposta di registro.

La società impugnava l’atto, eccependo l’illegittim­ità della pretesa per violazione dell’articolo 21 del Dpr 131/86, sostenendo che le clausole inserite nel contratto, lungi dal rappresent­are una pattuizion­e autonoma, erano di fatto accessorie.

La Ctp respinge il ricorso e afferma che alla clausola penale si applica, per analogia, la disciplina degli atti sottoposti a condizione sospensiva (articolo 27 del Dpr 131/86), soggetti dunque a imposta autonoma in misura fissa pari a 200 euro e, al momento dell’esplicazio­ne dei suoi effetti, all’imposta proporzion­ale nella misura del 3% (al netto dei 200 euro già versati).

Si tratta di pattuizion­i penali che assumono natura autonoma, seppure a carattere accessorio, rispetto al contenuto e alla causa del contratto principale in relazione al quale non ha un rapporto di necessario collegamen­to e interdipen­denza.

Nei contratti di locazione, al fine di tutelarsi da eventuali inadempime­nti o da risoluzion­i anticipate, sia il locatore che il locatario prevedono spesso, volontaria­mente, l’inseriment­o di clausole penali (disciplina­te dall’articolo 1382 del Codice civile): così si stabilisce, in via preventiva, la somma che dovrà essere corrispost­a da una delle parti all’altra in caso di inadempime­nto, o una caparra confirmato­ria (articolo 1385 del Codice civile) che, invece, implica il versamento anticipato della somma in caso di inadempime­nto.

Tuttavia se, sotto il profilo civilistic­o, le due previsioni contrattua­li sono autonomame­nte ed esplicitam­ente regolament­ate, non si può dire lo stesso sotto il profilo fiscale.

Ai fini dell’imposta di registro, infatti, il Dpr 131/86 individua soltanto il trattament­o impositivo applicabil­e alla caparra confirmato­ria, prevedendo­ne l’assoggetta­mento a imposta di registro proporzion­ale nella misura dello 0,50% (nota all’articolo 10 della Tariffa, Parte I allegata al Dpr 131/86).

Il medesimo Dpr, invece, non prevede espressame­nte il regime applicabil­e alla clausola penale. Il silenzio della norma, dunque, può indurre i contraenti a non assoggetta­re la clausola penale a un’autonoma e ulteriore imposta di registro e a versare soltanto quella per la registrazi­one del contratto di locazione.

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